Giancarlo Magalli è la voce del reality Il collegio: «Vi mostriamo cos’era il ’68»

Il 12 febbraio in prima serata su Raidue è partita la terza stagione di Il collegio. È il docu-reality in cui 18 ragazzi, tra i 13 e 17 anni, si ritrovano proiettati in un’epoca che non gli appartiene e all’interno di una scuola dalle regole rigidissime

Giancarlo Magalli, voce narrante di Il collegio
14 Febbraio 2019 alle 15:05

Il 12 febbraio in prima serata su Raidue è partita la terza stagione di Il collegio. È il docu-reality in cui 18 ragazzi, tra i 13 e 17 anni, si ritrovano proiettati in un’epoca che non gli appartiene e all’interno di una scuola dalle regole rigidissime.

Questa volta siamo nel 1968, la stagione delle ribellioni studentesche. A raccontarci la loro avventura tra le mura del Collegio convitto di Celana a Caprino Bergamasco (Bergamo) sarà come sempre la voce di Giancarlo Magalli.

I ragazzi riusciranno a capire cos’è stato il ‘68?
«Sicuramente i professori gli spiegheranno le motivazioni di quei fermenti. La speranza è che riescano a capirne il senso, senza pensare che gli studenti del ‘68 fossero solo interessati a creare disordini».

Saranno in grado di adattarsi?
«Non è facile. Rinunciare al telefonino, prendere l’olio di fegato di merluzzo o accettare quel sistema educativo più duro è una cosa per pochi».

Lei nel 1968 aveva 21 anni. Cosa ricorda?
«Ero al secondo anno di università a Roma, ma fui costretto a lasciare. Ogni giorno c’erano scontri, polizia ovunque, un ragazzo morì nella facoltà di fronte alla mia. Così andai a fare il militare, ma anche lì la situazione non era migliore».

Cioè, ci spieghi meglio.
«Le proteste si allargarono. Per esempio, mi trovai ad andare in pattuglia con i carri armati durante i moti di Battipaglia. E quando la situazione si calmò per un attimo, l’Unione Sovietica invase la Cecoslovacchia. In pratica eravamo in perenne stato d’allarme...».

Invece alle superiori che studente era?
«Me la cavavo. Ho fatto il liceo classico e andavo molto bene in storia, italiano, greco e latino. Soffrivo di più in filosofia e matematica. Persi solo un anno, ma per motivi disciplinari».

Turbolento anche lei?
«Ma per ragioni diverse dai sessantottini! Mi piaceva fare scherzi sottobanco. Solo che alla fine, ahimé, mi scoprivano sempre (ride)».

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