«La corrida», Marina Donato: «Con Carlo i dilettanti sono in buone mani»

Ritorna finalmente in tv lo storico show e la moglie del grande Corrado, per anni anima del programma, dice a Sorrisi: «Conti realizza un sogno e io sono felice». E fra i suoi ricordi spunta una divertente «guerra dei rinfreschi»

Una bella immagine di Corrado Mantoni (1924-1999) e di Marina Donato, sua moglie
12 Aprile 2018 alle 16:12

Anima, cuore e mente de «La Corrida» per anni. Ma Marina Donato, oltre che curatrice, autrice e produttrice del programma, era anche la moglie dell’amatissimo conduttore, Corrado Mantoni, sposato nel 1996 dopo 23 anni di convivenza.

E ora con Carlo Conti  «La Corrida» torna in tv.
«Aspetto di rivederla in onda il 13 aprile. Ma già quando passano i promo, basta lo squillo di tromba della sigla per mettermi sull’attenti!».

Stavolta è su Raiuno.
«Ha ragione Carlo quando dice che torna a casa, perché è nata in Rai. Ed è un ritorno naturale».

Come è nata l’idea di riproporla?
«Sono anni che Carlo desiderava fare “La Corrida”, ma i diritti non erano liberi. Appena è stato possibile ne abbiamo parlato, anche con gli amici di Magnolia (la casa di produzione, ndr), ed è nata questa collaborazione».

Conti lo conosceva già?
«Ci siamo incontrati a un evento parecchio tempo fa, quando lui conduceva “I raccomandati”. Mi disse: “Mi tiri pure l’orecchio, allora mi dava del lei, ma io “La Corrida” ce l’ho nel cuore e prima o poi la voglio fare!”. Sono passati anni. E quando uno ha nel cuore una cosa e ha la pazienza di aspettarla come ha fatto lui, be’, io trovo che sia straordinario. Ora lo sto conoscendo ancora meglio e scopro una persona che mi piace moltissimo. Carlo è concettualmente onesto, rispettoso del prossimo, educato, garbato. Sembra anche a me di essere tornata un po’ a casa…».

Quindi lo show è in buone mani?
«Ne sono certissima, perché Carlo mi ha detto che voleva fare “La Corrida” di Corrado. Tornare alle origini. Poi a renderla più moderna ci penseranno i mezzi che oggi la tecnologia offre e che all’epoca non c’erano».

C’è un aspetto a cui lei tiene particolarmente e sul quale si è raccomandata con Conti?
«Lui ha studiato a fondo l’evoluzione del programma. E ci siamo ritrovati a parlare lo stesso linguaggio. Nel corso degli anni la trasmissione ognuno se l’è cucita un po’ addosso, ed è normale che sia così. Carlo se la vuole cucire come uno smoking, quindi sarà classica».

Quali sono le caratteristiche che deve avere il conduttore de «La Corrida»?
«Garbo, educazione e rispetto. Poi la battuta, come l’aveva Corrado che era romano e come l’avrà Carlo che è toscano, è normale che ci sia. I nostri concorrenti sono i primi a volersi divertire. Ma il modo di entrare nelle case del pubblico rimane quello: in punta di piedi».

Corrado aveva un rito prima di andare in scena?
«No, ma era scaramantico. Aveva sempre in tasca una pietruzza rossa legata al suo segno zodiacale, il Leone, che gli avevano regalato».

Quale momento della trasmissione lo divertiva di più?
«La chiacchierata con i concorrenti: lui non li incontrava prima. Li vedeva un attimo alle prove, ma non ci parlava. Corrado non leggeva nulla: aveva una microscaletta in tasca, ma solo per ricordarsi poche cose. I concorrenti se li “spizzava”, come si dice a poker: li scopriva poco a poco. Il dialogo con loro gli piaceva forse ancora di più dell’esibizione. Quello che invece aspettavamo noi dietro le quinte era vedere come Corrado avrebbe congedato il concorrente. Ci chiedevamo ogni volta: “Vediamo cosa si inventa per consolarli, ma anche per lanciare una battutina delle sue”. Battute che non hanno mai offeso nessuno».

Il clima dietro le quinte?
«Le dico solo che c’era la guerra dei rinfreschi».

Sembra goloso…
«Ogni settimana, a rotazione, durante le prove un reparto organizzava un rinfresco per tutti. L’orchestra, i macchinisti, gli autori, i truccatori e parrucchieri, i costumisti…».

E chi vinceva?
«Davanti ai cannoli siciliani della signora Costanza, moglie del maestro Roberto Pregadio, alzavamo tutti le mani. Li friggeva a casa, poi li incartava per bene con la carta da forno, li portava in studio e li farciva lì. Ne faceva 300 perché ne contava un paio a testa, più tutti quelli che “sparivano” nel trasporto. Erano irresistibili. Altro che la porchetta!».

La porchetta?
«Sì. I macchinisti avevano cominciato con i panini con la porchetta, poi hanno affilato le armi e si sono orientati sulle braciolate. Facevano la brace e usavano la rete di un letto per cucinare per tutti».

Niente male anche i macchinisti…
«Poi c’erano i costumisti con i cornetti e i dolci la mattina. Noi autori eravamo partiti piano, con tramezzini e panini, poi siamo passati alla pizza al taglio. La guerra è guerra! (ride)».

Più che altro era un attentato alla linea!
«Già. Impossibile resistere».

A inventare «La Corrida» sono stati Corrado e il fratello Riccardo.
«Lo spunto credo fosse la trasmissione dell’Eiar “L’ora del dilettante”. Ma io non ero ancora nata, chiariamo le cose! (ride). Riccardo aveva lo stesso senso dell’umorismo inglese di Corrado. Ai due fratelli bastava uno sguardo per capirsi». 

«La Corrida» è un po’ la mamma dei talent. Cosa ne pensa di quelli di oggi?
«Che sono un’altra cosa. Chi va ai talent show deve essere bravo, perché desidera intraprendere la strada dello spettacolo. Tra i nostri concorrenti, invece, ce n’è qualcuno bravo, ma il giorno dopo torna alla sua vita di sempre. Non c’è oggi in tv un programma che incarni lo spirito de “La Corrida”».

Lei ha i diritti di «Portobello». Tornerà?
«Con i formati storici bisogna fare attenzione a non scontentare nessuno. Ma io spero proprio di sì».

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