Ecco perché il Tgcom24 stravince sul web

Siamo andati a curiosare nella sede della testata multimediale che sbaraglia ogni concorrente nell’“Auditel della Rete”

I giornalisti del Tgcom24 nello studio video della testata  Credit: © Massimo Sestini
3 Maggio 2021 alle 08:57

Lo sapete che esiste anche l’Auditel di Internet? Si chiama Audiweb, è stato da poco rifondato e dalla prima rilevazione del 2021 emerge che la testata al primo posto in classifica è di gran lunga il Tgcom24, con quattro milioni di utenti giornalieri (per la precisione: 3.999.000) e oltre 28 milioni al mese.

Per scoprire i motivi di questi record siamo andati a curiosare dietro le quinte della testata e a parlare con i suoi artefici. La redazione e gli studi del Tgcom24 si trovano nella palazzina 44 di Mediaset a Cologno Monzese, a due passi da quella di “Striscia la notizia”.

Partiamo dall’ufficio del direttore editoriale, Paolo Liguori, che contiene tra l’altro: un tapis roulant, un juke box, un leggio originale della Scala con un’edizione antica di “Madame Butterfly” e innumerevoli cimeli di Totti e della Roma, il cui simbolo campeggia persino sulla poltrona da direttore. «Sono tutti regali per i miei 70 anni» spiega lui «prima queste pareti erano nude!».

E perché c’è incorniciata una foto con la scritta: «Se rinasco, voglio rinascere amico di Paolo Liguori»?
«Ma perché qui mi sfruttano tutti: attacco alle sei di mattina e stacco all’una di notte...».

Scherzi a parte, Liguori si aspettava questo risultato?
«Devo essere sincero? Sì. Perché il Tgcom24 ha caratteristiche uniche e diverse da quelle di tutti i concorrenti. Per prima cosa, noi siamo nati su Internet 20 anni fa. E solo dopo abbiamo portato i nostri contenuti anche in tv e nelle radio. Gli altri hanno fatto il contrario: sono giornali, tv, testate tradizionali che a un certo punto hanno “dovuto” allargarsi al mondo del web, sempre più importante. Ma capite che nascerci dentro è tutta un’altra cosa...».

Eppure anche Paolo Liguori viene dalle testate “tradizionali”.
«E come no. Io ho scoperto davvero Internet a 54 anni, quando sono passato a dirigere il Tgcom. E ricordo illustri colleghi che dicevano: “Liguori è impazzito, sta buttando una carriera per mettersi a competere con dei ragazzini”. La verità è che avevo due scelte: potevo continuare a fare quel che ormai sapevo a memoria, o buttarmi a scoprire un nuovo mondo. E devo ringraziare anche Pier Silvio Berlusconi che ha sempre creduto nel progetto. Sta di fatto che oggi il web non è più visto come una Cenerentola e di battutine non me ne fanno più. Anzi; anche se la tv generalista resta una potenza dominante, Internet la sostiene. Prendete il fenomeno “Daydreamer”: le persone lo guardano in tv, ma a farne una trasmissione di culto sono stati il web, i commenti e i gruppi di ascolto sui social».

Nel tempo, poi, il Tgcom è cresciuto e ha anche cambiato faccia.
«Oggi non siamo solo un sito o una radio o una tv: siamo una testata multimediale. La stessa redazione prepara gli articoli per il sito, i notiziari per il canale “all news”, quelli che vedete passare sulle reti generaliste, i servizi per le radio... e abbiamo anche un presidio sui social che continua a crescere: su Facebook ci seguono oltre due milioni di follower».

Questo approccio permette di essere raggiungibili sempre, e su canali sempre diversi.
«Praticamente offriamo l’informazione “on demand”. Vuoi sapere tutto di un argomento? Non devi per forza aspettare che cominci il notiziario, neppure quello a ciclo continuo del canale digitale: prendi il telefonino, vai sul sito e trovi tutti i video già pronti».

La forza dei filmati. Già, i video. Secondo Audiweb sono il punto di forza più importante del Tgcom24, quello in cui i concorrenti vengono addirittura “doppiati” grazie a una media di 1.196.000 visualizzazioni giornaliere.

«E qui è inestimabile la stretta collaborazione con NewsMediaset» dice Paolo Liguori. NewsMediaset è l’agenzia giornalistica del gruppo diretta da Andrea Pucci, che è anche direttore responsabile di Tgcom24, Sport Mediaset, Studio Aperto e Tg4.

«L’avvicinamento delle redazioni nel giugno 2019 ha reso tutto il sistema dell’informazione più fluido» spiega Pucci. «Utilizzando i nostri 200 giornalisti e gli studi televisivi, possiamo garantire al sito una offerta di video senza pari. E spesso il Tgcom arriva per primo, proprio perché è il più flessibile: è successo per esempio con il filmato del colloquio tra Giulio Regeni e il sindacalista egiziano che l’ha tradito, o con la notizia dell’arresto in Spagna di Igor il russo».

Ma se già produrre un giornale o un tg è complicato, figuriamoci un sistema multimediale... «All’inizio non è stato facile» ammette Liguori. «La natura umana è di curare il proprio orticello e concentrarsi su quello che conosciamo e sappiamo fare bene. Invece il punto di forza del giornalista digitale è la flessibilità. Al Tgcom24 in fondo siamo una piccola squadra: 16 persone più i collaboratori. Ma ognuno è in grado di confezionare un pezzo scritto, un video o di condurre un tg».

Il cuore del sistema, comunque, resta il sito. «È da qui che parte il flusso delle informazioni: dalle 420 battute scritte della notizia base» spiega Domenico Catagnano, il vicedirettore responsabile della sezione. «Ed è per questo che ogni giornata di lavoro, dalle 5.30 di mattina alle 2 di notte, comincia e finisce nel sito. Poi, come un fiume che cresce man mano che si allontana dalla sorgente, quella stessa notizia di 420 battute diventa un articolo più lungo, o una news del tg e della radio, o un servizio video per la tv. Alla foce ci sono i social, che arrivano dopo ad amplificare e commentare le notizie».

A proposito di social: c’è una scuola di pensiero secondo cui i giornalisti tradizionali dovrebbero guardarli con sospetto e non dargli troppo spazio, perché «in fondo sono una forma di concorrenza». «Per me non ha senso» dice Pucci. «Una notizia è una notizia, non ha importanza da dove arrivi. Un video sul blog di Beppe Grillo può fare notizia come una conferenza stampa di un ministro. Semmai bisogna saper distinguere le notizie vere dalle bufale; ma questo non vale solo per i social». Paolo Liguori è d’accordo: «Non si possono fermare i social! E non possiamo scegliere noi dove preferiamo dare una notizia. Oggi devi essere in grado di prendere l’informazione ovunque e di postarla ovunque». E a questo proposito, Catagnano sfodera una massima definitiva: «Se un giorno le notizie appariranno anche sui frigoriferi... noi dovremo esserci!».

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