Giulio Cesare e Nerone, tra mito, storia e amori

Su Focus Tv va in onda un doppio appuntamento con la docente universitaria Laura Pepe dedicato a due uomini chiave dell’antica Roma

Laura Pepe
10 Dicembre 2020 alle 10:27

Piacerà agli appassionati di storia, ma servirà anche agli studenti per imparare di più lo speciale su Focus Tv “Cesare e Nerone - Tra storia e leggenda” in onda in prima serata il 14 e il 15 dicembre.

«Sono due puntate, una dedicata al membro più famoso della “gens” giulio-claudia, ovvero Gaio Giulio Cesare, grande condottiero, politico e stratega militare. E l’altra a Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, quinto imperatore di Roma e ultimo appartenente a questa dinastia» spiega l’antichista Laura Pepe, docente di Diritto greco all’Università degli Studi di Milano che ha scritto il documentario e lo conduce.

Autrice di avvincenti libri come “Gli eroi bevono vino. Il mondo antico in un bicchiere” e “La voce delle Sirene. I Greci e l’arte della persuasione” (entrambi editi da Laterza) e di altri documentari di Focus Tv come “Pompei senza veli” e “Gladiatori tra storia e leggenda”, l’esperta nel corso del programma spiegherà cosa hanno in comune questi personaggi dell’antica Roma. «Scopriremo così che alcuni storici del passato hanno diffuso “fake news” per screditarli, ingigantendone i vizi» dice Pepe, che qui racconta tante curiosità su Cesare e Nerone. «Sapevate, per esempio, che il vino preferito del “divo Giulio” era il Mamertino? Quanto a Nerone, amava la carne di maiale. E non era affatto pazzo come per secoli ce l’hanno dipinto...».

Giulio Cesare (101 o 100-44 a.c.): mangiava poco ed era un po' vanitoso

Lo conosciamo per le sue imprese militari, tra cui la conquista della Gallia, e per le sue frasi celebri, come “alea iacta est“, ossia “il dado è tratto”, pronunciata guidando le legioni nel passaggio attraverso il fiume Rubicone. Ma Gaio Giulio Cesare (101 o 100-44 a.C.), condottiero, console e pontefice massimo, che fu l’artefice della transizione di Roma dalla Repubblica all’Impero, è una figura interessante anche da un punto di vista umano.

«Mangiava e dormiva poco, ma era infaticabile in battaglia e combatteva sempre in prima persona. Non era crudele e sanguinario, ma clemente: il più geniale dei generali della storia» dice Laura Pepe. «Però era anche molto ambizioso e per questo contrasse numerosi debiti. Aveva la stoffa da “leader” fin da ragazzo, quando amava cavalcare reggendosi solo sulle ginocchia, senza briglie.

Cagionevole di salute, convisse con gli attacchi di epilessia, male genetico della dinastia giulio-claudia, di cui soffrirono l’imperatore Claudio (10 a.C.- 54 d.C.) e suo figlio Britannico (41-55 d.C). Si sposò a 17 anni con Cornelia, madre di sua figlia Giulia, ed ebbe tanti grandi amori: anche quello per Cleopatra (70 o 69-30 a.C.) fu sincero e non solo frutto di manovre politiche. Anche se quasi certamente Cesarione, il figlio della regina egizia riconosciuto da Cesare non era suo. Il divo Giulio, affascinante come George Clooney nel film dei fratelli Coen “Ave, Cesare!”, tradì molto e amò anche uomini. Ricordiamo le passioni travolgenti per il re Nicomede di Bitinia e per Eunoe, moglie del re di Mauritania. Per queste abitudini lo definirono “marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti”.

Secondo lo storico Svetonio, poi, “l’adultero calvo” era afflitto da un’evidente stempiatura: la copriva con la corona civica d’alloro ottenuta da giovane salvando un cittadino romano. Sappiamo infine dove fu assassinato il giorno delle idi di marzo (cioè il 15): gli archeologi concordano che il luogo sia l’attuale Largo di Torre Argentina, dove sorgeva la Curia di Pompeo. Ma non è chiaro se Cesare fosse consapevole che sarebbe stato ucciso e che una morte violenta sarebbe stata più onorevole dell’agonia per malattia: dal volto emaciato nelle monete che lo ritraggono nell’ultima fase della vita, infatti, gli storici suppongono che avesse il cancro».

Nerone (37-68 d.c.): un visionario amante di arte e architettura

Tarchiatello, con le gambe corte, il viso largo e i capelli ricci. «Fisicamente Nerone (37-68 d.C.) somiglia alla sua versione cinematografica più celebre: quella dell’attore Peter Ustinov in “Quo vadis”. Ma per altre caratteristiche i film su di lui sono fuorvianti» ci spiega Laura Pepe.

Era miope? «Secondo lo storico Plinio il Vecchio, usava uno smeraldo per vedere meglio i combattimenti tra gladiatori, non si sa se per un difetto di vista o se per proteggersi dai raggi del sole» chiarisce l’esperta. «Era stonato? No, anzi voleva fare l’artista. Andò pure a esibirsi in Grecia alle Olimpiadi e le importò a Roma in una sua versione: i cosiddetti “Neronia”, concorsi di canto, ginnastica ed equitazione.

Era bravo come architetto e urbanista. Supervisionò i lavori della sua celebre residenza piena d’oro, la Domus Aurea, e si distinse per le sue intuizioni nell’edilizia pubblica. Voleva tagliare l’istmo di Corinto, ma il progetto fu abbandonato perché costosissimo: il canale artificiale che collega il mare Egeo e il mare Ionio fu realizzato solo nell’Ottocento. Inoltre voleva anche collegare con un canale navigabile Roma al porto di Pozzuoli per favorire il commercio, ma non se ne fece nulla sempre per un problema di costi. Insomma, Nerone era un visionario.

Per secoli è stato giudicato colpevole del famoso incendio di Roma del 64 d.C., che durò più di una settimana. In realtà in quei giorni lui non si trovava neanche in città. Inoltre si prodigò per contenere le fiamme e dare ospitalità agli sfollati, ma è vero che per scagionarsi accusò i cristiani di aver appiccato il fuoco. E può darsi che sia andata così, la verità non la sapremo mai...

Di certo, invece, Nerone ardeva di passione. Ebbe un rapporto morboso con la madre Agrippina, donna ingombrante che tolse di mezzo. E adorò Poppea, anche se uccise pure lei (scrive lo storico Svetonio) durante un litigio, sferrandole un calcio nella pancia mentre era incinta. Per questi motivi nel Medioevo lo consideravano un anticristo: pensate, papa Pasquale II (1050-1118) credeva che avrebbe potuto reincarnarsi in uno dei corvi che volavano su un noce vicino alla sua tomba (dove oggi c’è la chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma). Perciò ordinò la distruzione del mausoleo dei Domizi Enobarbi, che accoglieva i resti dell’imperatore».

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