In una puntata del nuovo "Ulisse", che riparte da una Roma inedita per cinque entusiasmanti appuntamenti
Che mondo lasceremo ai nostri figli? Per parlare di questo argomento, niente di meglio dell’incontro tra un padre e un figlio che hanno fatto la storia della divulgazione scientifica in Italia: Piero e Alberto Angela.
Avverrà nella quinta e ultima puntata di “Ulisse”, a coronamento di una nuova stagione davvero eccezionale... anche per le difficoltà di realizzarla in epoca Covid.
"Ulisse": cinque appuntamenti da non perdere
Ecco come Alberto Angela racconta la nuova stagione di “Ulisse”, puntata per puntata:
- «Partiremo il 21 aprile, il giorno del compleanno di Roma, con un viaggio tra le sette meraviglie della città antica. Tra queste, il Mausoleo di Augusto, una struttura gigantesca a due passi da via del Corso, appena riaperta al pubblico dopo un restauro durato 14 anni».
- «Poi racconteremo la storia di EnricoVIII e Anna Bolena, scoprendo sorprendenti richiami al presente: anche loro erano separati da una epidemia che li tenne lontani a lungo e a Roma sono conservate le lettere che si scrissero. Enrico è anche un triste simbolo della violenza sulle donne: ossessionato dal desiderio di un figlio maschio, fece decapitare due delle sue sei mogli. Questa puntata conterrà anche un omaggio a Gigi Proietti».
- «Nel terzo episodio parleremo degli Etruschi e della loro meravigliosa civiltà durata quasi un millennio, che ci ha lasciato tante tracce. A proposito, lo sapete che le parole “persona” e “satellite” vengono dall’etrusco? E pure il simbolo del “bluetooth” che trovate sui vostri cellulari?».
- «Il quarto appuntamento è dedicato a Francesco e Chiara d’Assisi, visti come due ragazzi ribelli del Medioevo: due sognatori che dimostrano come un singolo individuo può cambiare la storia del mondo».
- «E poi ci sarà l’ultima puntata, quella sulla Terra e sui cambiamenti ambientali, di cui parliamo qui sotto, in cui sarà ospite mio papà Piero».
L'intervista a Piero e Alberto Angela
- «Curare la natura significa curare noi stessi. E bisogna cominciare subito» -Alberto
- «Quando iniziai a parlare di sostenibilità molti non volevano ascoltare» -Piero
Sarà bello rivedervi insieme a due anni dall’ultima occasione, quando avete celebrato i 50 anni della conquista della Luna.
Alberto: «È una bella emozione».
Piero: «Sì, però sia chiaro che il programma è di Alberto. Io sarò un gradito ospite».
Insieme parlerete dei cambiamenti climatici e dei rischi del degrado ambientale. Come?
Alberto: «L’idea è di mostrare come si è sviluppata la coscienza di questi problemi e come la situazione sia diventata sempre più grave, utilizzando filmati d’epoca tratti anche dai primi programmi che mio padre dedicò al tema».
Piero: «Quando cominciai a parlare di sostenibilità, molti non volevano ascoltare. Imperava il sogno di una crescita senza limite e i dubbi venivano liquidati come ipotesi di fantascienza, puro allarmismo. Così abbiamo dimenticato ciò di cui noi italiani dovremmo essere orgogliosi: fu il Club di Roma, fondato da Aurelio Peccei, a commissionare nel 1972 il “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, una pietra miliare degli studi sull’argomento».
Com’è la situazione oggi?
Alberto: «C’è un’immagine che rende bene quanto sia delicato il sistema naturale. Se prende un mappamondo e lo avvolge con una pellicola di cellophane, ecco: quello strato è la zona dove la vita è possibile per l’uomo. E in quello strato stiamo buttando miliardi di tonnellate di rifiuti ogni anno».
Possiamo continuare così?
Alberto: «No. I nostri figli vivranno in un mondo più caldo e più arido, e dovranno adattarsi a usare meno energia e a inquinare meno. Il sistema non è più sostenibile perché le risorse naturali si stanno esaurendo. Rischiamo di fare la fine degli antichi abitanti dell’Isola di Pasqua. Per costruire case e barche tagliavano gli alberi a un ritmo maggiore di quanti ne potessero rinascere, e alla fine si sono estinti. Tra l’altro, se continuiamo così, con l’attuale declino demografico, nel 2100 gli italiani saranno solo 23 milioni».
Ci aspetta un futuro di crisi o la scienza ci verrà in aiuto?
Piero: «Il futuro non esiste. Nel senso che non è scritto. Dipenderà dalle nostre scelte. Possiamo imboccare la strada di un nuovo medioevo, o quella di un nuovo equilibrio con la natura».
Alberto: «È come con il Covid: se curiamo gli altri curiamo noi stessi, perché abbassiamo il rischio di ammalarci. Allo stesso modo, curare la natura significa curare noi stessi. E bisogna cominciare subito».
Parlerete anche dei vostri viaggi insieme. Qual è stato il più memorabile?
Alberto: «Non potrò mai dimenticare la spedizione nel Sahara nel 1982. Ci siamo avventurati in una zona grande come la Sicilia che nelle mappe risultava bianca, cioè sconosciuta (allora non c’era Google Maps, ndr). Cercavamo i resti di un’armata persiana mai ritrovata. Non ci siamo riusciti: è ancora lì da qualche parte, sepolta dalla sabbia».
Piero: «Un tempo quella era una zona verdeggiante. Ci sono iscrizioni sulle rocce che raffigurano piante ed erba».
Alberto: «È la prova di come i cambiamenti climatici possano distruggere la vita. Anche la scoperta sulle Alpi Venoste nel 1991 dell’Uomo del Similaun, soprannominato la “mummia di Ötzi”, è significativa: è stata resa possibile dal riscaldamento globale e dal ritiro dei ghiacciai... Un altro grande viaggio è stato nel 1979 su un’isola dell’Indonesia, tra gli ex cacciatori di teste. Ci siamo arrivati come facevano i viaggiatori antichi: chiedendo “uno strappo” a un cargo commerciale che andava lì una volta al mese per raccogliere lattice. Oggi c’è un volo di linea...».
Piero: «Spesso c’erano anche mia moglie e mia figlia. Erano viaggi che tenevano unita tutta la famiglia».
Scusate ma mi viene un po’ di invidia. Com’è che quando propongo io un viaggio ai miei figli, loro dicono che vogliono stare con gli amici? Mi riferisco a prima dell’emergenza Covid...
Alberto: «È che oggi il mondo è diventato più piccolo e viaggiare è più facile. Per cui, giustamente, i ragazzi si organizzano da soli. Ma immagini se potesse dire ai suoi figli: “Ho due biglietti per Marte. Che dite, ci andiamo?”. Dubito che risponderebbero di no! E questo era quello che provavo io quando papà proponeva quei viaggi pazzeschi».
Adesso comunque, con l’emergenza Covid, non si può più andare all’avventura...
Alberto: «Ma Piero lo fa ancora. Con la musica. Lo sa che tra poco uscirà il suo primo disco?».
Quando? Ci racconti tutti i dettagli!
Piero: «O no, no. Posso dire solo che sarà un disco di classici del jazz, per metà suonati da me al pianoforte e gli altri con l’amico Dino Piana, che è un po’ più giovane di me perché è del ’30 (Piero è del 1928, ndr). Ma mancano ancora dei ritocchi, quindi mi fermo qui e non aggiungo altro. Come si dice: non dire gatto se non l’hai nel sacco».