Piero Chiambretti con «#CR4: la Repubblica delle Donne» in prima serata

«Il programma è una scommessa» afferma il conduttore. «Dovrò conquistare un pubblico che guardava altro». Da mercoledì 31 ottobre su Rete 4

Piero Chiambretti  Credit: © Massimo Sestini
26 Ottobre 2018 alle 10:00

Piero Chiambretti trasloca a Rete 4, l’unica grande rete generalista che gli mancava, con «#CR4: la Repubblica delle Donne», uno show in otto puntate che vede protagonista l’universo femminile. 

Insiste sul tema del suo programma precedente, «Matrix Chiambretti: la Repubblica delle Donne»? 
«Io dico che è la promozione di un programma di seconda serata in prima. La  scommessa è capire quanto, con i dovuti accorgimenti, uno show che parlava a un pubblico ridotto e che ti aveva scelto, possa andare incontro a un pubblico che ti trova e che è abituato, magari, a vedere altro».

Qual è la chiave?
«Il linguaggio cercheremo di renderlo più semplice possibile. Una frase di Silvio Berlusconi alla neonata Fininvest che mi rimase impressa fu: “Voi dovete parlare a un bambino di sette anni”. Ora che ho una figlia di sette anni mi rendo conto che devo essere molto semplice per arrivare a quel tipo di uditorio che fa della semplicità la sua connotazione più forte».

Una bella sfida…
«Sì, però vede, dopo i 60 anni, che è l’età che ho io, se non ci sono delle sfide di questo tipo non ti diverti neanche più. Ho provato tutto: il grande successo popolare, la nicchia, il fallimento catastrofico, l’epurazione. Sono stato uomo di mercato passando da Raiuno a Raidue a Raitre, Rete 4, la nuova grande avventura, Canale 5, Italia 1, La7, ho fatto anche Sky quando ancora si chiamava in un’altra maniera, non mi ricordo neanche più (Tele+, ndr). Ho cambiato tante maglie come tanti giocatori, sono buono per tutte le stagioni».

Che caratteristiche avrà #CR4? 
«È un programma dedicato al mondo femminile e quindi speriamo che le donne siano con noi perché è un programma per le donne, con le donne, sulle donne, ma se le donne non ci seguono sono rovinato. È una specie di rotocalco che si basa su un racconto leggero dell’attualità».

Chi avrà al suo fianco? 
«Alfonso Signorini curerà la rubrica “Signorini Chi?”, legata al costume e alla società. Iva Zanicchi si occuperà della rubrica “La posta del corno”. Sarà il tutore dei cornuti o dei potenziali cornuti, sapendo benissimo che le corna sono la metafora del tradimento che vale in amore, ma anche in finanza, nello sport, nell’amicizia. Poi avremo Alda D’Eusanio, che è stata la “proto Barbara d’Urso”, la prima negli Anni 90 su Raidue a costruire un programma pomeridiano dai grandi ascolti che metteva insieme quello che oggi si chiama il “pop”. Il suo spazio si chiamerà “Alda e le Storie Tese” e racconterà le storie più tese di Barbara d’Urso e dei suoi ospiti. Poi abbiamo Cristiano Malgioglio, che sarà il presidente della Repubblica delle Donne. E ancora, la scrittrice Barbara Alberti, una sorta di opinionista a 360 gradi, la cantante Simona Molinari, una jazzista di valore internazionale, due giornaliste d’assalto come Francesca Barra e Annalisa Chirico, il critico d’arte contemporanea Francesco Bonami che ci parlerà delle donne dietro a ogni grande artista, e il giornalista Francesco Specchia che scriverà una lettera “al vetriolo”, anche se il termine è esagerato, a una figura che prenderà di mira. Ovviamente ci saranno anche gli ospiti legati ai fatti della settimana».

Un tempo lei era l’incursore della tv. Non le manca mai? 
«La voglia mi è tornata tante volte. Il problema è che oggi sono tutti fuori in strada. Ma io c’ero quando tutti erano dentro. Per lungo tempo ho pensato di portare in tv quello che non era in tv: le periferie, i ministeri, gli spogliatoi del calcio, il dietro le quinte della musica. Prima non si vedevano e pensavo che mettere in scena quei mondi potesse essere una svolta stilistica. Quando quei mondi sono diventati “il mondo” e i personaggi pubblici sono stati sostituiti dalla gente della strada, il punto di vista si è ribaltato. Quindi da molti anni cerco di fare trasmissioni di studio con dentro una finzione scenica che si vede solo lì, perché fuori è tutto più brutto. Condivido il pensiero di Fellini che ricreava in studio interi pezzi di autostrada o una finta nave, un finto albergo, o una finta Roma che erano meglio di quelli veri. Cercava di farti entrare in un mondo che non esisteva. E che si può ricreare solo in uno studio».

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