Buon compleanno Tg5! Da 30 anni il telegiornale di Canale 5

Nacque il 13 gennaio 1992 e il direttore Clemente J. Mimun ricorda quel primo giorno

Clemente J. Mimun
13 Gennaio 2022 alle 08:01

Il 13 gennaio il Tg5, il telegiornale di Canale 5, compie 30 anni. Un bel traguardo per la storica testata Mediaset che ha cambiato il volto dell’informazione televisiva all’inizio degli Anni 90. Ne parliamo con il direttore Clemente J. Mimun.

Direttore Mimun, lei era lì agli esordi del suo tg: cosa ricorda di quella giornata del 1992?
«La tranquillità. La verità è che Enrico Mentana, il primo direttore del Tg5, e io siamo simili: siamo entrambi freddissimi nei momenti più frenetici. Ricordo che il 13 gennaio del 1992 andammo in onda senza aver fatto un numero zero, senza prove, né per l’edizione delle 13, condotta da Cristina Parodi né per quella condotta da Mentana alle ore 20».

E come andò?
«Un disastro: alle 20 non andavano i servizi, non funzionava nulla. Il settimo pezzo in scaletta diventò il secondo, il secondo andò in onda come nono. Enrico però se la cavò benissimo, “zigzagando” tra le notizie. Correva a 300 all’ora in autostrada contromano... Una cosa così nuova che, l’indomani, scoprimmo di aver battuto il Tg1 negli ascolti».

Qual era la squadra originaria del telegiornale?
«Un mese prima di partire, Enrico Mentana invitò me e Lamberto Sposini a casa sua in via Teulada, a 100 metri dalla Rai. Prese un foglio giallo e la macchina per scrivere, una Olivetti Lettera 32, e buttò giù in 10 righe il piano editoriale del Tg5. Lo volevamo libero, completo, imparziale, con un linguaggio più veloce e disinibito e un montaggio più rapido rispetto ai tg paludati della Rai. Enrico mandò questo foglio all’editore, Silvio Berlusconi, attraverso l’intermediario Gianni Letta, allora vicepresidente Fininvest. E l’approvazione arrivò in cinque minuti. Dopodiché chiamò nella squadra dei conduttori Emilio Carelli, Cesara Buonamici, Cristina Parodi e iniziammo. Tanti giornalisti della prima redazione sono tuttora con noi. Come Giuseppe De Filippi, che ora è vicedirettore, o Gioacchino Bonsignore».

Un aneddoto curioso sui primissimi tempi?
«Ne ho uno sulla scenografia: Silvio Berlusconi ci venne a trovare e bastò un suo sguardo di 10 secondi per capire che non gli piaceva. Infatti, qualche mese dopo, lo studio cambiò completamente arredo e colori».

Avete un motto?
«Ne abbiamo due, “rubati”. Il primo è dell’inventore di “Panorama”, Lamberto Sechi: “I fatti separati dalle opinioni”; il secondo è di Enzo Biagi: “Informare senza annoiare”. Il Tg5 ha avuto solo tre direttori in trent’anni: Enrico Mentana, Carlo Rossella e io. E tutti e tre abbiamo sempre seguito queste due leggi».

Cosa accomunava i giornalisti del Tg5 agli inizi?
«L’entusiasmo».

E cosa chiede ai suoi giornalisti oggi?
«Curiosità e onestà intellettuale. Il resto viene dopo».

Si ricorda la riunione di redazione più “calda” di questi 30 anni?
«Non me la ricordo perché non c’è stata. Le riunioni sono piacevoli e sorprendenti perché quando ci svegliamo il giornale è sempre una pagina bianca da riempire».

Si sveglia presto?
«Sì. Perché magari mi addormento alle nove di sera, mi sveglio all’una di notte e do uno sguardo ai giornali e ai siti esteri. Poi mi riaddormento, alle cinque mi risveglio e a quel punto mi rompo le scatole (ride). E mi alzo».

Lei riconosce a naso le “fake news”?
«Non le riconosco “a naso”, ma controllo. Diciamo che più certe news sono buffe, più sospetto che siano bufale. Come i sondaggi di certi centri studio: “Il 74% degli italiani quest’anno ha scelto il panettone col cioccolato”. Notizie apparentemente “golose”, che se le dai non succede nulla, ma che sarebbe meglio non dare perché sono chiaramente delle scemenze».

Qual è lo scoop di cui è più orgoglioso?
«Lo scoop a cui sono più affezionato risale ai miei primi anni all’agenzia di notizie Asca, quando riuscii a imbucarmi nella sede del Partito comunista in via delle Botteghe Oscure a Roma e scoprii che il Presidente della Repubblica Giovanni Leone si sarebbe dimesso. Ma nella sua storia il Tg5 ha fatto tanti scoop. Ne ricordo alcuni degli Anni 90: il crollo della volta della Basilica di Assisi durante il terremoto del 1997, l’intervista di Mentana al piccolo Farouk Kassam dopo il sequestro, l’invio del pezzo di orecchio di Giuseppe Soffiantini, anche lui rapito dall’Anonima sequestri sarda…».

Com’è cambiata l’informazione televisiva in questi 30 anni?
«L’abbiamo cambiata noi. Siamo stati i primi a mandare in onda anche filmati non confezionati da operatori, ma da gente comune. Dopo aver verificato la notizia, naturalmente».

E i canali televisivi di sole news le piacciono?
«Tgcom24 è fatto molto bene. Guardo anche i canali “all news” di Rai e Sky, ma mi sembra che ci sia uno spropositato impiego di mezzi per un risultato che resta da capire. Che bisogno informativo soddisfano? Io li vedo accesi negli aeroporti e nelle sale d’attesa...».

Voi quanti siete al Tg5?
«Solo una sessantina. E rispettiamo i budget con estrema efficienza».

La notizia che vorrebbe dare per primo nel suo tg in questo 2022?
«Lo scudetto della Lazio, la mia squadra del cuore. Ma ne ho anche un’altra, al momento impossibile: il nome del Presidente della Repubblica eletto dai cittadini e non da giochi di palazzo. Sarebbe bello, ma serve una riforma costituzionale».

Come festeggerete in redazione questo speciale compleanno?
«Non è tempo di raduni e assembramenti. Magari un pranzo, in sicurezza. Dedicheremo ai 30 anni un paio di copertine del giornale e credo che Mediaset ricorderà in qualche modo il compleanno del tg della sua rete ammiraglia».

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