Andrea Pucci: «Secchione no, pupo forse un po’»

Il comico milanese conduce lo show di Italia 1 in cui bellezza e cultura creano coppie tutte da ridere

Andrea Pucci  Credit: © Gianni Brucculeri
14 Gennaio 2021 alle 08:50

Andrea Pucci, comico milanese di origine veneta, teatri sempre pieni (quando ancora si poteva), battuta sempre pronta («Sono nazional-popolare per farmi capire da tutti»), torna in tv, ma non con un suo spettacolo. Stavolta è “super partes” nell’annosa disputa fra bellezza e cultura, ossia fra pupe e secchioni e viceversa (pupi e secchione). Come recita il titolo del programma di Italia 1 dove otto coppie miste si sfidano per sei puntate a partire dal 21 gennaio.

Pucci, come ti trovi tra pupe e secchioni e pupi e secchione?
«Lo trovo un esperimento sociale strano e particolare».

L’incontro tra due mondi. Come avviene?
«Con l’umanità, il buon senso, il buon umore e la diplomazia».

Tu stai nel mezzo.
«Sono colui che li sostiene, che li bacchetta quando non rispettano le regole del gioco e cerco di placare gli animi. Non sono lì per deriderli, ma per ridere insieme delle cose che accadono».

Là dentro che cosa ti fa più ridere?
«La cosa più semplice, quella che non ti aspetti. L’acqua calda ha il bollino rosso e l’acqua fredda il bollino blu? Se lo chiedi alle pupe e ai pupi, sembrano degli alieni. Se ai secchioni fai vedere la foto di un cantante famosissimo, una star internazionale, sono in difficoltà».

Hai accanto la pupa per antonomasia, Francesca Cipriani.
«Lei vive in un suo mondo dove ha già il 6G, è difficile entrarci. Nella sua simpatia e nell’“arroganza” del suo fisico è divertente».

La cultura è un bene raro?
«Non è un bene raro, ma se continuiamo a non sostenerla la gente si allontana. Anche perché tanti hanno capito che c’è il modo di far quattrini senza bisogno di avere un bagaglio culturale».

Non sapere le tabelline è giustificabile?
«Anch’io non le sapevo, posso giustificare. Non sono nato come grande studioso, ma poi mi sono incuriosito alla vita. Questa è stata la mia fortuna: andare a conoscere».

I tuoi genitori cosa dicevano?
«Il diploma di ragioneria è stata la più grande soddisfazione di mio padre. Io non ne ho mai fatto uso. Ragioneria mi è servita per ragionare, non per fare i conti. Ero il matto della classe, quello che faceva ridere».

In classe chi era il secchione?
«Marco Bazzoli, io lo amavo: mi suggeriva, mi faceva i compiti, e in cambio gli davo momenti di vita. In gita a Parigi gli ho fatto conoscere una ragazza. Sono sposati da 30 anni e hanno sei figli».

Avevi visto giusto.
«Lei era una mezza pupa, portava le scarpe con i tacchi, si truccava, era una peperina. Mai si sarebbe avvicinata a un secchione! Si vede che ero già pronto a condurre questo programma».

Mai attratto da una secchiona?
«No».

Deciso.
«La mamma di mia figlia non era secchiona, era senza dubbio una donna tutta d’un pezzo, ma femmina. Un po’ di pepe ci vuole nella vita!».

Alla fine ti sei diplomato.
«Ci ho messo sette anni, ero uno scemo, non valutavo l’importanza della cultura. Ho ripetuto la terza e la quarta classe. In terza siccome facevo confusione la prof d’inglese mi rimproverò: “Baccan non fare lo scemo!”. Lanciai il libro e mi sospesero».

Il tuo vero cognome è Baccan: tra i primi del registro.
«Ero il numero due, Andreoli e Baccan. La prof d’italiano diceva: “Domani interrogherò a tappeto”, arrivava, apriva l’“Iliade” a caso e a seconda del numero di pagina che usciva chiamava alla cattedra. “Figurati se apre la seconda pagina” pensavo. Lei apriva a pagina 346, sommava 3+4+ 6=13 e poi 1+3=4, e diceva: “Il 4 è un multiplo di 2, facciamo 2”».

A tua figlia dici: «Studia, mi raccomando»?
«Questo ruolo ce l’ha la mamma. Io intervengo raramente. Sono il papà amico, ma quando alzo la voce la casa trema. Però ammetto, con un pizzico di presunzione, che mia figlia è brava, a questo punto non so neanche se sia mia figlia... (ride)».

Se ti dicesse che vuole fare l’influencer?
«Non ho pregiudizi, alcuni influencer hanno spessore. Ci sono giovani che su Internet hanno trovato il metodo di proporti un piatto di cucina spiegandolo in 20 secondi con un tono di voce e una velocità che hanno convinto pure me».

Quando prepari i tuoi spettacoli sei un secchione?
«È un lavoro faticoso. C’è una band e stacchi musicali a seconda dell’argomento di cui si parla. A volte, se le cose non vanno come dico io, mi incendio, impazzisco due minuti, poi mi passa».

Per cosa hai studiato di più?
«Per i programmi televisivi, “101%” e lo spettacolo “In... tolleranza zero”. C’era una regia, un minutaggio preciso, le pubblicità. A teatro sei libero di fare quello che vuoi, improvvisare sul momento».

Tra i tuoi colleghi di risata chi è il più secchione?
«Le donne. A “Colorado” le comiche erano micidiali, ripassavano in continuazione tutto il giorno, giravano per i camerini con il copione in mano, per i loro tre minuti dovevano immagazzinare tutto».

Sei sportivo, attento alla linea, appassionato di motori: un po’ pupo, forse?
«Sono secchione perché nello sport ho voglia di fare bene e ci tengo a stare bene con me stesso. Sono pupo perché mi piace piacermi. Un po’ un pupo vecchio».

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