Massimo Gramellini e le 10 parole che sanno spiegarci il presente

Il giornalista ogni sabato su Rai3 ci porta nel cuore della lingua italiana

Massimo Gramellini
6 Novembre 2021 alle 08:10

Da “Le parole della settimana” a “Le parole”. Il titolo della trasmissione di Massimo Gramellini si è accorciato e lui spiega perché: «Ormai tutti la chiamavano così! Incontravo le persone per strada e mi chiedevano: “Quando ricominciano Le parole?”». Se il nome è cambiato, la formula (vincente) di questa sesta edizione rimane la stessa, compresa la presenza degli ospiti fissi: «Da quell’adolescente di 78 anni che è Roberto Vecchioni alla primadonna Veronica Pivetti, fino al nostro “presidente” Corrado Augias. Con una novità: Lodo Guenzi, che ci parla dei social». Inevitabile chiedere a Gramellini quali siano le parole del momento. Non era facile scegliere, ma dalla lunga chiacchierata ne sono emerse dieci...

1. Abbracci

«La prima che mi viene in mente perché questa estate siamo tornati ad abbracciarci grazie alle imprese sportive della Nazionale di calcio e dei nostri atleti alle Olimpiadi. Anzi, l’abbraccio tra il velocista Marcell Jacobs e l’altista Gianmarco Tamberi è diventato il simbolo di una Italia che ha voglia di costruire, fare e andare avanti».

2. Ripartire

«Nel periodo di forzata immobilità dei lockdown gli italiani si sono concentrati sul futuro, e ora ne cogliamo i frutti. È un momento di grande lustro per noi e il bello è che stiamo spezzando vecchi luoghi comuni. Il mondo ci invidia l’autorevolezza di Mario Draghi, il rock dei Måneskin (altro che “italiani eterni melodici”), il gioco d’attacco della Nazionale (altro che “catenaccio”), la compostezza di Matteo Berrettini (in confronto Djokovic è molto più “italiano”). Però parliamoci chiaro: ripartire non è facile. Io per esempio sono un pigrone e un casalingo (quando ero un giornalista inviato avevo paura di proporre un’idea perché mi dicevo: “E se poi piace e devo andarci io?”. Invece adesso che sono vicedirettore mi sbizzarrisco con le proposte, tanto va un altro...). Ma se è vero che per acquistare una nuova abitudine bastano 21 giorni, qualcosa di queste lunghe chiusure resterà. Il meglio. Per esempio, finalmente ci siamo resi conto che certe riunioni si possono fare a distanza col computer. Una volta la sola idea sarebbe stata un sacrilegio!».

3. Virologi

Potremo finalmente dimenticare il virus e i virologi? «Questo non lo so, però di sicuro hanno risolto il problema degli ospiti che mancavano nei programmi: ormai per un talk show il virologo è indispensabile, assieme a un “sì vax” e a un “no vax” da far discutere tra loro...».

4. No vax

A proposito, i "no vax" sono un problema? «Io non mi scandalizzo, è normale che non si sia tutti d’accordo. Penso che certi fenomeni siano amplificati dalle “bolle” della Rete: ognuno comunica solo con chi la pensa come lui e le opinioni si estremizzano. Poi magari ti accorgi che la “grande rivolta dei social” è formata da 50 persone... il rischio è di confondere il rumore con l’importanza».

5. Bolla

«Tornando a parlare di "bolle"... viviamo divisi in tante tribù e ognuno è convinto che la sua sia l’unica esistente. Io stesso divento un altro a seconda della bolla da cui mi guardano. Per alcuni sono un volto noto: “Ah, ma io la vedo sempre in tv, com’è che si chiama?”. Per altri sono “lo scrittore Massimo Gramellini”. Io sono favorevole al pluralismo delle bolle».

6. Social

«Non appartengo a quel mondo e non mi sforzo di fingere che sia così. Sarebbe l’errore più grave. Il rischio è di farsi prendere dall’impulsività. Prendiamo le critiche o gli insulti: una volta li scrivevano al giornale per lettera. Io li leggevo una settimana dopo e la risposta usciva ancora dopo. Oggi l’insulto arriva in diretta. Ma se non reagisci, la cosa si sgonfia. Le polemiche durano tre ore, un giorno al massimo. Il giorno dopo sono già impegnati ad attaccare qualcun altro».

7. Tv

«La tv è come il romanzo: da almeno 100 anni dicono che “è morto”, ma continuiamo a scriverli e a leggerli. Idem per i programmi tv: dicono che “non contano più niente” e poi... non fanno che parlarne, magari sui social».

8. Talebani

«Il loro ritorno è una tragedia ma, in qualche modo, sono ottimista. Questi 20 anni non sono passati invano. Le donne non torneranno indietro. Non ci si ritrova mai nel punto esatto in cui si era entrati nel tunnel».

9. Parole

«Ci sono parole che amo e altre che non mi piacciono. Per esempio non sopporto il termine “buonista”. Dov’è l’accusa? Sarebbe sbagliato essere buoni? Preferisco “tollerante”. Mi piace la “consapevolezza” di chi riflette prima di parlare contro l’“impulsività” di chi risponde a caldo. Mi piace essere “proattivo”, cioè decidere io cosa fare e dire, anziché “reattivo”. Mi piace l’“ironia”, che significa distacco e capacità di prendersi in giro, e non il “sarcasmo”, che è aggredire e svillaneggiare. Mi piace essere “social free” e infischiarmente delle reazioni, come Daniel Craig, che ha osato dire che James Bond non può essere una donna. Perché c’è chi tende a censurarsi per evitare gli attacchi... E se volete una spia donna, benissimo, inventate un nuovo personaggio!».

10. Papà

Parliamo un po’ della parola “papà”? Suo figlio Tommaso già parla? E che parole dice? «Se parla? Discute! Ieri mi ha detto “Papà, manda giù e POI parla”. Tra un po’ mi caccia di casa. Con lui mi sembra di vivere una seconda vita: vedo le cose con gli occhi di un bambino piccolo e torno a dar loro importanza. La sua parola preferita credo che sia “campane”. Ha la passione delle campane, aspetta sempre di sentirle fuori dalla finestra, e io con lui. Quando suonano, è il momento più bello della giornata».

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