Gerry Scotti racconta com’è «The Wall»: «Ho un gioco nuovo ed è gigantesco»

Il presentatore conduce l’inedito preserale di Canale 5. «The Wall mi ricorda un vecchio passatempo con le palline che scendevano tra i chiodi. Solo che qui abbiamo fatto le cose in grande»

Gerry Scotti in studio. Il format Usa «The Wall» è stato venduto in una dozzina di Paesi. Da noi è prodotto da Endemol Shine Italia  Credit: © Pigi Cipelli
23 Novembre 2017 alle 11:55

Il meccanismo del nuovo gioco preserale condotto da Gerry Scotti su Canale 5 non si può spiegare in due righe. Ci sono delle sfere che cadono da un muro di 12 metri, che a seconda di dove arrivano fanno guadagnare o perdere da 1 a 100.000 euro; c’è un concorrente che può decidere quante e da dove farle precipitare; e c’è un suo compagno che, all’insaputa di ciò che succede in studio, deve rispondere a delle domande influendo su perdite e vincite.

Lo studio da cui va in onda «The Wall» è il Palatenda milanese di via Deruta, dove un tempo si teneva «X Factor». «Lo registriamo qui perché è l’unico posto in cui sono riusciti a costruire l’enorme muro del gioco» ci spiega Gerry Scotti in camerino.

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«Mi piace la parte più fanciullesca e meccanica: la caduta delle sfere»

C’è qualcosa di diverso dal format originale americano?
«No, è tutto uguale. È quello che si chiama format “blindato”. Per questo primo anno chi detiene i diritti ha preteso e ottenuto che non si cambiasse nulla. I responsabili americani sono venuti qui con mille ansie e sono andati via dandomi grandi pacche alle spalle. Mi hanno detto che lo conducevo come se l’avessi sempre fatto».

Qual è la cosa che le piace maggiormente di «The Wall»?
«La parte più fanciullesca e meccanica: la caduta delle sfere. Poi, certo, se c’è anche un po’ d’astuzia è meglio: per esempio la scelta di giocare la caduta su posizioni più o meno rischiose, a seconda delle probabilità di risposte giuste date nel frattempo dal partner».

Cosa le viene in mente alla parola «muro»?
«I giochi di quando ero bambino. La partita di pallone la facevamo disegnando la porta su un muro. Le figurine ce le giocavamo su un muro. Dietro un muro ci mettevamo per giocare a nascondino, davanti a un muro facevamo “1, 2, 3, stella”. Quelli poi che come me sono sui 60 e hanno vissuto la guerra fredda pensano immediatamente anche al Muro di Berlino, la sua caduta è il fatto storico più importante della nostra generazione. Al terzo posto, da amante dei Pink Floyd, metto l’album “The Wall”, che poi s’ispirava proprio al muro di Berlino».

E la Grande Muraglia cinese l’ha mai vista?
«No. Andrò prima a vedere un altro Muro, quello del Pianto, a Gerusalemme: non ci sono ancora andato».

Ha mai costruito un muro con le sue mani?
«No, però i primi guadagni che ho avuto nella mia fortunata carriera li ho investiti proprio in muri comprandomi una casa, e i successivi comprandola ai miei genitori. Sarà un retaggio dei tempi antichi, ma a me il mattone piace».

Senta, ma era proprio necessario ricorrere a un format straniero?
«Lei gira il coltello in una piaga aperta. Il problema italiano è l’incapacità di produrre e difendere un’idea con battaglie legali come sanno fare altrove. In fin dei conti l’idea di “The Wall” è semplice, mi ricorda quel gioco in cui delle palline d’acciaio scendevano su una superficie interrotta da chiodi. Il format è stato inventato negli Stati Uniti da un tizio che gioca a basket: da noi non potrebbe mai succedere! Sono riusciti a vendere “Italia’s Got Talent” e “Tú sí que vales” a me, che ho fatto per dieci anni la “Corrida”! Ma se all’estero sono più bravi a tutelare le idee, noi siamo più bravi a migliorarle: tutti i format stranieri passati da me hanno subito cambiamenti anche enormi. Rispetto all’inizio “Caduta libera” è diventato tutt’altro. Il bello è che poi questi cambiamenti vengono recepiti nelle varie edizioni in giro per il mondo».

Concluso «Caduta libera», lei fa comunque anche il giudice a «Tú sí que vales». Com’è la sua settimana?
«Passo tre giorni qui a Milano per “The Wall” e due a Roma per “Tú sí que vales”, e non sempre seguendo lo stesso schema. Gli ultimi due giorni tiro il fiato, dedico un po’ di tempo alla famiglia e agli amici. Intendiamoci, in fondo ho gli stessi ritmi della gran massa dei professionisti, dentisti, avvocati o architetti. Resto sempre un privilegiato».

Tempo fa disse che avrebbe potuto ritirarsi dalla conduzione, magari facendo il produttore.
«Sì, ogni tanto mi dico che dovrei industrializzare il mio impegno e ritirarmi della prima linea. Ma vedo che i colleghi che lo hanno fatto si divertono di meno. Finché riesco a divertirmi continuerò a condurre».

Allora perché fece quell’uscita?
«Un suo collega mi chiese se pensassi di fare il produttore e io dissi di sì. Comunque l’idea dell’imprenditorialità non gonfia il mio ego. Il mio ego ha già 120 chili e gli basta divertirsi. Poi, tra fare il dirigente e tornare a fare radio, io sceglierei la radio. Linus ci spera sempre, a ogni compleanno mi chiama per chiedermi: “È l’anno buono?” e io gli dico: “Ti rispondo dopo la pubblicità”».

Si gioca in due ma... non insieme

Si gioca in coppia. All’inizio i due concorrenti rispondono a cinque domande, mentre delle sfere luminose cadono in caselle che vanno da 1 a 100.000: se le risposte sono giuste sono euro che si aggiungono, se sono sbagliate si tolgono al montepremi. Poi uno dei due concorrenti viene isolato in una stanza da cui risponderà ad altre domande che, in studio, potranno far guadagnare o perdere denaro al socio. Ma il vero brivido è alla fine, quando il «recluso» dovrà decidere se firmare un contratto per la realizzazione del suo sogno con un budget iniziale o stracciarlo confidando che il partner abbia nel frattempo vinto di più.

Come partecipare

Per partecipare ai casting: 02/39297681 e thewall@endemolshine.it

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