“Matrimonio a prima vista Italia” con Andrea Favaretto

Sei single decidono di sposarsi al buio (senza conoscere sposo o sposa) e di convivere quattro settimane per capire se la relazione funziona

Andrea Favaretto
5 Luglio 2021 alle 10:40

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Dal 4 luglio è disponibile su Discovery+ la nuova edizione di “Matrimonio a prima vista Italia”, esperimento sociale in un programma tv collaudato che ormai vanta ben due edizioni all'anno. Quella che andrà in onda a ottobre su Real Time è già disponibile sulla piattaforma a pagamento. Lo schema resta lo stesso: sei single decidono di sposarsi al buio (senza conoscere sposo o sposa) e di convivere quattro settimane per capire se la relazione funziona. A cambiare stavolta è uno dei tre esperti che selezionano e accoppiano d'autorità i partecipanti: al sociologo Mario Abis e alla sessuologa Nada Lofreddi si aggiunge, infatti, Andrea Favaretto, esperto di comunicazione (sostituisce lo psicologo Fabrizio Quattrini).

Andrea Favaretto, “esperto di comunicazione”. Cosa fa di preciso?
«Il mio lavoro consiste nel far prendere consapevolezza alle persone di come comunicano con se stesse e con gli altri, far comprendere le situazioni e quali strategie utilizzare. Insegno a lavorare su obbiettivi precisi. Fornisco, se così si può dire, le istruzioni per l'uso».

Qual è il suo ruolo nella scelta di queste coppie?
«Il mio ruolo è non solo partecipare alla selezione, ma anche lavorare con le coppie sul campo, andarle a trovare nella loro convivenza, nel momento in cui nascono delle crisi, per far capire quali meccanismi stanno mettendo in atto. Spesso restano a bocca aperta: le persone usano senza accorgersene schemi reiterati per anni nelle relazioni precedenti».

Quali sono state le linee guida nell'accoppiare le persone?
«C'è stato grande gioco di squadra con Mario Abis e Nada Lofreddi, ci siamo confrontati molto durante le selezioni. Io guardavo quello che mi compete di più, ossia nei colloqui a tu per tu se c'erano incongruenze fra quello che le persone dicevano e quello che manifestavano a livello non verbale».

Il risultato?
«Abbiamo scelto le persone più coerenti, quelle che avevano davvero il desiderio di fare questa esperienza».

Chi erano gli aspiranti sposi di questa edizione?
«Le persone più diverse. C'era chi voleva candidarsi per trovare l'anima gemella e aveva scambiato il programma per un'agenzia matrimoniale. Chi voleva mettersi in gioco per capire gli errori fatti in passato. Chi era intenzionato a conoscere un'altra persona e formare una relazione».

Quattro settimane per decidere se restare insieme bastano o sono poche?
«È molto soggettivo. Potrebbero bastare, come è successo per qualcuno nelle edizioni precedenti. Dipende da quanto il singolo decide di giocarsi il tutto per tutto e partecipare attivamente all'esperimento».

Qual è la prova fondamentale per conoscersi?
«La prova della quotidianità. Vengono fuori i diversi approcci. C'è quello che dice: “Okay, stiamo affrontando questo problema, ma voglio vedere insieme a te se siamo una squadra unita”. O c'è chi usa il proprio filtro, da single, ed è quasi infastidito dall'altra persona».

Cosa si fa più fatica a comunicare?
«Si fa fatica ad accettare che ci sia un punto di vista diverso dal nostro, un modo diverso di interpretare la quotidianità. Ognuno vede il mondo secondo i propri filtri e crede che siano quelli giusti, non accetta che ci sia un altro modo di fare. Ma non c'è un “giusto” o uno “sbagliato”, c'è solo un modo più “ecologico” o utile nell'affrontare una situazione».

Il segreto per fare funzionare le relazioni?
«Essere aperti a entrare nel mondo dell'altro. Nel momento in cui la domanda iniziale non è: “Vediamo cosa voglio ricevere”, ma: “Vediamo cosa voglio dare”, è molto più facile costruire qualcosa».

La voglia di matrimonio è ancora così forte in Italia?
«Secondo me sì, e anche l'istituzione del matrimonio è ancora forte. È stata una piacevole sorpresa anche per me che avevo solo visto il programma in tv. Parlando con gli interessati c'era questa voglia in persone che erano single da anni e affrontavano l'esperimento con serietà».

A cosa serve un programma come “Matrimonio a prima vista”?
«Il vero valore aggiunto è che fa riflettere. Da spettatore, quando lo guardavo capivo che il pubblico si identifica con certi processi, vengono fuori dinamiche che ogni coppia, ogni persona, ha vissuto nelle proprie relazioni».

La televisione ha sostituito altre occasioni sociali di incontro?
«Così pare, non so se sia dovuto anche all'esperienza della pandemia o del lockdown».

Senza svelare dettagli, si ritiene soddisfatto o deluso?
«Penso di parlare anche a nome dei colleghi dicendo che sono molto soddisfatto. Ci sono stati alti e bassi, ma nel complesso mi ha stupito quanto i concorrenti si siano messi in gioco e il desiderio e l'impegno di volersi conoscere all'interno di un contesto così strano. Ci saranno delle belle sorprese».

Come mai le coppie, non solo in tv, spesso si sfasciano?
«Spesso manca la volontà di risolvere insieme gli eventuali problemi, non c''è il desiderio di costruire un'identità di coppia, un “noi”, ma c'è solo un “io” e un “tu”. Se manca questa volontà di costruzione la relazione stagna».

Lei è sposato?
«Sì, sono felicemente sposato».

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