Il conduttore torna su Canale 5 con uno spettacolo tutto basato sulla sorpresa e sul talento di persone qualunque

«Il meccanismo è semplice: attiro su un palco le mie “vittime” con vari trucchi e poi le invito a esibirsi di fronte al pubblico. Come reagiranno? Non lo so. Ma è proprio questo il bello!»
Questa volta Enrico Papi ha fatto le cose in grande. Anzi... Big! Il suo nuovo spettacolo per la prima serata di Canale 5 (da venerdì 8 aprile) si intitola “Big Show” ed è ispirato a un format che ha già avuto enorme successo in Gran Bretagna. Se il conduttore ha accettato di gettarsi in questa nuova avventura, però, «è per un solo, piccolo, semplice dettaglio che mi ha gasato così tanto da farmi dire subito di sì: nel mio “Big Show” c’è una parete che cade e... ecco fatto: ti trovi davanti a mille spettatori che ti guardano!».
In che senso?
«I veri protagonisti del programma sono persone dalla vita normale, ma che hanno un talento speciale. Per esempio, c’è chi ha una voce fantastica ma non ha mai potuto cantare; chi era portato per la danza, chi per lo sport e così via. Noi, con l’aiuto di uno o più “complici”, li portiamo in un auditorium mascherato da tutt’altro e poi... sorpresa: appare il pubblico e chiediamo alle nostre “vittime” di esibirsi. Il tutto in diretta».
E se poi reagiscono in modo imprevisto? Non è rischioso?
«Sì, e ciò rende la cosa più emozionante. Perché questo è uno show in diretta e basato sulla sorpresa, quindi va guidato così, in maniera un po’... spericolata! Mi aspetto che a volte vedremo le “vittime” impadronirsi del palco con sicurezza, come se ci fossero nate sopra. Altre, restare paralizzate come se vedessero l’intera vita scorrergli davanti in quel momento. Sia chiaro che io non voglio illudere nessuno: non puntiamo a regalare una carriera, ma una serata indimenticabile. Perché “Big Show” è un “people show” dove tutti possono essere protagonisti... ma solo a loro insaputa. Ci saranno anche sketch girati in esterna: magari nel corso di una cena con amici o di una tranquilla serata a casa irromperanno le telecamere della trasmissione, sempre grazie all’aiuto dei nostri complici. Il format è anche un pretesto per tirare fuori la mia voglia di buttarmi e le mie caratteristiche umane. A cominciare dalla semplicità».
Ma lei non era per tutti “quello dei vip”?
«Molti spettatori mi vedono ancora così, ma in realtà io preferisco lavorare con i non professionisti che danno più freschezza e spontaneità. E poi, visto che non mi sento mai arrivato e mi sembra sempre di dover fare la gavetta, tendo a identificarmi in loro. Mi ricordano i miei primi passi».
E come sono avvenuti, questi “primi passi”?
«Ero ancora un ragazzo e mi esibivo nelle feste di piazza o prima dei concerti dei cantanti. Lì poteva succedere di tutto. Ricordo una volta a Napoli, con la gente che voleva tirarmi giù dal palco perché non voleva più aspettare per vedere Nino D’Angelo. Poi a un certo punto si è sparsa la voce che portassi il bel tempo e ho avuto un aumento pazzesco delle richieste. Però pagavano poco: spesso dovevo scegliere se usare il compenso per il ristorante o per l’albergo, perché non bastava per tutti e due... Di solito sceglievo il ristorante e poi dormivo in macchina».
Chissà i genitori che felicità.
«Papà Samuele e mamma Luciana mi volevano avvocato per il mio bene: sarebbe stato un lavoro più sicuro. Ma poi sono diventati i miei primi fan. E ho anche il sospetto che mi abbiano trasmesso una vena artistica: papà ama dipingere, anche se poi nella vita ha fatto tutt’altro. Mia mamma scherzava sempre e mi ha insegnato il senso dell’umorismo... e sul pianoforte che mi hanno comprato ho cominciato a improvvisare i primi show casalinghi. Del resto il successo è arrivato abbastanza velocemente. Ho ancora a casa i due Telegatti vinti nel 1998 per “Buona Domenica” e nel 2000 per “Sarabanda”. Li tengo sul tavolino vicino alla tv: mi sembra il posto più appropriato».
In questi anni è diventato anche molto “social”. A proposito, sul suo Instagram vediamo tante foto con un cane: lei ama gli animali?
«Sì. Il rapporto che ho con il mio cane Tanker è molto stretto, tutti noi lo consideriamo parte della famiglia, alcune volte è quello più intelligente. È il primo che mi fa le feste quando rientro in casa, se mi butto sul divano devo lasciargli un posto accanto a me e se non lo accarezzo è lui che con la zampetta prende l’iniziativa e mi fa le coccole. Un cane regala il suo affetto incondizionato senza pretendere nulla in cambio. Una lezione che dovrebbe farci riflettere».
Per concludere, che effetto le fa essere di nuovo a Canale 5? A settembre, dopo 13 anni di assenza, è tornato a guidare la prima serata dell’ammiraglia Mediaset con “Scherzi a parte”. E ora ecco “Big Show”.
«Non è un caso: c’è un filo rosso che collega i due spettacoli, ed è il gusto per la sorpresa, il brivido della reazione imprevedibile colta sul momento. Io considero Mediaset la mia seconda famiglia, oltre che una macchina di grande potenza. Ma torno molto cambiato».
Perché?
«Mi sento più maturo. Sono successe cose che mi hanno insegnato tanto. Veder crescere i miei figli Rebecca e Iacopo, per esempio; loro vengono prima di tutto, e sentire la responsabilità verso persone che dipendono da te capovolge tutte le priorità. Oggi non me la prendo più come prima per certe rivalità o meschinità. Ma soprattutto ho perso mia mamma dopo una lunga malattia. Lei mi ha insegnato cos’è la generosità umana. Si preoccupava per me, faceva battute anche quando stava male... era lei che cercava di tenermi allegro e consolarmi, anziché il contrario. Poi sono arrivate quelle frasi fatte tipo: “Vabbè, però è vissuta a lungo”. Ho ripensato a quando capitava anche a me di dire cose del genere... Ma a lungo che? La mamma non ha un’età. È la mamma, punto. E perderla è un trauma. D’ora in poi lascerò sempre una sedia vuota in platea per lei. Come se potesse vedermi».