Alessandro Borghese: «Non vedo l’ora di cucinare e rimettervi tutti a tavola»

Si accendono i fornelli e si cucina la sfida. Per gli appassionati di show culinari è un dicembre goloso quello proposto da Sky e da uno degli chef più amati della tv

Alessandro Borghese
3 Dicembre 2020 alle 09:13

Si accendono i fornelli e si cucina la sfida. Per gli appassionati di show culinari è un dicembre goloso quello proposto da Sky e da uno degli chef più amati della tv, Alessandro Borghese, che ritroviamo in due programmi di successo. Lo stiamo infatti vedendo su Sky Uno nella nuova stagione di “Kitchen duel”, la sfida tra due cuochi dilettanti che portano in scena il proprio cavallo di battaglia.

Intanto, c’è grande attesa per la nuova edizione di “4 ristoranti” (prodotto da Banijay Italia), al via l’8 dicembre sempre su Sky Uno. Anche questa volta lo chef ci farà scoprire i migliori locali d’Italia viaggiando da Milano alla Riviera Romagnola, dalla Ciociaria alla Basilicata. E c’è una novità nel meccanismo del programma: alle quattro voci su cui i ristoratori si sfidano dando un voto da 0 a 10 (location, menu, servizio e conto) se ne aggiunge una quinta, la categoria “special”. Tutti e quattro i ristoratori, infatti, dovranno confrontarsi su uno stesso piatto, il protagonista della serata.

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Alessandro, avete apportato modiche al format a causa del Covid?
«No, abbiamo selezionato le zone dove ci sono minori restrizioni e visitiamo i ristoranti a pranzo anziché a cena. Le precauzioni adottate sono due: c’è un maggiore distanziamento tra i commensali a tavola e io indosso i guanti nel momento in cui vado a ispezionare la cucina. Per il resto è stata mantenuta l’anima del programma e non vedrete camerieri con mascherine oppure menu sul cellulare. Volutamente abbiamo scelto di non menzionare la pandemia per non perdere la leggerezza e la spensieratezza tipica del programma».

Che cosa si augura per la ristorazione, che sta attraversando un momento difficile?
«Auspico ovviamente che i locali possano riaprire, con le dovute precauzioni e il rispetto delle norme igienico-sanitarie. Già dopo il primo lockdown i ristoranti hanno investito molto economicamente per raggiungere questo risultato. Ma si è stabilito di richiuderli. Io rispetto le decisioni del governo, ma basterebbe semplicemente effettuare più controlli e far abbassare le saracinesche a chi commette violazioni».

Secondo lei quale potrebbe essere una buona soluzione per evitare assembramenti e rischi?
«Una buona idea sarebbe rendere la prenotazione obbligatoria. Se un ristoratore sa quanti clienti arrivano in una certa sera, ha il tempo di organizzare gli spazi e il servizio».

Quali garanzie dovrebbe offrire un ristorante?
«Nel mio locale a Milano ho la cucina a vista e il cliente può vedere tutto ciò che accade, dall’igiene alla preparazione dei piatti. E già dopo il primo lockdown della scorsa primavera sono state rafforzate le misure di sicurezza: camerieri e cuochi indossavano mascherine e guanti, misuravamo la temperatura all’ingresso, utilizzavamo sistemi collaudati di pulizia dell’aria... Accorgimenti che dovrebbero adottare tutti».

Non ha pensato di ripiegare sull’asporto o il delivery?
«No, ho preferito chiudere perché non faccio un tipo di piatti adatti. Ve la immaginate una cacio e pepe consegnata a domicilio? Impensabile! Il buon cibo si gusta al ristorante, dalla cucina al piatto. Per fare questi tipi di ristorazione occorre attrezzarsi adeguatamente».

In “4 ristoranti” i concorrenti non si risparmiamo critiche. Lei è suscettibile a quelle dei suoi clienti?
«No, la gente ci ha preso gusto a commentare, ormai è di moda improvvisarsi critici gastronomici. Certo, se leggo un’osservazione riportata da più voci, la valuto e correggo il tiro. Ma devo dire che spesso vedo opinioni inventate da parte di persone che in realtà non sono neanche mai state nel mio ristorante. Che faccio? Ci rido sopra!».

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