«Storie in divisa»: vi raccontiamo la dura vita dei Carabinieri

Le telecamere di Canale 5 entrano in una caserma dell’Arma per svelare i rischi quotidiani di chi combatte il crimine

16 Giugno 2017 alle 16:25

Ricevono 17 mila richieste di aiuto al giorno, e sempre ogni giorno fanno 12 mila interventi. Ma come vivono la loro attività quotidiana i Carabinieri? Per scoprirlo gli autori di «Storie in divisa» (da martedì 20 giugno, alle ore 23.10 su Canale 5) sono andati a filmarli, per quasi tre mesi, in una delle 4.643 stazioni d’Italia: per la precisione quella di Rho, nella periferia nord-ovest di Milano. Ne è nata una docu-serie che mostra quel che non si era mai visto prima: le riunioni operative, gli incontri con i cittadini e gli interventi sul territorio tra controlli, inseguimenti e arresti. Ma anche il lato più umano, tra speranze e delusioni, alla scoperta dei motivi più profondi che spingono chi entra nell’Arma a indossare ogni giorno la divisa.

L’apripista

Nel racconto corale emergono alcuni volti e storie che restano più impressi, come quella del maresciallo Alice Tagliaferro. «Mi sono laureata in Tecniche di laboratorio e quindi il mio sogno era di entrare nel Ris, il reparto di investigazioni scientifiche. Ma ora mi trovo bene qui, a contatto con la gente. La cosa più bella è rendersi conto di essere d’aiuto a qualcuno. Mi capita spesso di occuparmi di donne e bambini maltrattati e quando riesco a migliorare la loro vita... beh, quella è la soddisfazione che ti manda avanti. La cosa più dolorosa? Senza dubbio parlare con i familiari delle vittime». 

Tagliaferro è una delle prime donne carabiniere d’Italia. «Sì, a volte mi guardano con curiosità, come a dire: “Ma come mai ha quella divisa”? Si vede che qualcuno si deve ancora abituare, e benché le prime donne siano entrate nell’arma nel 2002, anche io spero di fare da apripista. Con i colleghi invece non ho mai avuto problemi, sono una di loro. Semmai a scombussolarmi un po’ è stato l’impatto con la città: vengo da un paesino dell’isola d’Elba e all’inizio ho dovuto ambientarmi. Per fortuna i colleghi più anziani sono sempre pronti ad aiutarmi».

Spirito di sacrificio

Alla guida della compagnia di Rho c’è il comandante Simone Musella, anche lui nuovo del posto: infatti arriva da Napoli. «Ma per noi ufficiali è normale, veniamo trasferiti spesso. Fa parte dei sacrifici che impone il lavoro. La soddisfazione, invece, è quella di contribuire alla vita di tutta la comunità, incontrare gente di ogni tipo che ti chiede aiuto ed è riconoscente all’Arma».

Si dice spesso che non ci sarebbero abbastanza forze dell’ordine, che per le strade si vorrebbero vedere più divise... qual è il punto di vista degli interessati? La risposta è diplomatica: «Diciamo che, considerando l’amplissima gamma di interventi che ci troviamo a gestire, la sensazione che non si sia mai abbastanza numerosi un po’ c’è. Però la nostra stazione è ben fornita e soprattutto sono fiero della professionalità dei miei uomini».

Consigli utili

Nel programma si vedono spesso i militari intervenire sulla scena di furti in appartamento, e la mente corre alle recenti discussioni sulla legittima difesa e l’uso delle armi contro i ladri. Anche qui, qual è il punto di vista dei professionisti? «Personalmente non consiglio di tenere un’arma in casa. Ci sono modi migliori per proteggersi dai furti» dice Musella. «Il più importante è il buon vicinato: fare squadra, dare l’allarme se si notano movimenti o persone sospette. Anche contro le truffe in casa, purtroppo numerose, la prevenzione è importante quanto la repressione. Per questo organizziamo incontri nei centri culturali e per anziani. La regola più importante? Prima di far entrare qualcuno in casa, anche se ha una divisa, chiamate il 112. Se è un truffatore, se la darà subito a gambe».

Seguici