Da venerdì 21 febbraio, in prima serata su Raiuno, torna con cinque nuove puntate, ancora affiancato da Ludovica Caramis

Squilli di trombe, immancabili, e si parte. Da venerdì 21 febbraio in prima serata su Raiuno torna “La Corrida” con cinque nuove puntate condotte da Carlo Conti, ancora affiancato da Ludovica Caramis. Così, per il terzo anno consecutivo, li vedremo destreggiarsi fra i “dilettanti allo sbaraglio” che il mitico Corrado, per primo, portò in radio dal 1968 al 1977 e in tv negli Anni 80 e 90. In gara ci sono concorrenti di ogni tipo: rumoristi, cantanti, ballerini, imitatori, giocolieri.
Carlo, quanti la fermano per strada dicendo: «Mi porta a “La Corrida?”».
«Capita. Qualche tempo fa sono stato ospite di una radio con Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello per parlare del nostro spettacolo (lo vedremo su Raiuno il 14 febbraio, ndr) e fuori c’era un signore che mi ha fermato dicendo: “Come mai non ho ancora fatto il provino per la Corrida?”. E mi voleva dare dei dvd con le sue esibizioni. Spero l’abbiano chiamato».
In uno show così tradizionale riesce ad apportare qualche novità?
«C’è sempre qualche piccola variazione. “La Corrida” è stato il primo talent show e oggi in tutti i talent c’è una giuria. Quest’anno abbiamo tolto il balletto del pubblico e abbiamo inserito proprio i giudici: prenderemo ogni sera un po’ di concorrenti delle passate edizioni e un po’ di pubblico. Saranno loro a commentare le esibizioni».
Insomma, c’è anche una giuria “allo sbaraglio”.
«Certo! Da noi è tutto allo sbaraglio, giudici compresi. I protagonisti di “La Corrida” non fanno queste cose di mestiere, ma per passione».
Sono davvero tutti così “dilettanti”?
«Tutti. È questa la differenza con altri talent show dove ci vanno i bravi o quelli che pensano di esserlo...».
Come avete scelto i concorrenti?
«Sono stati fatti casting in tutta Italia. Ci sono autori che girano il Paese e fanno una prima scrematura. Finora abbiamo visto 6.000 persone. Una volta concluse le selezioni, decidiamo il cast delle singole puntate dove proporremo una decina di concorrenti per volta».
Chi sono quelli scartati e chi quelli scelti?
«Vengono scartati quelli che hanno già fatto troppe apparizioni in altre trasmissioni o quelli che sono improponibili. Quelli scelti sono divertenti e soprattutto hanno lo spirito giusto per lasciarsi andare. Inoltre sono consapevoli che, anche se fischiati, hanno avuto la gioia di esibirsi e di essere protagonisti per una sera».
Dietro le quinte ha mai consolato un concorrente fischiato?
«Mai. Non ho mai visto un concorrente che, pur fischiato, sia andato via arrabbiato. L’importante è avere la ribalta. Nessuno ci è mai rimasto male perché non ha vinto. Qui non c’è una gara o l’ansia di passare il turno. Tutti vincono un’esibizione».
È vero che non assiste alle prove?
«Sì, vivo le esibizioni in diretta, al momento. Sono un po’ incosciente, ma il bello è scoprire tutto insieme con i telespettatori».
Ha mai la tentazione di sbirciare prima qualcosa?
«I provini li vedo, i concorrenti li incontro, ci parlo, ma non facciamo vere e proprie prove. Gli mostriamo giusto lo studio o, nel caso ci sia da cantare, gli facciamo testare la tonalità del pezzo con il maestro Pinuccio Pirazzoli. Il meglio viene fuori dalla chiacchierata prima delle esibizioni. È come ritrovarsi al bar. C’è un’Italia molto viva e molto fresca, si scoprono tante storie».
Ce ne racconti una.
«Una sera ho chiesto a un concorrente cosa ci fosse di bello nel suo paese. Lui ha risposto: “Il campanile”. E ha aggiunto: “Io sono il campanaro e suono le campane”. Da lì ha raccontato che ormai è tutto elettronico, a ogni tasto e numero corrispondono dei suoni delle campane: c’è un numero per il funerale, un altro per la Pasqua, un altro ancora per il Natale...».
A “La Corrida” ci sono dei dilettanti che poi hanno avuto un futuro da professionisti?
«In quella storica di Corrado, per esempio, mi vengono in mente “I due mendi”, ossia i miei amici Massimo Ceccherini e Alessandro Paci. In quella che ho condotto io, mi pare di no. Certo, ho rivisto qualcuno in qualche altro talent: si vede che ci prendono gusto».
Prima di ogni esibizione c’è sempre un videomessaggio di auguri. A lei chi glielo manderebbe?
«Sicuramente mio figlio Matteo, che ha appena compiuto sei anni. L’altro giorno mi ha chiesto: “Ma quando riprendi il programma dove suonano le campane, fischiano e fanno gli applausi?”».
Lei cosa fischierebbe oggi?
«La mancanza di leggerezza. Noi adulti abbiamo perso la fantasia e la leggerezza. Forse a me ha aiutato il fatto di essere diventato papà un po’ adulto: vedere lo stupore di un bambino che ti chiede le cose, che fa un’espressione buffa, vale qualsiasi film o qualsiasi spettacolo».