Su Rai3, raccontano la vita di Villaggio, Mastroianni, Bene e Vaime
Attualità e memoria: Maurizio Costanzo negli ultimi anni continua la sua avventura in televisione giocando su questi due tavoli. E gioca forte, perché sa di avere in mano un asso: la curiosità, «la mia qualità principale», come precisa senza un attimo d’esitazione. E quella che ha per l’oggi è la stessa che nel corso degli anni lo ha portato non solo a incontrare migliaia di personaggi, ma anche a costruire rapporti umani inimmaginabili. Quelli con Paolo Villaggio, Marcello Mastroianni, Carmelo Bene ed Enrico Vaime li racconterà, affiancato da Pino Strabioli, in “Io li conoscevo bene”, quattro seconde serate in onda su Raitre da lunedì 23 agosto.
Costanzo, questa trasmissione nasce da una vita di lavoro frenetico: non stacca mai... Ma è lei che cerca i lavori, o sono i lavori che cercano lei?
«Agli inizi ero io che cercavo i lavori, poi si sono abituati e sono venuti loro da me».
Nel tempo, è riuscito a individuare il “segnale” che fa capire che una conoscenza potrà trasformarsi in un’amicizia vera?
«No. Ho intervistato 55 mila persone al “Maurizio Costanzo Show”, e ho imparato che ogni persona è diversa dalle altre».
Il buono, il cattivo, la vittima ingenua, il testimone-narratore: sono ruoli cardine di quasi tutti i film. Pensi ai quattro personaggi della trasmissione: a chi li affiderebbe?
«Mastroianni è il buono, sulla scena e nella vita. Villaggio è il cattivo, ma solo sulla scena! Carmelo Bene lo vedrei come vittima ingenua: era un aggressivo in scena, non nella vita... E poi Vaime: ottimo narratore, bel testimone, cara persona».
Si può dire di conoscere davvero bene personalità di questa caratura?
«Può essere molto difficile. Vaime era davvero uno dei miei più cari amici. Posso dire di aver conosciuto bene Villaggio e abbastanza bene Mastroianni. Non altrettanto, invece, Bene».
Che cosa le sfuggiva?
«Carmelo era una persona di tale intelligenza che sfuggiva anche a se stesso».
Tra loro, chi paragonerebbe a lei per curiosità?
«Vaime. Forse Mastroianni: lui viveva la vita fino in fondo, e se non sei curioso non puoi farlo».
Nelle pagine di Sorrisi come nello studio di "Io li conoscevo bene", a fianco di Maurizio Costanzo c’è Pino Strabioli. Nel programma Strabioli farà da “pungolo” ai ricordi di Costanzo, tra racconti che si svilupperanno intorno a immagini di repertorio delle Teche Rai e a testimonianze di ospiti.
Strabioli, come avete organizzato il lavoro?
«Con Maurizio Costanzo tutto è molto semplice, non c’è alcuna strategia. Io mi accendo di curiosità e lui, probabilmente, si fida di me e mi stima».
L’idea com’è nata?
«Parlando insieme. Da curioso, ogni volta che incontro Maurizio mi arricchisco di un aneddoto, di un episodio. Questa volta dev’essere stato qualcosa su Paolo Villaggio, che dei quattro personaggi di cui parleremo è l’unico con cui ho lavorato (Strabioli è stato regista dell’ultimo spettacolo portato in tournée da Villaggio, “Mi piacerebbe tanto non andare al mio funerale”, ndr): Maurizio raccontava come avesse “scoperto” Villaggio in un teatrino di Genova, come avessero firmato su una tovaglia di carta in trattoria il contratto che avrebbe portato l’attore a esibirsi in un cabaret romano diretto da lui... E lì ho detto: “Ma raccontiamolo!”».
Qual è stata la cosa che più l’ha sorpresa nei racconti di Costanzo su questi quattro miti?
«La sua partecipazione emotiva. Nelle puntate mi capita ogni tanto di chiedergli: “Ma questo ricordare, per te, è un po’ una tortura?”, e lui ogni volta risponde: “Un po’ sì”. Fra le varie curiosità, però, mi ha colpito il racconto di Marcello Mastroianni che gli confida: “Ma sai che a Parigi sono stato a cena da Catherine Deneuve (con l’attrice francese Mastroianni ebbe una lunga relazione, da cui nacque una figlia, Chiara, ndr) e mi ha messo a capotavola?”, dimostrando ancora una volta la sua semplicità, l’assenza di egocentrismo».
La curiosità, la voglia di imparare dagli altri fanno di lei un conversatore eccezionale. Come sfugge ai chiacchieroni inopportuni?
«Mi scuso e dico che vado di fretta. E poi... Eh, ma se lo dico, dopo si capisce! E vabbe’, lo dico: parlo, magari approfittandone per ripassare un copione, al telefonino spento».