Alvin: «Sull’Isola ci vuole un fisico bestiale»

Racconta a Sorrisi la sua vita da inviato in Honduras: «È impegnativo e se piove sono guai!»

7 Aprile 2022 alle 10:43

Per la quarta volta, Alvin è l’inviato di “L’isola dei famosi”. In pratica, dato che per ogni edizione del reality di Canale 5 si trasferisce in Centro America per tre mesi, è come se avesse vissuto in Honduras per quasi un anno. Ed è da lì che ci risponde quando lo chiamiamo alle otto di sera (per lui è mezzogiorno).

Alvin, in cosa ti senti un honduregno Doc?
«Nei cappelli tipici che porto. Sono una nota colorata divertente. Gli honduregni poi, vivendo in un posto caldo, sono molto tranquilli e più lenti nella gestione delle cose, in contrasto con quello che è “L’isola”, ossia frenesia e impegno. Io cerco di equilibrare questa frenesia con la loro calma. Soprattutto in diretta, quando i naufraghi si arrabbiano».

Ormai avrai messo su casa da quelle parti. Dove abiti?
«Viviamo tutti insieme in un villaggio isolato dove ci sono una serie di alloggi, uffici e sale di montaggio. Qui creiamo tutti i contenuti del reality. Siamo circa in 140, tra noi e alcune persone del posto. Contatti con l’esterno non possiamo averne, anche per via delle misure di sicurezza per il Covid. Viviamo in una bolla. E comunque, anche volendo uscire, attorno non c’è niente. Il villaggio più grande si trova a mezz’ora di auto da qui».

Il tuo alloggio è comodo?
«Diciamo che è la tipica casa locale, con il minimo indispensabile che spesso non funziona, perché salta la corrente o si intasano le fogne. È tipo un monolocale con un angolo cottura. Ho una vasca con la classica tenda in plastica che ti si appiccica addosso quando fai la doccia. E poi ci sono insetti di tutti i generi e misure: blatte, ragni, tarantole, serpenti che ti trovi davanti alla porta di casa o direttamente dentro!».

In valigia cosa hai messo?
«Mi sono portato il mio kit personale di sopravvivenza: spazzolino e detersivi, il resto me lo faccio comprare nei supermercati. Poi ho portato tutti i vestiti che uso qui. Mi sono fatto spedire quattro valigie di abiti. Me ne servono parecchi perché ho due dirette alla settimana e i day-time, anche se qualcuno lo metto più di una volta».

Oggetti che ti ricordano casa?
«Ho con me due statuine, una di mia figlia e una di mio figlio, e una tazza con la foto di noi quattro che ho messo sul comodino accanto al letto».

La tua famiglia la senti in un momento preciso della giornata?
«No, non puoi pianificare niente con l’Italia, però ci mandiamo dei video che guardiamo quando riusciamo».

E con Ilary Blasi vi sentite?
«Siamo in costante contatto, tra riunioni di scaletta via Zoom, collegamenti e prove, ma ci mandiamo anche tanti messaggini e vocali».

Mangi con i tuo colleghi o da solo quando hai tempo?
«Per essere sempre “accesi” siamo in tanti e lavoriamo in orari diversi, ogni squadra ha quindi i suoi tempi. Ci si può trovare nella mensa che abbiamo a disposizione oppure cucinare a casa. E se manca un ingrediente, si va dal vicino a chiederlo».

Qual è la dieta del perfetto inviato?
«Riso, carote e pollo. E tanta frutta come ananas, melone, anguria e soprattutto papaia, molto richiesta perché migliora la digestione visto che si mangiano poche verdure...».

Non ti senti in colpa verso i naufraghi quando hai la pancia piena mentre loro soffrono la fame?
«No, perché i ragazzi sanno quali sono le regole del programma e le hanno accettate. Però, per non farli stare male, evito di mangiare davanti a loro durante le pause. Al massimo bevo».

Il giorno della diretta, qual è la tua routine?
«Mi sveglio prima del solito, alle 5 o alle 6. Faccio colazione, lavo i denti e prendo l’elicottero per andare sull’isola dove faccio le ultime prove in collegamento con Milano. Poi c’è la puntata e dopo quattro ore di diretta rientro al villaggio, vado a cena e registro la mia voce fuoricampo per il day-time. “L’isola” è una macchina che non si ferma mai. Vado a letto all’una del mattino, ma a volte ho anche le prove per la radio che faccio in diretta con l’Italia durante il weekend, da mezzanotte alle tre del mattino».

Mi pare di capire che non ti resti molto tempo libero...
«Ogni tanto abbiamo un paio di ore libere in cui però ci si annoia. Perché magari piove e non c’è Internet. Il mare qui da noi è fangoso, abbiamo delle piscine che ogni tanto sfruttiamo per un’oretta. Però abbiamo fatto costruire dai nostri falegnami un canestro, così abbiamo un mini campetto da basket, seppur con qualche crepa sul cemento, e un pallone. Stiamo cercando di creare un gruppetto di persone per giocare, anche se finora non ci siamo riusciti».

Come si dice: «Mens sana in corpore sano». Fare sport ti aiuta a mantenere i nervi saldi?
«Sono un tipo molto sportivo, gioco in una squadra di basket e anche durante il lockdown mi allenavo a casa. Credo che il corpo sia il tempio dell’anima e come tale vada curato».

Invece mentalmente come ti sei preparato per questa avventura?
«L’allenamento fisico ti permette di familiarizzare con le difficoltà che qui sono tante. Sei sotto pressione da tutti i punti di vista. Siamo in una condizione spesso critica per via dei nubifragi: giorni fa ci hanno costretti a prelevare i naufraghi dall’isola. Ma se le condizioni sono critiche per loro, lo sono anche per noi che lavoriamo con il maltempo. Sei sempre sottoposto a condizioni estreme. Devi essere pronto a superare le avversità e far arrivare a Milano quello che accade qui, nonostante la distanza e le otto ore di fuso che spesso ci costringono di notte a interrompere il sonno».

Altro che flemma honduregna...
«In realtà ho fatto mia la loro filosofia di vita. Davanti alle difficoltà dicono: “Va bene, in qualche modo risolveremo il problema, ce la faremo”. Devi essere elastico e saperti adattare. Ora però vado a mangiare, che è mezzogiorno passato e sono affamato!».

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