Maurizio Costanzo: «Ecco come festeggerò i 40 anni del mitico “Show”»

Il giornalista anticipa a Sorrisi le tante sorprese che sta preparando per un compleanno davvero speciale

Maurizio Costanzo
23 Luglio 2021 alle 09:16

È tempo di vacanze, ma Maurizio Costanzo è già al lavoro. C’è da organizzare una stagione storica del suo “Maurizio Costanzo Show”: quella del quarantennale. Lo spettacolo è nato infatti nel 1982 (partì su Rete 4 e passò poi a Canale 5), e la prossima edizione si concluderà nel 2022. Per festeggiare la ricorrenza il giornalista ha tante nuove idee. E le svela in esclusiva solo a Sorrisi.

Costanzo, cosa bolle in pentola per l’edizione dei 40 anni?
«Ho molte idee sul tavolo e vorrei coinvolgere molti amici. Per esempio mi piacerebbe collegarmi con David Letterman in America, con cui una volta abbiamo “gemellato” i nostri show. E vorrei ospite Michele Santoro, protagonista di un altro storico gemellaggio, quello con “Samarcanda” per lo speciale del 1991 contro la mafia, quando ci siamo passati la staffetta alla conduzione. Sicuramente parleremo di salute e del virus con il sottosegretario Pierpaolo Sileri. E visto che nella puntata del ventennale avevo ospitato l’allenatore della Roma Fabio Capello, questa volta vorrei in studio il suo successore José Mourinho, con tutti i giocatori giallorossi. E poi proporrò formule nuove...».

Per esempio?
«In ogni puntata avremo come ospite in collegamento... un animale (e ovviamente il suo padrone). Non solo cani o gatti, ma anche lama o cammelli! A parlare delle loro caratteristiche ci sarà Francesco Petretti, il presidente della Fondazione Bioparco di Roma. Poi vorrei riportare sul palco gli “scomparsi” della tv, personaggi che sono rimasti nel cuore del pubblico e tutti si chiedono “ma dove sono finiti”? Parlo di Gigi e Andrea, Marco Columbro, Susanna Messaggio... Altre figure notissime le incontrerò con “L’intervista”, l’altro mio programma su Canale 5: non dimentichiamo che in autunno riparte anche quello».

Personaggi già nel mirino per “L’intervista”?
«Achille Lauro, Gianni Morandi, Renato Zero».

A proposito di personaggi, con il “Maurizio Costanzo Show” lei ne ha lanciati parecchi: da Enzo Iacchetti a Dario Vergassola, da Enrico Brignano a Giobbe Covatta: dove li scovava?
«Soprattutto grazie al cabaret. Quando vedevo sul palco un artista che funzionava, lo invitavo subito. Poi si è sparsa la voce che ero un talent scout e allora me li segnalavano anche gli amici. “Ieri ho visto uno fortissimo” mi dicevano “devi assolutamente conoscerlo”. Allora organizzavo dei provini. Oggi che il cabaret è morto non saprei più dove pescare tutti quei talenti...».

Però ci sono gli artisti del web, gli “youtuber”, gli “influencer”.
«Sì, può darsi. Ma secondo me non è la stessa cosa. Per capire davvero se ha un futuro, un personaggio devi incontrarlo dal vivo».

Lei ne ha incontrati tantissimi. Il “Maurizio Costanzo Show” è uno dei programmi-simbolo di Mediaset, che l’ha visto nascere nel 1982 e ne ha trasmesso più di 4.500 puntate. A proposito, 40 anni di uno show credo sia un record...
«È così. Ricordo che quando facemmo le prime puntate, io lavoravo anche per altri editori e lo show aveva cadenza settimanale. A Silvio Berlusconi piacque così tanto che mi disse: “Firma l’esclusiva per noi e facciamolo tutte le sere!”. Fu l’inizio del periodo d’oro. Poi anche Pier Silvio Berlusconi ci ha creduto, e lo ringrazio. Ha voluto dare continuità alla tradizione... e siamo arrivati a questo record».

E poi l’idea di mettere fianco a fianco politici e cantanti, comici e sportivi, insomma esperti e non esperti a parlare degli argomenti più diversi, è nata al “Maurizio Costanzo Show” e poi è stata copiata da tutti...
«Questo lo dice lei. Io mi limiterò a non smentire».

So che non farà mai una classifica dei suoi ospiti preferiti: gliel’avevo chiesta due anni fa e mi rispose giustamente che «un bravo padrone di casa non fa favoritismi». Perciò, se permette, le vorrei fare tre nomi io.
«Ah, in questo caso... prego».

Vittorio Sgarbi: si è mai pentito di averlo lanciato?
«Mai. Lo considero una persona di rara intelligenza. E cambiò il modo paludato di porsi nei talk-show, pur tra tante intemperanze. Si figuri che alla sua prima serata si mise a insultare una professoressa!».

Intemperanze che lei sapeva domare. Altri conduttori molto meno. Qual è il segreto per tenere a bada un ospite vulcanico?
«Io sono leale con i miei invitati, e loro lo sanno. Tra di noi c’è un patto: io li lascio liberi di esprimersi, ma loro devono rispettare il pubblico e il palco che li ospita. Se non lo fanno, intervengo».

Franco Bracardi?
«Ha creato la sigla dello show insieme a Gianni Boncompagni. Non dovevo dirgli nulla, bastava uno sguardo e arrivava il suo commento musicale, sempre perfetto. Insieme portammo lo show in America, al Madison Square Garden di New York, con tanto di inno di Mameli in apertura. Dopo di lui non ho più voluto un singolo musicista, ma l’orchestra o un gruppo».

Andrea Camilleri?
«Per lui presi un impegno che non ho mai azzardato con nessun altro. Dissi: “Ho letto il libro di questo signore e ve lo consiglio. Compratelo. Se non vi piace, vi rimborserò la spesa personalmente”».

Numero di copie rimborsate?
«Nessuna».

Ha citato Gianni Boncompagni, vorrei chiederle anche un ricordo di Raffaella Carrà, che ne era stata la compagna.
«Conoscevo la mamma, che era di Bellaria. Mi chiese di aiutare la figlia a prepararsi per l’esame al Centro sperimentale di cinematografia: Raffaella aveva 17 anni. Mi ha sempre ringraziato per questo, anche se ci sentivamo raramente perché era molto riservata. Le manifestazioni di affetto per la sua morte mi hanno convinto che aveva ragione lo studioso Marshall McLuhan quando parlava di “parentela mediatica”. A furia di entrare con la tv nelle case degli italiani, Raffaella era diventata come una parente: una zia, una cugina di tutti noi. Ci mancherà».

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