Abbiamo curiosato negli studi di Napoli dove si registrano le puntate del quiz di Rai1 condotto da Pino Insegno
All’ombra dello stadio Maradona di Napoli, nel quartiere Fuorigrotta, c’è lo storico Centro di produzione Rai. Tra corridoi arredati con foto dei personaggi famosi che qui sono passati negli anni, spingendo una porta antincendio si entra nel coloratissimo mondo di “Reazione a catena”. È ora di pranzo e il pubblico comincia a prendere posto. Anche i concorrenti dietro le loro postazioni prendono confidenza con il pulsantone da schiacciare a ogni risposta.
Di nuovo fuori, nel labirinto del corridoio, si arriva alle sale “trucco e parrucco”. Ecco il conduttore Pino Insegno sotto le mani del fido parrucchiere Giuseppe. Si conoscono da quando, 14 anni fa, Pino (per gli amici, “Pinuccio”) arrivò qui a condurre proprio il gioco di Rai1. «Stavo meglio con il pizzetto?» domanda Insegno, avendo iniziato il programma lo scorso giugno con un diverso look. Da quattro mesi le sue giornate napoletane hanno lo stesso ritmo: arrivo in mattinata, caffè e cornetto al bar, qualche chiacchiera con gli autori sugli ascolti, panino e spremuta da portar via per la pausa (ogni giorno si registrano un paio di puntate), trucco e parrucco. Le casse altoparlanti per la musica in ogni stanza le ha portate lui, che si dichiara appassionatissimo: «La playlist cambia ogni giorno: rock, heavy metal, musica italiana e tante colonne sonore di cui sono un grande collezionista, a casa ne ho più di 14 mila».
Dietro le quinte
Nel frattempo le squadre, dopo le prove dei costumi, si preparano a giocare. «Con i concorrenti facciamo prima un colloquio telefonico, poi li incontriamo nei centri di produzione Rai sparsi per l’Italia e quando arrivano qui vengono istruiti dagli autori per capire bene il meccanismo del gioco» spiega Tonino Quinti, il capoprogetto, autore di “Reazione a catena” dalla prima ora. Racconta che c’è «una liturgia del gioco che non è mai cambiata» di edizione in edizione. Vengono fatte solo piccole modifiche: quest’anno c’è il jolly da utilizzare nella fase finale.
Qui ci si diverte con la lingua italiana e tocca a una decina di autori selezionare le parole e scrivere le domande. «Negli ultimi due anni abbiamo fatto sviluppare un software per gestire la scrittura» spiega Stefano Santucci, altro autore “senior” nonché tra gli ideatori del programma. «Se un autore scrive una parola lo schermo si illumina e mostra quando è già apparsa e con quali abbinamenti. Non puoi sempre abbinare, per esempio, “mare” e “spiaggia”».
Intanto sono le 13.30 e Pino Insegno, con il suo classico completo azzurro, entra in studio. Che il gioco cominci. Giusto il tempo di confessare: «Non so mai qual è “L’ultima parola” finale. Mi piace riservarmi la sorpresa. Succede anche quando doppio un film giallo: a volte non so chi è l’assassino!».