A lezione di musica dal professor Morgan

Il coach di "The Voice" ci regala una straordinaria “ora di musica”. Fra i quattro è lui quello che esprime “genio e sregolatezza” insieme.

In arte Morgan. Il suo vero nome è Marco Castoldi. Musicista, fondatore e voce dei Bluvertigo, ha pubblicato diversi album da solista. Oltre che a “The Voice”, è stato anche coach a “X Factor” e ad “Amici”  Credit: © Pigi Cipelli
30 Maggio 2019 alle 18:38

Aspettando la finale di “The Voice”, siamo stati a casa di Morgan. Fra i quattro coach è lui quello che esprime “genio e sregolatezza” insieme. Ci aspettavamo di trovarlo intento a comporre musica o a formulare strategie di gara. E invece, sollevando lo sguardo dagli occhiali rossi da lettura, dice: «Vuole che le legga un pezzo del mio nuovo libro? Sto scrivendo un trattato di musicologia. È un dialogo con due spettri alieni in cui, in sostanza, spiego cos’è la musica». Morgan inizia a leggere. E 20 minuti dopo gli chiedo...

Le dispiace se la chiamo professore e proseguiamo la lezione?
«Facciamo pure la lezione, ma tolga il professore. Io sono un “musicantore”: musicista, cantautore, attore, divulgatore. È una parola inventata da me. Creare parole nuove non è pretestuoso o presuntuoso».

Partiamo dalle basi della sua materia preferita. Cos’è la musica?
«Un’onda. Le onde sono nell’aria e l’aria è di tutti perché la respiriamo, quindi la musica è di tutti. La musica, tanto per iniziare, è un suono. Ma, per esempio, il tuono non è musica. Si sente chiaro e forte, ma non ha ritmo. Anche il rombo della moto è un suono. Ma non è musica perché non ha tono. E neanche uno spartito è musica perché non ha suono, non ha tono e non ha tempo finché non viene materialmente suonato».

Quindi la musica è suono, ritmo, tono e tempo?
«Sì, ma è solo la parte scientifica della cosa, metà della faccenda. Poi c’è la questione artistica. La musica è arte, perché si fa anche con gli arti, è simile all’artigianato: ci vuole il sudore, il corpo. È un lavoro come fare il pane. Infatti quando vado in panetteria io dico: “Mi dia due brani di pane”. Che è uguale a chiedere: “Mi dia due pezzi di pane”. Non a caso le canzoni si chiamano pezzi. Strano che all’università non si studino le canzoni. I professori sanno tutto di musica “alta”, ma sono mai entrati in un Autogrill? Lì mica si ascoltano i mottetti fiamminghi o le ballate rinascimentali. Lì sentiamo le canzoni, che sono cibo per la mente».

Anche il cinguettio degli uccelli è musica?
«No, perché gli uccellini non cantano in modo consapevole. Non è misurabile o prevedibile quanti “cip cip” stanno per fare. Il cinguettio non è una sinfonia che si esegue: non c’è l’uomo dietro».

E il silenzio?
«Il silenzio è musica perché è una pausa tra due suoni. Io amo l’album di Fabrizio De André “Non al denaro non all’amore né al cielo” proprio per gli intervalli di silenzio. Anche nell’esercito, con la tromba, si suona “Il silenzio” dedicato ai caduti. Pensi, ha solo tre note: sol, do, mi».

Sono note più versatili di altre?
«Le note sono tutte uguali, sette sorelle. Per fare un accordo, ne servono almeno tre. Con due è un bicordo. Come una famiglia: per formarla servono tre persone. In due parliamo piuttosto di coppia. E anche in famiglia (a volte) si va d’accordo».

Ripassiamo un po’ di storia: chi è stata la prima popstar?
«Cristo. Prima di lui Socrate, ma il primo di tutti è stato Omero: “Cantami, o Diva, del pelide Achille l’ira funesta...”».

Omero era un cantore, ma non un cantante.
«Nella storia il canto non si è sempre accompagnato alla musica, a volte è stato poesia: il “Canzoniere” di Petrarca, i “Canti” di Leopardi...».

Chi è pop oggi in Italia?
«Vasco? Non saprei. Si sporca POPco le mani, ha una vita ROCKcambolesca».

Quali voci la commuovono?
«Luigi Tenco, Umberto Bindi. E Lucio Battisti, perché è un puro, angelico».

Ogni tanto di qualcuno si dice: «Questo è il nuovo Battisti».
«Paragonare è sminuire entrambi: il paragonato e il paragonabile. Certe vette, vedi Battisti o i Beatles, sono irraggiungibili: se fossero imitabili, non sarebbero così grandi. E chi copia non è originale. Secondo Mogol, però, se imiti un solo cantante sei scarso, se ne imiti 15 sei un genio. Come David Bowie che ha imitato John Lennon, Elvis, Bob Dylan, Frank Sinatra... superandoli tutti».

Scelga: Michael Jackson o Prince?
«Tutti e due sono idoli che hanno negato se stessi fino alla fine: Prince si cambiava il nome, Michael Jackson la faccia. E si sono perduti. Al contrario di Jim Morrison, che voleva salvarsi. Ma il suo cuore non ha retto al resto del fisico che cercava di disintossicarsi».

Secondo lei c’è più arte in Madonna o in Lady Gaga?
«Il diastema di Madonna, cioè la distanza tra i suoi denti davanti, è un buco nero, l’abisso: un difetto trasformato nel punto più alto dell’arte attuale. Geniale».

Perché ora al cinema spopolano i film sulle vite dei cantanti, da “Bohemian Rhapsody” su Freddie Mercury a “Rocketman” su Elton John?
«Ci sono sempre stati, dall’inizio dei tempi. Quello sui Doors di Oliver Stone, “Amadeus” di Miloš Forman su Mozart».

E chi è il Mozart dei nostri tempi?
«Ha detto Morzgant?» (ride).

A “The Voice” ha insegnato qualcosa di musica a Elettra Lamborghini?
«Nulla, non ci sono riuscito. Magari leggendo questa intervista imparerà».

Cosa ha imparato da Gué Pequeno?
«A fare finta di niente».

Ravvede tracce di Beethoven in Gigi D’Alessio?
«Sì, nella propensione all’armonia. E non è un caso: si sente che Gigi ha studiato pianoforte».

Quali canzoni di Morgan studieremo tra 100 anni?
«Tutte».

Musica è anche vanità?
«Ovvio che sì: “Il suono della vanità” è il titolo di un album mio».

Seguici