Siamo andati a caccia delle differenze tra l'edizione lasciata da «Antonellina» e quella della nuova conduttrice Elisa con la partecipazione di Andrea Lo Cicero

Abbiamo osservato per alcune settimane la nuova edizione de «La prova del cuoco» nella versione rinnovata da Elisa Isoardi. Abbiamo confrontato una puntata del "nuovo" programma con una condotta da Antonella Clerici, andata in onda lo scorso anno nello stesso periodo, per capire in modo approfondito le differenze tra ciò che c'era prima con ciò che c'è adesso nel mezzogiorno di Raiuno. Pronti? Via!
«La prova del cuoco» di Antonella Clerici
Il mito (che sfatiamo subito) è che la proposta di Antonella fosse ancora molto tradizionale. Chi ha seguito «La prova del cuoco» nella stagione 2017/2018 avrà notato i grandi segni di rinnovamento, grafico e di studio, anche nelle modalità con la quale la gara tra i cuochi viene proposta, con un elemento tensivo nell'espressione dei punteggi da parte del giudice in cattedra, già presente da diversi anni.
Oltre la gara dei cuochi, c'era una serie rubriche per lo più finalizzate a mostrare ricette e procedimenti specifici tra tradizione, innovazione e cultura. La telecamera era per lo più fissa sui «fuochi», difendendo lo spirito che animava «La prova del cuoco» fin dalle prime edizioni: insegnare come si cucina quando si è alle prime armi e allargare gli orizzonti nei menu delle nostre tavole. Negli anni il format si è evoluto, cercando anche di andare incontro a un pubblico cresciuto con il programma. Se nelle primissime puntate si insegnava come fare un soffritto per il ragù, negli ultimi tempi si è arrivati a procedimenti più complessi e professionali.
In apertura di puntata, ma anche sparsi per la scaletta, c'erano già momenti in esterna, con sezioni dedicate al cibo di strada e alla storia culinaria. Gli inviati raccontavano la cucina nello stesso modo in cui ha sempre fatto Antonella Clerici, con uno spirito divertente e di gioco. Magari non c'erano più tanto spesso le sigle dello «Zecchino d'oro» e le adorabili frivolezze del passato, ma il colore della tramissione è sempre stato brillante: non ci si è mai presi troppo sul serio. Quel modo ironico di essere sempre «sopra le righe» di Antonella e del suo cast ha reso «La prova del cuoco» una sorta di «comedy show», dove la cucina era sempre un espediente sì per imparare, ma soprattutto per sorridere.
«La prova del cuoco» di Elisa Isoardi
Il vero cambiamento della nuova «La prova del cuoco» non è tanto nell'estetica di studio, con colori più opachi e forme «cool»: la vera rivoluzione è nei contenuti. Il numero di rubriche dentro e fuori lo studio si è quasi duplicato: aumentando gli argomenti, il ritmo appare molto più serrato.
A dare fiato a Elisa Isoardi c'è l'ex rugbista Andrea Lo Cicero che, nelle vesti di supporto, apre la strada ai cambi di cucina. Il suo ruolo racchiude anche la chiave «comica» che prima era sparsa a tappeto su tutto il cast.
In generale ci si allontana senza ansia dai procedimenti di cottura: le rubriche hanno un'impronta non necessariamente legata alle ricette e la missione primaria è informativa, prima ancora di ingolosire lo spettatore. Con le puntate tematiche, il programma culinario appare in parte più vicino al talk show, specie nel momento dedicato all'ingrediente principe del giorno.
Durante la gara tra i cuochi, aumenta il senso di competizione: già dalla sigla in stile «Rocky» e dalla richiesta di «fair play» tra i concorrenti, si sente di più la tensione della gara. Si capisce già dal quiz iniziale per ottenere un vantaggio: i cuochi si mettono in gioco non più solo attraverso le loro ricette, anche se in passato le "penalità" per l'avversario erano già presenti.
Il senso di gara è rafforzato dalla presenza di cuochi più giovani e meno celebri, quindi viene anche più facile osservarli con un occhio più severo e critico, forse anche da chi li segue da casa. Il format non risulta però stravolto del tutto: semplicemente il fuoco non è più solo sui fornelli (scusate il gioco di parole), ma sulle persone e sugli esperti che abitano lo studio. È meno centrale quindi la veste ludica del format, puntando invece su una conduzione dinamica, asciutta e strutturata.