Bruno Barbieri: «Ecco come scelgo i vestiti per “Masterchef”»

Pronto per la partenza dello show su Sky Uno, posa solo per Sorrisi nell’atelier del suo stilista

Bruno Barbieri  Credit: © Marco Piraccini/Mondadori Portfolio
13 Dicembre 2021 alle 09:00

Incontriamo Bruno Barbieri, giudice di “MasterChef Italia” dalla prima edizione (era il 2011), a Modena, in un contesto speciale: siamo nello showroom di Gabriele Pasini, che realizza per lui i vestiti colorati, scozzesi, rigati (sempre un po’ pazzi) che gli vediamo addosso da 10 anni a questa parte.

Nel centro di Modena

È un giorno d’autunno, il fotografo e io partiamo in auto da Milano poco dopo l’alba, arriviamo a Modena verso le 10 e ci ambientiamo: lo showroom è strabiliante, pieno di oggetti antichi e contemporanei, con porzioni di tessuto appese alle pareti, foto d’ispirazione e bozzetti di collezioni in lavorazione. Gabriele Pasini ci offre un caffè e inizia a raccontare questa amicizia con lo chef più noto della tv, che dura da tanto tempo. «Conosco Bruno da 28 anni, da quando frequentava il mio negozio qui in città, dove vendevo abiti da uomo ricercati, non troppo classici». Che i due vadano d’accordo già lo si può immaginare: Gabriele è simpatico, molto alla mano e oggi è vestito tutto di nero (maglione ampio, pantaloni Cargo, stivali tipo anfibi). «Per ogni stagione di “MasterChef” con Bruno pensiamo a dieci completi legati da un tema unico» dice Pasini. Poco dopo arriva lo chef Barbieri, accompagnato da quattro completi scelti tra il suo ricchissimo archivio: «Forse ho bisogno di due case per mettere dentro tutto. Io farò come la Carrà che a Roma aveva un enorme guardaroba a parte» confessa. I look da lui portati sono “famosi”, perché indossati in diverse stagioni di “MasterChef”, tre del passato e uno… beh, per Sorrisi uno è un’anticipazione degli abiti che indosserà questa stagione, la 11a, in onda dal 16 dicembre su Sky Uno.

Arriva il cambio d'abito

«Io sono così, un po’ eccentrico da sempre, dentro e fuori il set. Con Gabriele ci siamo intesi subito, da buoni emiliano-romagnoli siamo diventati amici e non ci siamo più lasciati! Facciamo ricerca nei tessuti, nelle camicie, negli oggetti. Un grande chef ha bisogno di definirsi in modo preciso. E poi mi va bene perché, lo sai, gli altri due, Locatelli e Cannavacciuolo, sono un po’ “impiegati di banca” (ride), si vestono in modo raffinato ma tradizionale». Questo è innegabile: Barbieri spicca nella scelta dei vestiti. «Mi piace il gioco che si crea prima e dopo ogni puntata anche sui social, dove i miei follower scrivono: “Chissà cosa porterà oggi”. E poi: “Ha rubato le tende della nonna”, “le tovaglie di campagna”… Credo di aver trasformato un po’ il programma, da strettamente di cucina a un’operazione inclusiva anche solo a livello cromatico!». Intanto il clima si è scaldato, il team ha iniziato a conoscersi e lo chef Barbieri va a cambiarsi, indossando il primo completo, un gessato su base blu rivisitato con righe verdi e rosso cupo. «Sa che questa era chiamata la stoffa del diavolo?» dice Gabriele Pasini. «Le righe nel Medioevo erano portate da chi era fuori dagli schemi, carcerati inclusi». Barbieri ascolta chiudendosi i bottoni del panciotto: «Che non manca mai, mi piace e poi aiuta a nascondere un po’ la pancetta».

Niente è lasciato al caso

«Il blu è uno dei miei colori preferiti, insieme al rosso acceso. Ma ho anche io delle strategie: nei “pressure test”, le prove in esterna più difficili, dove si cucina in poco tempo o con pochi ingredienti, sono sempre vestito di nero o di un colore molto scuro. In puntata invece mi sbizzarrisco!». Tra una chiacchiera e l’altra Barbieri si fa fotografare nei tanti angoli dello showroom. Poi arriva il secondo cambio, e lo chef sceglie il completo scozzese nei toni del blu e del marrone: «Adoro le trame a scacchi, adoro anche mescolare colori diversi. Non ho praticamente limiti. Ho lanciato righe, tartan e scozzesi, ma quest’anno, vedrete, punto sul monocolore, ovviamente in versione estrema. Mi diverto sempre! Anche quando non ero così conosciuto avevo questa passione: alla fine degli Anni 80 andai in California, in Napa Valley, dove gli chef non si vestivano in modo classico, giacca bianca e pantaloni sale e pepe come in Italia. Io ho importato i pantaloni disegnati con la verdura e la frutta, le scarpe rosse…».

Fucsia è il colore giusto

I suoi compagni giudici le dicono qualcosa? «Ridiamo un sacco, con Cannavacciuolo e Locatelli. Io e Antonino siamo molto legati, lui è napoletano, io bolognese, sono un po’ il meridionale del nord: noi stiamo sempre a far casino. Giorgio ha il ruolo dell’avvocato, quello un po’ rompiscatole… È giusto per il programma (l’ho suggerito io, eh, come terzo giudice, diciamolo…) perché ha quell’italianità e il rigore inglese che era necessario tra me e Antonino. Sul set ci divertiamo proprio». Intanto è arrivato il momento di un altro cambio, e Barbieri agguanta con decisione quello che ama di più: il vestito in velluto fucsia che ha portato alla finale della scorsa edizione. È fiero di questa scelta: «Quando sono uscito dal camerino, nessuno sapeva che volevo mettere un abito di un colore così intenso. Il regista mi ha visto e ha detto: “Ora posso andare a casa”». Nel senso che era troppo? «No, nel senso che la puntata era già a metà strada, con una scelta così evidente ». Da tenere presente, le scarpe: pantofole in velluto nero con le sue iniziali ricamate in filo color oro.

I progetti non sono finiti

«Io sono così, come vedi. Non mancano gli occhiali, sempre di marca Moscot, rossi, gialli, blu, li abbino ai vestiti. Conservo molto di quello che porto ma non tutto: dono qualcosa in beneficenza. All’associazione “Ant” che aiuta i malati oncologici ho dato la giacca che ho usato nell’incontro privato tra papa Giovanni Paolo II e il Presidente della Repubblica Cossiga». E ora il gran finale, il vestito rosso che vedremo in una serata dell’edizione che sta per iniziare: Barbieri scherza, sceglie un foulard e un paio di scarpe a effetto pitone, per poi ripiegare sul look che vedete nella foto. «Quest’anno troverete un “MasterChef” diverso, giochiamo con gente di tutto il mondo, saremo multietnici perché la gastronomia è contaminazione, essere curiosi aiuta molto. L’Italia sta cambiando: l’arrivo di persone da altri Paesi è creativo per la cucina, le persone si avvicinano anche a tavola». Si ferma un attimo: «Vuole un consiglio per un ristorante pazzesco? Liza, a Parigi, nel 2° arrondissement: cucina libanese che adoro, un mix di cultura francese, inglese, del basso mediterraneo, il mondo arabo e Israele». Si riposa mai, lei? «Dopo la scorsa edizione ho girato l’Europa per 10 mila km, a cercare idee, cibi, culture.

Seguici