Sei inedite e due, su Las Vegas e Miami, già andate in onda su Sky, Pif ha ripreso in mano la sua telecamera e ci ha raccontato un po' di questa stagione
Telecamera alla mano e via. Pif continua la sua caccia a storie da raccontare, a modo suo. E così, dal 20 gennaio torna, su Tv8, con la nuova edizione di «Il testimone», il programma che l’ha reso famoso su Mtv. Delle otto puntate, sei sono inedite mentre due, su Las Vegas e Miami, sono già state trasmesse su Sky.
Pif, come sceglie gli argomenti del Testimone?
«Banalmente in base alla curiosità. Io sono di una pigrizia schifosa e siccome questo è un programma faticoso se devo fare tanta fatica ci deve essere un motore che mi spinge a farlo».
E il motore l’ha spinta in Buthan.
«È un piccolo paese fra l’India e la Cina. È grande quanto la Svizzera e ha 700 mila abitanti. È fra le montagne, e solo 8 piloti al mondo sanno atterrare all’aeroporto dopo aver zigzagato fra le vette. Ho saputo che è retto da un re illuminato che oltre a indagare sul Pil del suo paese vuole sapere anche qual è il tasso di felicità dei suoi sudditi. E senza che da questi partisse una richiesta ha anche istituito il parlamento».
In genere quando va all’estero contatta degli italiani che abitano sul posto. Ci sono nostri connazionali in Buthan?
«C’è un’associazione Italia-Buthan gestita da italiani. Ma la cosa interessante è che ho scoperto che in quel paese c’è un grande numero di persone che parla la nostra lingua perché ha fatto l’università da noi».
E il re l’ha incontrato?
«Volevo, ma non mi è stato possibile. In compenso mi hanno detto che se avessi per caso incrociato un’auto della famiglia reale avrei dovuto abbassare la telecamera. Non so se l’avrei fatto».
Nella nuova edizione racconta anche il mondo degli arbitri.
«La caratteristica di “Il testimone” è raccontare qualcosa da un punto di vista che non ti aspetti. Ho voluto raccontare il calcio visto dagli arbitri. Ho seguito Gianluca Rocchi nel match Torino-Juventus. Quando siamo entrati allo stadio, dal pubblico è partito un “Bastardo”. Così, di default. E allora uno si chiede: Ma chi te lo fa fare?».
La risposta?
«La passione. Solo che se arbitri in Serie A, almeno hai la soddisfazione del prestigio. In altre categorie rischi davvero di farti male. E rimane il mistero»
In Italia si prosegue con Roberto Bolle: Pif è appassionato di danza?
«Come si può intuire io e la danza siamo estranei. Ma mi incuriosisce il mondo dei ballerini perché fanno una vita completamente dedicata a quello, con grandi sacrifici e dedizione. È qualcosa che oggi non fa nessuno per nessun motivo. Per dire. Bolle ha messo piede per la prima volta alla Scala a 8 anni. A 11 è entrato alla scuola. Penso a me a 11 anni che parto da Palermo da solo e vado a studiare una qualsiasi cosa. Pensiero impossibile».
Che tipo è Bolle?
«Un figo pazzesco. Oltre alla bravura e al suo grande talento ha una presenza che non passa inosservata».
In Italia ha fatto qualche altra tappa?
«Sono andato a curiosare nel mondo dei fotoromanzi».
Esistono ancora i fotoromanzi?
«Sì. C’è una casa di produzione che li produce per Grand Hotel. Non conoscono il web, non hanno né facebook né twitter».
Un altro mondo.
«Nella puntata azzardo un parallelo con Instagram. Perché in fondo mi sembra che questo sia una versione moderna di fotoromanzi. E comunque già che c’ero mi hanno ingaggiato per una particina».
Nel ruolo di se stesso? Come Fedez in «A un passo dal cielo»?
«In realtà no. Facevo un infermiere...»