Dal 31 ottobre Flavio Insinna sarà nuovamente alla guida del quiz di Rai1
Quante volte guardando “L’eredità” ci siamo chiesti: «Che domanda difficile, chissà chi l’ha preparata?». Oppure: «Ma come si fa a sbagliare una cosa così facile?» quando, con un pizzico di cattiveria, abbiamo commentato qualche incredibile strafalcione dei concorrenti. Per rispondere a queste domande, nell’attesa di tornare a giocare anche noi da casa con “L’eredità” (da lunedì 31 ottobre su Rai1), abbiamo parlato con Flavio De Giovanni, curatore editoriale di Banijay Italia, la società che produce il programma. E abbiamo scoperto per esempio che, nonostante la trasmissione sia arrivata già alla 21ª edizione, sono ancora circa 2.500 le domande di aspiranti concorrenti che arrivano ogni mese. Ma i segreti di “L’eredità” sono molti altri!
Come vengono scelti i concorrenti che giocano nel programma?
«Chi chiede di partecipare lascia il suo recapito. Successivamente viene ricontattato per sostenere un colloquio e svolgere un test di cultura generale».
In cosa consiste il test?
«In una cinquantina di domande scritte. Una volta superato questo, e considerato soddisfacente il colloquio, si viene convocati come concorrenti».
Chi si occupa della selezione?
«Una decina di persone tra autori e redattori».
I redattori che si occupano del casting sono gli stessi che preparano le domande per i giochi?
«No. Alle domande lavora un’altra trentina di persone. Ogni domanda viene sottoposta a due livelli di verifica per essere scritta in maniera adatta al gioco e per accertare che possa essere davvero utilizzata. Nelle domande a risposta multipla, per esempio, dobbiamo essere sicuri che le opzioni sbagliate siano davvero tali».
Come nascono le domande?
«Nei modi più disparati: l’ispirazione nasce dai giornali, dai libri, da Internet. In quest’ultimo caso, però, dobbiamo andare a cercare ulteriori fonti affidabili. Per una domanda consultiamo anche quattro o cinque testi. Primo, fra tutti, l’enciclopedia Treccani che, con tutto il rispetto, è più affidabile di un blog. In ogni caso, utilizziamo sempre le fonti più adeguate. Se abbiamo una domanda su Damiano dei Måneskin, chiamiamo il suo agente per verificare la correttezza della risposta».
La Ghigliottina è il gioco simbolo del programma: chi la prepara?
«Se ne occupano solo gli autori che lavorano più strettamente a contatto con Flavio Insinna. Anche lì è necessario un lavoro di verifica perché solo una parola deve essere la soluzione possibile».
Com’è possibile che alcuni concorrenti commettano degli errori a dir poco surreali?
«È un mistero anche per noi. Il più delle volte è colpa dell’emozione. C’è persino chi, nel mezzo della puntata, fatica a capire il meccanismo del gioco. Flavio si spende molto prima dell’inizio della registrazione per spiegare come funziona, ma a volte non basta. L’emozione è capace di giocare scherzi incredibili».
Flavio Insinna: «Torno a farvi compagnia»
La speranza, dice Flavio Insinna, è sempre la stessa: «Riuscire a regalare un'ora di serenità o anche solo un sorriso a chi guarda “L’eredità” alla fine di giornate che diventano sempre più difficili. Può servire? Non lo so, ma noi ci proviamo».
Nelle ultime edizioni avete dovuto affrontare un’attualità fatta di pandemia prima e poi pure di guerra.
«E ora anche la povertà. Ho letto l'ultimo rapporto della Caritas: in Italia ci sono sei milioni di persone che vivono in povertà assoluta. Stiamo vivendo in un mondo a pezzi. Se solo qualche anno fa mi avessero detto che ci saremmo incamminati su questa discesa verticale, non ci avrei creduto».
Come diceva, però, programmi come “L’eredità” riescono a distrarci un po’ dai pro-
blemi. In questa nuova edizione vedremo anche due giochi nuovi.
«“Chi, come, cosa” e “La stoccata”. In questi giorni con gli autori ci stiamo giocando tra di noi. È un po’ come la “prima della prima” a teatro. C’è quella sana adrenalina, l’ansia del debutto perché anche se il programma viene da anni di successi nessuno di noi dà niente per scontato. Per fortuna, però, ancora non andiamo in onda e già arrivano mail e lettere dei telespettatori».
Che cosa le scrivono esattamente?
«Mi dicono che sentono la nostra mancanza e non vedono l'ora che torniamo. In frasi come "Mi fai tanta compagnia" o "Tu ceni a casa mia" c'è un senso di accoglienza, c'è il ritrovarsi nonostante i problemi. Sono parole che danno un senso a quello che facciamo. E poi già parlare di cena significa avere qualcosa da mangiare...»
Giochiamo con il titolo del programma: se dovesse inaspettatamente ricevere un'eredità milionaria cosa farebbe?
«Mi organizzerei per potenziare dei progetti di solidarietà che già ho e cercherei di creare posti di lavoro, perché in quello c'è la dignità della persona. Occasioni nella ricerca, nella sanità pubblica. Poi, magari, qualcosina mi piacerebbe metterlo da parte, visto che anche io mi sto avvicinando all'età della pensione (ride)».