Gerry Scotti torna in prima serata con “Chi vuol essere milionario?”

«I miei concorrenti spendono le vincite in cose utili» dice il conduttore, che con banconote e monete ha un rapporto speciale

Nel nostro gioco grafico abbiamo sostituito il volto del primo presidente degli Stati Uniti George Washington (1732-1799) con quello di Gerry Scotti nella banconota da un dollaro, che gli americani chiamano “one” (uno)  Credit: © Pigi Cipelli
22 Gennaio 2020 alle 11:44

Sta per fare le valigie per la Polonia, dove registra le sette puntate nuove di zecca di “Chi vuol essere milionario?” in onda su Canale 5 da mercoledì 22 gennaio in prima serata. Ma prima Gerry Scotti anticipa a Sorrisi l’ultima novità sul suo celebre quiz che prevede una scalata in 15 domande per provare ad aggiudicarsi il montepremi finale di 1 milione di euro: «Al posto dell’aiuto del pubblico ho reintrodotto lo “switch”, che c’era qualche stagione fa» spiega.

«Lo switch è la possibilità di cambiare la domanda con un’altra di un argomento diverso, dello stesso valore in denaro e della stessa complessità». Restano immutati, invece, gli altri tre aiuti: il “50 e 50”, “Chiedilo al tuo esperto in studio” e “Chiedilo a Gerry”, l’aiuto fornito dallo stesso conduttore e introdotto nella passata stagione.

Perché torna lo “switch”?
«Perché ognuno di noi, pur preparatissimo, ha un tema in cui non è ferrato. Magari segue tutti gli sport, tranne che il calcio, per esempio».

Lei non è ferrato in...?
«Ammetto la mia ignoranza sulla musica lirica. Sono nato in una famiglia con papà operaio e nonno contadino, mentirei se dicessi che sono cresciuto a “pane e Traviata”».

E nelle interviste c’è un tema che preferirebbe “switchare”?
«No, non è mia abitudine chiedere prima le domande ai giornalisti».

Bene, perché dato il titolo del suo show ci piacerebbe farle un’intervista monotematica, tutta sui soldi. L’accendiamo?
«Sì, perché i soldi sono tutto, ma in fondo sono niente. Avremo modo di parlarne, iniziamo».

Qual è il suo primo ricordo legato ai soldi?
«Mio nonno che negli Anni 60 mi mandava dal tabaccaio a comprare le sigarette Nazionali sfuse, quelle che si mettevano nella bustina bianca. Mi dava 20, 30, 50 lire, facendo sempre in modo che avessi un po’ di resto per comprare un ghiacciolo o una pallina di gelato fuori dall’oratorio».

Aveva il classico salvadanaio a forma di porcellino?
«Il porcellino no, ma usavo come salvadanaio un mobiletto di plexiglass con un microscopio, che aveva dei cassettini. In uno di questi ci tenevo le monete e i bigliettini con i numeri di telefono delle mie compagne di classe».

Sognava mai di diventare milionario, anzi miliardario?
«Da bambino sì. Come tutti».

Subiva anche lei il fascino dei dollari dei fumetti, i “verdoni” di zio Paperone?
«Mi piacevano di più le 500 lire d’argento, che oggi valgono tanto. Giravano di mano in mano e avevo la sensazione che fossero speciali, ma alla fine le spendevo tutte».

Riceveva una “paghetta”?
«Non si usava a casa mia. Io le cose ho sempre dovuto sudarmele, meritarmele, non ho mai avuto una paghetta “ciclica”, settimanale o mensile. E non l’ho data neanche a mio figlio Edoardo, che è cresciuto negli agi e ha sempre avuto tutto quello che desiderava. Però gli ho posto dei freni: hai ricevuto la tavola da surf per il compleanno a marzo? Bene, adesso fino a luglio non chiedermi più niente».

Che cosa ha comprato con il suo primissimo stipendio?
«Mi ci sono pagato le vacanze con gli amici a Lignano Sabbiadoro! Il mio primo impiego è stato in una ditta che faceva le guarnizioni per radio e tv. Mi pagavano 500 lire l’ora nel 1973 (3,70 euro di oggi, ndr). Ogni estate cambiavo lavoretto. Una volta ne ho fatto uno in cui dovevo aggiungere le vitamine ai mangimi dei vitelli. Ricordo la macchina dei dosatori: cinque colpi con la mano destra, uno con la sinistra. Ogni tanto però mi sbagliavo, chissà come sono cresciuti quei vitelli! (ride)».

Delle vecchie lire, le piacevano più le banconote o le monete?
«Da piccolo non le vedevo quasi mai le “cartamonete”. Forse solo a Natale».

E oggi che ne pensa dei centesimi di euro, le monete da 1, 2 e 5 che si perdono in tasca?
«Ad alcuni danno fastidio, a me invece no: anzi, se le vedo per terra le raccolgo sempre e le metto in un barilotto sulla mia scrivania che un tempo conteneva del liquore».

Lei è uno che fa economie a casa?
«La mia filosofia è comprare poche cose ma buone e durevoli: abiti, scarpe. Quando faccio la spesa sto attento al rapporto qualità/prezzo. Mi arrabbio quando vedo accese luci inutili o sento scorrere l’acqua troppo a lungo. E dico che il pane non si butta via senza baciarlo prima: quello duro si “puccia” nel latte il giorno dopo ed è buonissimo».

L’ultimo lusso che si è concesso?
«Sono “malato” di auto sportive e moto, lo ammetto. Le amo, ma le tengo in garage e giro con la Smart. E ho un hobby costoso: gli orologi. Però li considero un investimento».

In cos’altro investe?
«Non sono “azzardoso”. Di recente ho investito in biotecnologie, una scommessa legata a una possibile cura per il diabete. Spero di guadagnarci, non per i soldi ma perché vorrà dire che ci saranno speranze in più per i malati».

Acquista spesso i “Gratta e vinci”?
«Ne sono poco attratto, in realtà».

Entriamo nel campo “Soldi & spettacolo”. Quale film preferisce: “Il colore dei soldi” di Martin Scorsese o “Wall Street - Il denaro non dorme mai” di Oliver Stone?
«Scorsese. Anche se l’altro film dipinge i crack finanziari di questi anni».

E quale sceglie tra “Un povero ricco” di Renato Pozzetto e “Miseria e nobiltà” di Totò?
«Non me ne voglia Totò, ma dico il Pozzetto degli Anni 80».

E tra le canzoni? Meglio “Money” dei Pink Floyd o “Money for nothing” dei Dire Straits?
«“Money for nothing”, perché il testo recita “You play the guitar on the Mtv”. Quello che suona la chitarra su Mtv mi ricorda l’inizio della mia carriera».

Ricchezza a volte può fare rima con amarezza?
«Ahimè, sì. Essere ricco aiuta, ma non è servito a impedire che mia mamma e mio papà lasciassero questo mondo».

I concorrenti grazie al suo show vincono grosse cifre.
«E sono felice che le spendano in cose utili e non futili: spesso per la casa, tanto desiderata. Come dico sempre, io non regalo soldi, ma sogni».

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