Andrea Piovan: «Sono la voce della d’Urso»

Lo chiamano “l’inquisitore”. E ogni spettatore di “Live – Non è la d’Urso” potrebbe riconoscerlo in un attimo. Ma non per il volto, per la voce. È lui lo speaker dello show domenicale di Canale 5

Andrea Piovan è nato a Venezia
27 Settembre 2019 alle 09:10

Lo chiamano “l’inquisitore”. E ogni spettatore di “Live – Non è la d’Urso” potrebbe riconoscerlo in un attimo. Ma non per il volto, per la voce. Andrea Piovan è l’attore e doppiatore che presta il suo inconfondibile timbro a ogni servizio filmato del programma della domenica sera. E il soprannome se l’è guadagnato per la veemenza con cui commenta tutti gli incredibili sviluppi del “Pratigate” (l’ormai leggendaria storia del promesso sposo di Pamela Prati, tuttora... irreperibile). Cerchiamo allora di scoprire chi c’è davvero dietro quella voce.

Andrea, com’è lavorare con Barbara d’Urso?
«Adrenalinico. Prima, tra annunci e documentari, il mio era un lavoro abbastanza tranquillo: studiavo con calma il copione, poi andavo in sala di doppiaggio. Ma con il programma della d’Urso tutto avviene tra venerdì e domenica, le notizie si susseguono senza sosta».

A chi si ispira?
«Agli spettatori. La mia è la voce di chi guarda la tv e dice: “Cooosa? Pamela, ma come hai potuto farci queeesto!”. Ecco perché mi chiamano l’inquisitore».

Il suo lavoro supera sempre l’esame di Barbara?
«Quasi sempre. Qualche volta mi chiede: “Ci metti un po’ più di gioia? Un po’ più di ironia?”. Oppure: “Andrea, ma non è che qui hai esagerato un po’?”. Di solito ha ragione, a volte esagero. Me ne accorgo anche dai commenti sui social».

Non mi dica che anche lei ha l’ossessione di controllare in tempo reale le reazioni dei “gruppi d’ascolto” online.
«Perché no? Sono l’equivalente delle reazioni del pubblico a teatro. Lì l’attore capisce se una certa battuta fa ridere, se il pubblico lo segue o si annoia, e si adegua di conseguenza. E oggi grazie ai social lo possiamo fare anche noi della tv».

Lei doppia anche i documentari di Focus. Come evitare il pregiudizio del “Belli sì... però che pizza”?
«Lasciandomi stupire, io per primo, da quello che racconto. Questo è un lavoro che puoi fare solo se provi gioia e sorpresa. Altrimenti è meglio cambiare mestiere».

Ha all’attivo anche videogiochi come “Metal Gear Solid”. È più facile?
«Mica tanto. La voce di un videogame deve essere nitidissima, tanto che le registriamo in apposite e costosissime sale “a sospensione d’olio”. Praticamente galleggiano per evitare ogni rumore di fondo».

Dà anche lezioni di doppiaggio agli alunni delle scuole. Con quali consigli?
«Di solito uso la farfalla».

Prego?
«Ha presente il bambino che legge una poesia con tono monocorde? Ecco, non ci siamo. Per trasmettere emozioni il tono della voce deve variare, alzarsi e abbassarsi, rallentare e accelerare, come il volo di una farfalla. Poi dico: “E ora leggilo come se fossi il fuoco. O il vento. O un ippopotamo”. E la creatività dei bambini si scatena».

In definitiva, cosa fa di una voce “una bella voce”?
«Non esiste una ricetta. Però se mi fa ascoltare Giorgia o Laura Pausini, dopo mezzo secondo ho già capito chi sta cantando. Ecco, la qualità fondamentale è questa: una bella voce deve essere riconoscibile all’istante».

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