“Amici”, Samuele: un perfezionista fino allo sfinimento

Si può dire che sia perfezionista allo sfinimento, forse perché le sue aspirazioni mirano in alto e il suo ideale di arte è altissimo

Samuele Barbetta
7 Maggio 2021 alle 12:31

Di Samuele Barbetta, 24 anni, ex allievo di “Amici” si può dire che sia perfezionista allo sfinimento, forse perché del segno della Vergine (è nato il 3 settembre) o forse perché le sue aspirazioni mirano in alto e il suo ideale di arte è altissimo.

Nel programma di Maria De Filippi dove ha trascorso gli ultimi sei mesi è passato per quello introverso. Magari perché è un ragazzo che riflette molto prima di parlare, «mi piace viaggiare con la mente» dice. Il gruppo di ballo che Samuele gestisce in Veneto l'ha chiamato “De Anima” riferendosi ai concetti del filosofo greco Platone, perché «tutto quello che vogliamo viene dall'anima». Ma poi come portafortuna si è portato nella casetta di “Amici” il primo libro della saga “Harry Potter”.

Samuele, da dove arrivi?
«Io parto da Padova, anzi da un paesino che si chiama Vighizzolo d'Este, davvero piccolissimo, tipo 800 abitanti, super tranquillo, ci si vive bene».

Come hai cominciato a ballare?
«Avevo 12 anni e facevo calcio. A quell'epoca insieme a mia cugina Chiara, che ha la mia stessa età, abbiamo visto “Step Up”, il film che raccontava l'hip hop e la danza di strada. Ci siamo follemente innamorati del film e ci siamo iscritti a un corso di ballo in un paese vicino».

Tua cugina balla ancora?
«No, non balla più, ma è con lei che ho ballato i primi anni e ho fatto le prime esibizioni e gare. Era una scuola molto piccola che ci ha fatto crescere, ci siamo stati quattro anni. All'inizio il ballo mi occupava due giorni a settimana, poi ho cominciato a capire che era qualcosa di serio e volevo dedicarmi a questo. Ma fino a 19 anni ero molto confuso».

Indeciso sul futuro?
«Nei mesi successivi alla maturità non sapevo cosa fare della mia vita. Ho cercato di trovarmi un lavoretto, ho fatto il cameriere e il pizzaiolo, ma non ero proprio portato. Come cameriere mi hanno licenziato perché ero troppo lento ed ero ancora nel periodo di prova da pizzaiolo quando mi hanno detto: “Guarda non sei capace”».

Come ti sei chiarito le idee?
«Ho provato a fare l'università in modo fallimentare. Volevo fare qualcosa legato al mondo dell'arte e mi sono iscritto al Dams a Padova, ho dato un esame e l'ho passato senza studiare, ma poi ho mollato, stavo perdendo tempo. Da quell'anno lì ho cominciato a dedicare tutto il tempo all'allenamento e alla scoperta di me stesso nel mondo della danza».

Solo hip hop?
«L'hip hop mi ha folgorato all'inizio e così ho studiato bene tanti aspetti di quel mondo. Poi mi sono appassionato a tutti gli stili. Io adoro tutte le forme di danza, anche fare lezione di classico ad “Amici” è stato fighissimo, non ho avuto modo di approfondire per questioni di tempo».

Cosa hai fatto prima di “Amici”?
«Fino a 19 anni ho studiato in un'altra scuola di danza a Padova e poi in tanti posti diversi con insegnanti che venivano da tante parti del mondo».

Di tanti stage e corsi ce n'è uno che ricordi più di altri?
«La lezione in cui Michael, uno dei miei maestri più cari, fece un discorso che parlava di quanto fosse importante sapere esattamente dove volevamo arrivare, ci parlò della sua “lista degli obiettivi”. Mi sono innamorato follemente di quella cosa e anch'io ho fatto la mia “lista” e sono riuscito a sbarrare quasi tutto. Ci avevo messo anche “entrare ad Amici”, una cosa incredibile».

I tuoi genitori che dicevano?
«Ricordo un giorno che ero molto sconfortato, mi dicevo: “Devo fare qualcosa, non posso guadagnare 30 euro al mese dando lezioni di ballo”. Mia mamma venne da me e mi disse: “Abbi fiducia, vedrai che arriveranno delle soddisfazioni”. Dopo quella frase ho messo a fuoco il mio obiettivo. Anche mio papà mi ha sempre sostenuto, mi ha accompagnato ovunque e mi ha dato i soldi che mi servivano».

A tua mamma hai dedicato l'accesso ad “Amici”.
«Quando ho cominciato a creare piccole coreografie sin da subito ero spostato più sul tasto malinconico che su quello felice, anche se l'hip hop è una danza sociale e felice, e mia mamma mi diceva: “Fai sempre cose tristi, posso vederti sorridere quando balli ogni tanto?”».

E così hai ballato su un brano di Frank Sinatra.
«Nel primo provino di “Amici” avevo fatto una coreografia malinconica e triste, Marcello (Sacchetta, ndr) che faceva i casting mi ha fatto i complimenti, ma mi ha lanciato una frecciatina: “Non pensi che sia più facile colpire la gente con cose tristi piuttosto che farla ridere?”. Al secondo provino mi sono detto: “Adesso mi tocca fare qualcosa di più ironico” e ho creato questa coreografia. All'inizio pensavo fosse inguardabile, non mi ero mai cimentato con qualcosa di ironico e teatrale».

Dici spesso: «Faccio fatica a essere contento delle cose». Carattere o ambizione?
«Ambizione, in senso buono. Se posso aver la soddisfazione di qualcosa, se non è una soddisfazione talmente grande da rimuovermi il cuore, è difficile che io sia contento. Ho il terrore di rimanere nella media. Per me se risulti mediocre è peggio della sconfitta o del fallimento. Credo non ci sia nulla di peggio ».

Sei così anche con gli altri?
«Dipende con chi mi trovo a lavorare. Nel gruppo che coreografo e gestisco, sono molto esigente senza essere severo, con gli amici stretti e le persone che mi conoscono mi permetto di esserlo. Se mi ritrovo a lavorare con persone con cui non ho confidenza, lo sono meno».

La volta che sei stato veramente soddisfatto?
«Ad “Amici” sono stato soddisfatto quasi di tutto. Anche se la coreografia su van Gogh mi ha fatto soffrire tanto e ho trovato molta difficoltà nel farla e nell'ultimo periodo molte altre cose non sono riuscito a portarle in scena perché mi mancavano le idee».

Quanto ti è pesato stare isolato per tanti mesi?
«Mi è mancato avere degli stimoli, nell'ultimo periodo ero molto giù e mi sentivo molto in colpa per non riuscire a trovare stimoli e idee, non mi era mai capitato».

Hai dedicato la coreografia su Van Gogh alla tua fidanzata Claudia.
«Sì, lei balla con me, fa parte del mio gruppo».

Sei diventato una celebrità nel gruppo?
«Non credo, i ragazzi sono tutti miei amici, credo che sarà un continuo essere preso in giro, ma anche quello mi è mancato».

Ti piace quando ti definiscono “artista”?
«A volte la parola artista è usata in maniera spropositata. Mi piace pensare agli artisti come quelli che riescono a trasformare ciò che vivono e che vedono in modo efficace e poetico così da arrivare al cuore delle persone e da emozionare».

Cosa farai ora?
«Prima devo fare un po' di “riabilitazione” verso il mondo, lavorerò con il mio gruppo, insieme creiamo tante cose, anche gli altri oltre a essere dei ballerini hanno voglia di creare».

La tua insegnante, Veronica Peparini, ti ha offerto una collaborazione?
«Lei direttamente no. Ma Giuliano Peparini quando è venuto in trasmissione mi ha detto “potremmo fare delle belle cose insieme” e mi ha fatto molto piacere. Ho passato tanto tempo in sala con Andreas Müller e, quando ha detto che gli piacerebbe lavorare con me, mi ha steso».

Chi vincerà “Amici”?
«Secondo me Giulia. Anche se dal primo provino, appena ho visto entrare Sangiovanni, ho pensato: “Questo vince Amici!”. Penso che lui sia fortissimo, parla di cose di cui serve parlare, ha molto coraggio sia dal punto di vista musicale sia dal punto di vista umano, non ha pura di niente».

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