«Segni particolari: scaltra, insinuante e pronta a mordere» dice la giornalista
Le puntate di “Le Iene”, al via il 29 settembre con la nuova edizione, vengono registrate a Milano. Ma la “tana” della conduttrice Veronica Gentili è a Roma: mi dà appuntamento nel suo bar di fiducia, dove tutti la conoscono e le danno del tu, abituati a vederla fare colazione al bancone. «Sempre con un cornetto alla nutella» svela dopo aver confessato di essere «golosissima».
La deformazione professionale da giornalista emerge subito: all’inizio della nostra chiacchierata, mentre beve la sua spremuta, mi bersaglia di domande come se fosse lei a dover intervistare me. Dove ho preso la maglietta che indosso (di Greta Gerwig, la regista di “Barbie” di cui Veronica e il suo compagno sono grandi fan)? Di che cosa parla il libro che stavo leggendo mentre la aspettavo? Quanti anni ho, quando ho iniziato a scrivere su Sorrisi?
Ok, ma adesso tocca a me fare le domande. Che cosa possiamo aspettarci dalla nuova edizione di “Le Iene”?
«Sarà davvero “friccicarella”, perché oltre a “Le Iene” e a “Inside” ci sarà anche “Le Iene show”. Alterneremo interviste e approfondimenti con momenti più rilassati, quindi aspettatevi di tutto e di più».
Rispetto all’anno scorso com’è cambiato il suo approccio al programma?
«Un anno fa sentivo addosso il peso delle aspettative: passare da un talk politico come “Controcorrente” a una trasmissione così celebre e ben collaudata è stato un bel salto nel vuoto. Adesso sono meno agitata».
“Le Iene” mescola registrazioni e diretta. Quale situazione preferisce?
«Per abitudine vivo bene l’adrenalina della diretta. È un’emozione che dà assuefazione».
Dopo 34 puntate, si sente più “iena”?
«Sì. Però le iene non sono cattive: sono scaltre e insinuanti, ma non commettono cattiverie gratuite. Anche se mordono…».
In quali momenti della sua vita si è sentita iena?
«Durante le interviste ai politici: devi studiarli, stargli addosso e sì, anche mordere quando serve».
Un aneddoto da iena?
«A 18 anni avevo un’audizione al Piccolo di Milano davanti a Luca Ronconi (attore e regista teatrale scomparso nel 2015, ndr). Per sentirmi più sicura, costrinsi mia sorella a esibirsi con me. Solo che lei è timidissima, con la paura di parlare in pubblico».
Quindi è lei la belva della famiglia?
«Macché! Sono la più piccola, tra me e i miei fratelli ci sono tanti anni di differenza, quindi a casa sono sempre stata la mediatrice. Ma una mediatrice poco moderata».
In che senso?
«Fin da quando ero bambina, i miei genitori mi dicono che sono “sempre esagerata”: non dormo o dormo troppo, non mangio o mi abbuffo… Due parole che sono diventate un mantra, mi piacerebbe tatuarmele».
E quando non lavora che cosa fa?
«Leggo. Ho anche un club del libro con un gruppo di amiche: ogni mese scegliamo un titolo e ci troviamo per parlarne. Se fosse per me, passerei le giornate a leggere sul divano, con i gatti acciambellati addosso».
Quindi preferisce i gatti ai cani?
«La mia prima caratteristica è essere gattara. Lo sono fin dall’infanzia, e con l’età sto solo peggiorando (ride)! Adesso ho una coppia di fratellini di 4 anni: Palmiro e... Stipsi».
Stipsi?
«È da matti, ma mi faceva ridere l’idea di chiamare una gattina come la stitichezza, e l’ho fatto davvero».
Ha altri animali?
«No, ma spesso penso che vorrei aprire una fattoria e vivere tra cavalli e galline».
Però in passato ha dichiarato che, se non facesse questo lavoro, sarebbe una psicoanalista.
«Confermo: la psicoanalisi è la mia passione».
Un interesse particolare. Com’è nato?
«Mia sorella è psicoanalista, tanto per cominciare. A 18 anni decisi di affrontare il mio disagio adolescenziale con la psicoanalisi: l’ho fatta per tanti anni e mi ha davvero cambiato la vita».
Sui social network parla spesso di salute mentale.
«È un argomento di cui si discute solo in relazione a fatti di cronaca, per il resto è ancora un tabù. Se ammetti di andare in analisi spesso la gente ti guarda in modo strano. Ma non c’è niente di male, anzi, dovremmo tutti imparare a prenderci cura della nostra salute mentale».
Giochiamo tra giornaliste: rivolga una domanda da “iena” a sé stessa.
«Questa è una richiesta da Satana (ride)! Vediamo: “Veronica, sei diventata giornalista perché pensavi di non essere abbastanza famosa come attrice?”. Può andare come domanda?».
Mi piace, è cattivella. Ora però dovrebbe anche darsi una risposta.
«In realtà penso che siano stati proprio gli anni da attrice a rendermi la giornalista che sono oggi».