La musica dark, le giovanili di calcio, la «magica» Roma, i cinepanettoni: il giornalista di DiMartedì si racconta a Sorrisi

Sembra un ambiente post industriale. L’ufficio di Giovanni Floris nella redazione di «DiMartedì» è spazioso, inondato di luce e incredibilmente accogliente. Sulla parete, proprio accanto alla porta, quattro quadri in sequenza con i disegni di un bambino che costruisce un aereo di carta e lo fa volare. «Sono di Lorenzo Terranera» spiega Floris. «L’artista che si è occupato della grafica dei muri di “Ballarò” e ora firma quella di “DiMartedì”».
Cosa rappresenta il fumetto simbolo della trasmissione?
«È Marte, divinità del martedì. Ha un elmetto in testa, è un combattente, ma col sorriso. Dopo la mezzanotte gli spuntano le ali e diventa il Mercurio di “giàMercoledì”» (vedi immagini sopra).
Come mai la scelta dei disegni?
«È un tratto di semplicità e in qualche misura di ingenuità. Facciamo domande semplici, non solo rivolte al mondo degli addetti ai lavori».
E la musica della sigla?
«Si chiama “Sixteen tons” è un antico canto popolare dei minatori americani che raccontano la fatica della quotidianità. È un’idea di mia moglie e ci è piaciuta perché mette insieme una musica familiare e i temi sociali, soprattutto quello del lavoro, a cui siamo sempre attenti».
Scelte accurate.
«Lavoriamo tanto sulla trasmissione curandone ogni aspetto».
L'album dei ricordi di Giovanni Floris
Dicono che lei sia un «secchione».
«È vero. A scuola studiavo, qui lavoro tantissimo. Ma lo vivo con leggerezza».
Materie preferite a scuola?
«Italiano e filosofia».
Che interessi aveva?
«Mi piaceva la musica dark, il post punk, la psichedelica. Amavo i The Cure, i Joy Division, i Bauhaus. E poi David Bowie e i Queen».
Altre passioni?
«Giocavo a calcio come centravanti nel Casale Rocchi, una squadra romana piuttosto forte nei campionati giovanili. Allora Casale Rocchi era una borgata, ci si arrivava con una strada sterrata e non c’era un autobus. Il mio primo articolo pubblicato su “Il Messaggero - Quartieri” fu proprio sulla mancanza di un trasporto pubblico in quella zona. Un pezzo di denuncia (ride, ndr)».
Da lì è cominciata la sua carriera di giornalista?
«Passando prima per il periodo in cui ero correttore di bozze».
E poi animatore.
«Anche. Avevo una ventina d’anni e con Paolo Genovese (il regista, tra gli altri, di “Perfetti sconosciuti”, ndr), che è mio compagno dai tempi della scuola, d’estate abbiamo fatto gli animatori in un villaggio in Calabria. Lui nel “Club bimbi”, io ero il jolly dell’animazione. Organizzavo tornei, spettacoli, giochi. Non durammo tanto».
Torniamo a oggi. Come si interessano le persone alla politica in tv?
«“DiMartedì” non parla di politica, ma chiede alla politica di risolvere i problemi concreti, dalle bollette alle strade malmesse fino alle tariffe telefoniche. Il politico è un interlocutore, non un protagonista».
Un ospite che non è riuscito ad avere?
«Mi piacerebbe intervistare papa Francesco. E poi il presidente americano Donald Trump e la cancelliera Angela Merkel. Riccardo Muti, Vasco Rossi, Roberto Baggio, Francesco Totti. Potrei andare avanti per ore».
L’ironia sembra un tratto distintivo del linguaggio del suo programma.
«Cerchiamo di essere profondi ma leggeri. Trattiamo temi che ci appassionano. Poi abbiamo organizzato la trasmissione in modo che ci siano, tra un reportage su temi sociali, un’analisi politica, un’intervista di economia o di cultura, anche spazi di serenità, come l’igiene e l’alimentazione».
Più che serenità direi terrore. Tra le cose che ho sentito: rischio di diventare cieca se faccio il bagno in piscina e non levo le lenti a contatto. Se non lavo gli occhiali i pidocchi delle ciglia sono in agguato...
«Sì, ma lo sta raccontando ridendo. Le indicazioni sono reali, ma vengono date “esorcizzandole” e col sorriso. In una puntata che dura 3 ore e 20 minuti è il momento della ricreazione».
C’è anche quello dei falsi miti: ne ha uno da sfatare che la riguarda?
«La rassegna dei tweet di fine serata fa morire dal ridere. Quando intervisto un ospite di destra, sui social scrivono: “Floris gli fa questa domanda perché è dei 5 Stelle”. Quando intervisto un grillino dicono: “Floris è di sinistra”. E quando intervisto uno del Pd dicono: “Ormai Floris sta col centrodestra”».
Ospiti che hanno dato buca all’ultimo momento?
«Tanti. Una volta a “Ballarò” 15 minuti prima dell’inizio della puntata un leader disse che non sarebbe venuto. Trovammo un deputato che stava cenando in un ristorante di fronte allo studio e si presentò con una macchia di sugo sulla camicia».
Lei sembra un tipo paziente.
«Sul lavoro lo sono. Bisogna sempre mantenere la calma».
Cosa la fa arrabbiare?
«Il calcio. Sono molto tifoso della Roma».
Maurizio Crozza è andato a lavorare in un’altra rete. Ne ha nostalgia?
«Non bisogna averla mai. Maurizio Crozza è un fuoriclasse e sostituire uno come lui non è facile. Ma la trasmissione va avanti bene, abbiamo una struttura che regge a prescindere dalla copertina».
Cosa la fa ridere?
«Amo la comicità italiana a qualsiasi livello. Sono il più grande esperto mondiale di cinepanettoni, Mi fa ridere la commedia all’italiana classica o quella di Genovese, Muccino, Virzì, Leo. Lillo e Greg mi fanno impazzire: a casa pranziamo ascoltando il loro programma su Rai Radio 2 “610”. Mi piacciono tanto Luca e Paolo perché hanno una chiave surreale per affrontare la quotidianità e poi Virginia Raffaele e Rocco Tanica, un genio assoluto». Il telefono di Floris squilla. La suoneria è quella della sigla della serie tv «The killing». «Sono appassionato di serie americane. Ora sto seguendo “Legion” e “Fortitude”. Poi amo lo sport».
Chi le piace in tv?
«Tanti: Fabio Fazio, Lilli Gruber, Michele Santoro, Pierluigi Pardo e Maurizio Costanzo. Io mi sono formato guardando i talk di Costanzo. Ha la capacità di porgere le domande con ironia e dare una via di uscita all’intervistato che deve sempre avere la possibilità di rispondere».
Nella sua carriera, tra i tanti premi, c’è anche un Telegatto…
«L’ho ricevuto per “Ballarò”. Per me, cresciuto negli Anni 80, è stata un’emozione incredibile. Poi i premi di cui sono particolarmente fiero sono quelli per i libri. Il mio ultimo romanzo “Quella notte sono io” (Rizzoli, euro 18,50, ndr) mi sta dando soddisfazioni enormi. Parla di bullismo e in alcune scuole hanno addirittura fatto una recita partendo dalla storia che racconto. Ora alcuni professori lo consigliano per le vacanze. È una cosa bellissima».