Stefano Nazzi presenta il ciclo crime “Delitti in famiglia”

Il giornalista, voce del popolare podcast "Indagini", è il conduttore del documentario crime sul dramma degli omicidi commessi in famiglia

26 Ottobre 2023 alle 18:04

«Non mi disturba, sono in fase di registrazione del podcast!» ci dice appena lo raggiungiamo al telefono, tra una pausa e l’altra, il giornalista Stefano Nazzi ci racconta il programma “Delitti in famiglia", scritto da Bianca Rondolino. Il primo documentario del ciclo crime, con la regia di Lorenzo De Alexandris, parte il 26 ottobre su Rai2 con il caso di Melania Rea.

Autore del libro "Il volto del male", molti riconosceranno la sua voce: nell'ultimo anno è diventato molto popolare per il podcast "Indagini", una produzione de "Il Post" che esce all'inizio di ogni mese e approfondisce i casi di cronaca nera («Per ora italiani, ma stiamo pensando anche all'estero») con uno stile pulito, senza troppe spettacolarizzazioni.

Questa è la sua prima volta in tv?
«Si, di fatto sì».

Dopo aver ascoltato tanto la sua voce, la vediamo finalmente sul piccolo schermo con il primo documentario del ciclo crime “Delitti in famiglia”.
«Il mio compito sarà quello di introdurre la storia e intervenire spiegando quello che sta accadendo: ci saranno delle testimonianze, interviste e filmati video originali dei sopralluoghi su tre delitti commessi all’interno della famiglia».

Sono aumentati in Italia?
«Ormai da anni la percentuale dei delitti commessi in famiglia rimane stabile, ma rappresenta quasi il 50% di tutti gli omicidi in Italia. Le vittime sono prevalentemente donne».

Il primo episodio è sul caso di Melania Rea, interverrà anche la mamma .
«Aveva parlato ai tempi, adesso viene intervistata raccontando la storia. C’è una verità giudiziaria in questo caso: il marito Salvatore Parolisi si è sempre dichiarato innocente, ma è stato condannato in via definitiva».

C’è qualcosa che l’ha colpita di questa storia?
«È una considerazione: quando avvenne il delitto, nel 2011, non si usava il termine femminicidio, mentre ora possiamo chiamarlo così, ha tutti gli elementi per esserlo. C’è un marito che considera la moglie ormai un ostacolo e, invece di affrontare la situazione, la elimina nella maniera più orrenda possibile».

Su questa storia, la televisione che impatto ha avuto? 
«Pensiamo solo al fatto che Parolisi non rispondeva ai magistrati però rilasciava dichiarazioni in tv, è un caso unico».

Più in generale, crede che sia un mezzo in grado di influenzare il corso delle indagini?
«No, è che la televisione ha tempi diversi rispetto alla realtà, molto più lunghi e complicati. Spesso in tv si ha la tendenza a cercare subito la soluzione, il colpevole».

Quali sono le altre storie che verranno trattate?
«Ci sarà il caso di Lorys Stival, dove l'imputata dell'omicidio è la madre Veronica e poi il caso di Ferdinando Carretta. Sono quei delitti che noi riusciamo meno a comprendere, perché li consideriamo contro natura, riuscire a capire che cosa accada in questi casi è impossibile».

Parlando di casi difficili da comprendere, ce n'è uno che l’ha particolarmente colpita?
«Quello delle Bestie di Satana, una storia assolutamente incomprensibile. C’è sempre stato il vuoto assoluto, non si è mai capito perché loro agissero in quel modo».

È riuscito a trasferire il suo stile anche in questa esperienza televisiva? 
«Sarà la gente a decidere, cerco sempre di non perdermi in giudizi, perché non è il mio compito, ma solo di raccontare una storia mettendo insieme i fatti e lasciar parlare le ricostruzioni di quello che è avvenuto».

È sempre stato appassionato di cronaca nera?
«Ho lavorato in diversi giornali, dal 2005 ho iniziato ad occuparmi di cronaca».

E ora sta avendo molto successo con “Indagini”, il podcast de "Il Post" dove esamina e approfondisce delitti più o meno conosciuti avvenuti in Italia. Si è chiesto il perché di questo successo?
«Cerco di spiegare tutto, di non indugiare sulla spettacolarizzazione di un fatto, ma attenendomi ai fatti e credo che questo sia stato apprezzato».

Il complimento che le ha fatto più piacere?
«Una lettera che mi è arrivata dal Pubblico Ministero che sostenne l'accusa contro Erika De Nardo e Omar Favaro nel delitto di Novi Ligure: mi ha ringraziato perché ero riuscito a raccontare quella storia senza indulgere in giudizi che non c’entravano nulla».

Tornando al podcast, ho letto una cosa divertente su di lei: è vero che le chiedono di fare gli auguri con la sua voce riprendendo l’incipit di “Indagini”?
«Succede ancora! Quando dici di sì a una persona, poi ti senti in colpa a dire no a un’altra! Quindi, ormai è una sequenza continua di audio per gli auguri di compleanno, ma soprattutto i complimenti per le lauree (sorride)».

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