Flavio Insinna e le 5.000 puntate de “L’eredità”

Il quiz di Rai1 taglia uno straordinario traguardo e il conduttore ce ne racconta le curiosità e i segreti di ieri e di oggi

25 Febbraio 2023 alle 08:27

«Ma davvero? Siamo già arrivati a 5.000 puntate? Io sto ancora festeggiando le mie mille». Flavio Insinna è (quasi) incredulo per il nuovo traguardo che “L’eredità” taglierà sabato 25 febbraio. «Mi vengono in mente solo due parole: felicità e grazie. Il ringraziamento maggiore va a chi ci segue da casa. Quando nel 2018 ho cominciato a condurre il programma dopo la scomparsa di Fabrizio (Frizzi, ndr), avevo paura di non essere all’altezza. Ma i telespettatori mi hanno dato il tempo di trovare una mia linea. Avrebbero potuto cambiare canale, però non l’hanno fatto».

La puntata 5.000 per lei sarà la numero 1.080.
«Io guardavo “L’eredità” già quando al timone c’era Amadeus… Sembra un’altra epoca. E in un certo senso lo è, perché il programma si è evoluto con il passare degli anni: basta andare a riguardarsi una Ghigliottina del 2003 o del 2004. Stiamo cambiando insieme, cambiano le parole e le materie. Arrivano continuamente storie nuove».

Sono cambiati anche i concorrenti?
«Ho i capelli grigi, ormai li considero tutti figli e nipoti. Però mi piace continuare a lasciarmi sorprendere. Per questo, prima di incontrarli, non sempre leggo le notizie che i redattori mi scrivono sulla loro scheda. Le scopro un po’ alla volta».

Li conosce prima di iniziare a giocare?
«Certo. Entriamo in studio una mezz’ora prima di cominciare, chiacchieriamo e ascoltiamo la musica. In questi giorni vanno forte i brani dell’ultimo Festival di Sanremo, ma abbiamo anche i “classici” come “Gioca jouer” o i pezzi degli Anni 70. Così si crea un clima di allegria e si alleggerisce la tensione».

I concorrenti sono emozionati?
«Sì. Io gli dico sempre: “Non sono Alberto Angela né Corrado Augias e mentre voi giocate alla Ghigliottina la gente a casa sta girando il ragù o sta aiutando i bambini con i compiti. Non sono tutti lì a guardare per giudicarvi”. Dico anche che mi sono diplomato a fatica, che sono l’unico non laureato di casa e che le domande che farò sono state testate su di me. A questo punto tornano a respirare».

Però deve ammettere che certe risposte sbagliate sono quasi surreali.
«Quando parte la sigla, anche chi ha due o tre lauree può emozionarsi e sbagliare. Lo chiamiamo “effetto patchouli” per quello che è successo qualche anno fa a un concorrente che non è riuscito a indovinare il nome dell’essenza aromatica, il patchouli appunto. Mancava una vocale, continuava a dirle tutte tranne quella giusta. Un altro, con la parola che iniziava per “T” e la definizione che diceva “Danno fastidio in aereo”, invece che “turbolenze” disse “terroristi”».

Come riesce a non ridere in queste occasioni?
«Penso a tutte le cose folli che ho detto io quando andavo a scuola durante le ore di chimica, fisica e matematica. La professoressa un giorno mi disse: “A Insi’, sei proprio l’antitesi della scienza!” (ride). Ai concorrenti dico che non sono qua per aggiudicarsi una cattedra all’università, giochiamo insieme per regalarci un’oretta di allegria e di libertà. Lo so che magari a casa gli hanno raccomandato di non fare brutta figura, però è facile fare i campioni dal divano. In Italia siamo tutti allenatori della Nazionale di calcio, corriamo tutti più veloci di Marcell Jacobs, nuotiamo meglio di Gregorio Paltrinieri e siamo tutti campioni di “L’eredità”. E, comunque, non dimentichiamoci Massimo Cannoletta».

Cioè?
«Cannoletta è il concorrente che ha partecipato a più puntate (aggiudicandosi circa 280 mila euro di montepremi, ndr), ma la prima volta che aveva partecipato con Amadeus era uscito alla prima domanda. Quando è tornato, qualche anno dopo, ha sbancato e oggi è un divulgatore scientifico».

È l’unico concorrente ad avere giocato più di una volta?
«No, ce ne sono stati altri. E molti, dopo avere partecipato, continuano a scrivere per molto tempo dicendo che sono stati bene con noi: è una bella soddisfazione perché riuscire a divertirsi in tempi folli come quelli che stiamo vivendo è rivoluzionario».

Dopo tante puntate, che cosa la emoziona ancora?
«Le lettere delle persone anziane, che ringraziano perché gli facciamo compagnia, e i disegni dei bambini. Poi i piccoli regali che mi fanno come il portafortuna fatto all’uncinetto che ho attaccato alla chiave del camerino. Quando i concorrenti, invece, portano qualche specialità alimentare, apriamo e mangiamo tutti insieme dietro le quinte. A proposito di camerino, posso dire una cosa?».

Certo.
«Il mio è quello che aveva Fabrizio Frizzi, vicino al camerino di Carlo Conti. Quando iniziai “L’eredità”, Carlo mi disse: “Se hai bisogno di consigli e sai che io ci sono, bussa”».

Ha mai bussato?
«Lo ha fatto prima lui, un giorno, per farmi notare qualche sfumatura. Sono grato a Carlo perché è stato lui a fare il mio nome dopo la scomparsa di Fabrizio. Noi cerchiamo di tenere sempre vivo il suo sorriso, sarebbe bello poter tornare indietro e far condurre a Fabrizio tutte e 5.000 le puntate. Mi manca, è una punta di malinconia nella storia perfetta di “L’eredità”».

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