È un vero fenomeno. Gli ascolti de “Il collegio”, il docureality prodotto da Banijay Italia, crescono a ogni puntata. Così come i contatti sui social. E chi non riesce a vederlo il martedì sera su Raidue lo recupera su RaiPlay.
Perché piaccia tanto seguire le gesta di 20 adolescenti che per un mese tornano nel 1982 vivendo e studiando relegati in un collegio, ce lo spiega Paolo Dago, curatore del programma fin dalla prima edizione. «Rispetto al format internazionale, più documentaristico, abbiamo dato spazio ai ragazzi. Questo però non vuol dire che la scuola non sia presente. Anzi. Anche se in tv non si vede molto per non appesantire il racconto, i ragazzi stanno in classe per circa cinque ore al giorno» spiega Dago.
«Si alzano alle 7.30, si vestono, fanno i letti, colazione e poi hanno lezione sia la mattina che dopo pranzo. Nel pomeriggio hanno del tempo libero per stare assieme e studiare su un sussidiario rosso che prepariamo noi fotocopiando le nozioni dai libri di terza media del 1982. Dopo cena, ogni tanto, facciamo vedere loro in tv alcuni programmi dell’epoca».
I contatti con le famiglie invece sono limitati: «Ai ragazzi è permesso sentire i genitori solo due volte al mese. Per questo alcuni mollano, anche se durante i provini si erano mostrati forti e indipendenti». Nel collegio vivono anche gli autori e i cameraman (nelle aule, in camerata e nella sala ricreativa ci sono anche telecamere fisse a infrarossi). «Noi vediamo tutto ciò che combinano, ma non facciamo mai la spia. Se il preside, i prof o i sorveglianti lo scoprono da soli, prendono provvedimenti, altrimenti no. Questo per non incrinare il rapporto di fiducia che si crea con noi» rassicura Dago.
Insomma, alla fine il programma piace proprio ai più giovani: «Questo perché mostra ragazzi veri, normali, in cui è facile immedesimarsi». “Il collegio” è promosso anche dalla psicoterapeuta Maria Rita Parsi, che suggerisce a genitori e figli di guardarlo insieme: «È educativo perché ci si confronta e si dialoga. Gli adulti possono imparare un modo di educare alternativo al loro. Gli adolescenti, vedendo come reagiscono le autorità vere quando vengono sfidate, imparano e crescono». Proprio come ci hanno confermato, nelle interviste qui sotto, alcuni collegiali di questa edizione.
Le interviste agli alunni
Asia Busciantella
Quali rinunce ti sono pesate di più? «La piastra per i capelli e il cellulare, ma stare senza è l’unico modo vero per socializzare».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Che basta veramente poco per divertirsi. E che non servono cose materiali per stare bene».
Dove e quando studiavate? «Ci capitava di studiare nella stanza ricreativa, di notte sui letti, oppure c’era anche chi, come me, non studiava affatto».
Come commentano i tuoi veri compagni e prof la tua partecipazione al programma? «I mie compagni conoscendomi sapevano già che c’era da ridere. Anche le mie prof sono molto contente ma, dopo la prima puntata, mi ripetono sempre: “Asia, l’italiano!”».
Quale buona abitudine hai preso in collegio? «Ho imparato a rifare il letto, tirando molto bene le lenzuola senza lasciare pieghe».
Questa avventura cosa ti ha fatto scoprire dei tuoi genitori? «Che aveva ragione mamma quando mi diceva che lei sapeva vivere perché passava i pomeriggi a giocare e a parlare con gli amici. A noi manca il dialogo, basta vedere a cena le coppie che guardano solo il cellulare».
Cosa riconosci di te in tv? «Asia oltre a essere una persona forte è anche molto sensibile».
Cosa ti ha insegnato questa esperienza? «A crescere, a capire che la vita non è fatta solo di piastre e cellulari. Mi ha insegnato a non giudicare mai le persone, perché dietro a ognuno di noi ci sono storie degne di essere ascoltate. Ma soprattutto, mi ha insegnato che la vita è guardare avanti sorridendo!».
Lo rifaresti? «Certo. Ho conosciuto persone straordinarie: i miei compagni sono diventati una parte fondamentale della mia vita».
Francesco Cardamone
Come hai fatto senza cellulare? «Non era una priorità. Per me è stato molto più difficile vivere senza una doccia ogni mattina o senza mangiare quello che volevo quando mi andava».
Cosa ti è pesato di più? «Non poter utilizzare deodorante e profumo. Non sapere nulla di ciò che accadeva fuori: sembrava di essere scollegati dal mondo e anche senza cibo!».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Che usare un computer era un optional. Quel Commodore 64, poi, più che un computer mi sembrava una scatoletta di fagioli. Tutto questo ci ha permesso di relazionarci in modo molto più diretto».
Dove e quando studiavate? «Non si studiava! A volte capitava che mi ritrovassi con un libro sul comodino e allora lo lasciavo lì fino al giorno dopo nella speranza che durante la notte il contenuto mi entrasse in testa. Ma sto ancora aspettando che entri!».
Come commentano i tuoi veri compagni e prof? «Quando la prof il mercoledì entra in classe la prima cosa che dice è: “Meno male che non hai detto che sei mio alunno!”. La mitica prof di latino ogni volta rimane basita per quello che faccio. Molti compagni cercano di fare i “simpatici”, ma io me ne accorgo e li allontano. Ho intorno gli amici di sempre».
Giulio Maggio
Come hai fatto a vivere senza cellulare? «Non mi è mancato molto. Credevo peggio».
Cosa ti è mancato di più? «Il mio motorino, il buon cibo, la libertà e i miei vestiti: mi sentivo goffo dentro la divisa».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Mi piacerebbe avere il confronto diretto con gli amici che si crea senza social e cellulari».
Come commentano i tuoi veri compagni e prof la tua partecipazione al programma? «I miei amici sono fieri di me e si divertono. I prof ormai mi chiamano “l’influencer”».
Questa avventura cosa ti ha fatto scoprire dei tuoi genitori? «Quanto erano belli quegli anni, pettinature a parte, e che loro si divertivano più di noi».
Quale abitudine hai preso in collegio? «Ho imparato il rispetto delle regole (forse) e a fare il nodo alla cravatta».
Vincenzo Crispino
Come hai resistito senza cellulare? «È stata dura, ma ogni tanto bisogna staccare dal cellulare perché ha rovinato un po’ tutta la nostra generazione».
Quali rinunce ti sono pesate di più? «Rinunciare alla famiglia è stato molto pesante, ma è difficile rinunciare anche ai propri vestiti, alle proprie abitudini».
Cosa hai scoperto del 1982 e che vorresti avere anche oggi? «Ho scoperto la socializzazione, cioè stare a contatto con la gente. Oggi è più dura perché con i social la gente preferisce “messaggiare” piuttosto che parlare».
Dove e quando studiavate? «Dipende, si studiava un po’ dappertutto: in sala ricreativa, oppure nel dormitorio, ci si arrangiava. A volte studiavo di notte mentre alcuni dormivano».
Come commentano i tuoi veri compagni e prof la partecipazione a “Il collegio”? «Sono tutti molto contenti. I miei amici sono gasatissimi, ma i prof dicono che a qualche domanda in più di cultura generale avrei potuto rispondere…».
Cosa riconosci di te in tv? «Il fatto di essere alla mano, sincero, generoso, spontaneo e irascibile».
Cosa ti ha insegnato questa esperienza? «Il valore delle persone, del cibo e dello stare insieme. Ho imparato a dire più “sì”. Che per avere bisogna dare. E che a ogni azione corrisponde una reazione».
Alex Djordjevic
Come hai fatto senza cellulare? «Nella vita ho passato anche mesi senza. Infatti non è stato un grande problema, se non per la musica che per me è fondamentale: meno male che ricordavo a memoria alcuni testi di canzoni trap».
Cosa ti è pesato di più? «Non poter far addormentare la mia sorellina e uscire un po’ con i miei amici».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Il taglio dei capelli. Detto sinceramente, li potrei portare anche oggi dato che non mi stavano male».
Dove e quando studiavate? «Siccome dovevamo per forza studiare, o ci mettevamo sul letto o provavamo ad andare in una stanza dove c’era meno gente. Cercavamo di studiare nei momenti un po’ più tranquilli, perché se no era impossibile».
Cosa dicono i tuoi veri professori e compagni di scuola? «Tutti i miei compagni dicono che sono stato bravo a non mollare. Invece le mie prof pensavano che sarei stato sbattuto fuori subito».
Quale abitudine hai preso in collegio? «Pensare di più prima di fare qualcosa».
Vilma D'Addario
Come hai fatto senza cellulare? «Vivere senza cellulare non è così male. Dopo un po’ non senti più molto la mancanza di Internet».
Cosa ti è pesato di più? «Sicuramente le regole legate al vestiario e ai capelli. Apparire uguale agli altri ha creato molti problemi alla mia autostima».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Alcuni dei miei gruppi preferiti in quegli anni erano fortissimi!».
Dove e quando studiavate? «Non studiavamo!».
Cosa dicono i tuoi veri professori e compagni di scuola? «A parte qualche innocente presa in giro non è cambiato nulla».
Torneresti in collegio? «Non è stato semplice, ma è un bel modo per mettersi alla prova. E poi mi mancano i compagni, i sorveglianti e alcuni insegnanti».
Cosa riconosci di te stessa quando ti guardi in tv? «Ho visto che non sono poi così insopportabile!».
Quale abitudine hai preso in collegio? «Ho assunto circa 19 accenti diversi, modi di dire, dialetti. Ogni tanto parlo con una cadenza diversa dalla mia senza accorgermene!».
Maggy Gioia
Come hai fatto a stare senza cellulare? «Come tutti i miei coetanei passo molto tempo al cellulare, ma sinceramente non ne ho sentito molto la mancanza all’interno del collegio. In questa epoca è impossibile non averlo, ma ho tanti interessi, come per esempio leggere».
Cosa ti è pesato di più? «La rinuncia più pesante è stata non poter comunicare con la mia famiglia e forse anche non poter scegliere i miei cibi preferiti».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Ho scoperto l’aerobica e i fantastici body che dovevamo indossare».
Dove e quando studiavate? «Quando mi concentro su qualcosa riesco a estraniarmi da ciò che mi circonda. Quindi non è stato un problema studiare, anche se a volte c’era troppo caos in camerata».
Cosa dicono i tuoi veri prof e compagni di scuola? «Ho iniziato la prima superiore e ho da poco nuovi amici. Non ho ricevuto particolari commenti. Ma ogni tanto qualche studente vuole farsi fotografare con me!».
Rifaresti questa esperienza? «È una domanda molto difficile. Sicuramente, dopo gli insulti e le minacce ricevuti sui social, no. Questo programma ha probabilmente lo scopo di far convivere un gruppo di ragazzi molto diversi: una missione impossibile».
Cosa riconosci di te stessa quando ti guardi in tv? «La testardaggine nel raggiungere i miei obiettivi».
Cosa ti ha insegnato questa esperienza? «Che ci sono realtà molto diverse dalla mia e forse per questo non mi sono del tutto inserita nel gruppo».
Roberta Maria Zacchero
Come hai fatto a stare senza cellulare? «È stato un disagio solo i primi giorni, poi stare senza mi ha dato modo di creare rapporti molto più veri e profondi».
Cosa ti è pesato di più? «Il mio stile mi è mancato parecchio: vestiti, trucchi e accessori sono cose che mi caratterizzano».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Mi sono innamorata delle forti emozioni per le novità. Cose a cui adesso do poco peso, ma che per quegli anni erano vere conquiste!».
Cosa dicono i tuoi veri prof e compagni di scuola? «Mi sostengono e sono felici per me! Non mi trattano in maniera diversa. Non sono tanti i professori che lo sanno, per ora, ma sono curiosi perché non conoscono il programma».
Lo rifaresti? «Sì, anche senza telecamere. Non ti capita tutti i giorni di vivere un’esperienza così vera. Mi sono messa in gioco, ho provato a migliorarmi e penso di esserci riuscita».
Cosa ti ha insegnato questa esperienza? «A non sottovalutarmi e a dare il meglio di me. Ho imparato anche a finire il cibo che ho nel piatto e a esserci per gli altri, nonostante i miei problemi».
Mario Tricca
Come hai fatto senza cellulare? «Non mi è mancato perché ero impegnato a vivere questa esperienza e a relazionarmi con i miei compagni».
Cosa ti è pesato di più? «Il cibo! In collegio faceva veramente orrore: nessuno nell’82 mangiava quelle cose, soprattutto le frattaglie. Ho perso cinque chili!».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Un mondo dove ci si divertiva molto di più e si vivevano momenti, tristi o felici, fondamentali per crescere».
Dove e quando studiavate? «Studiare? Lo avrò fatto due o tre volte, per il resto ascoltavo in classe».
Cosa dicono i tuoi veri professori e compagni di scuola? «I professori sono molto felici e anche la maggior parte dei miei compagni».
Lo rifaresti? «Subito! Mi sono rilassato e divertito».
Cosa riconosci di te stesso in tv? «Devo darmi una calmata perché sembro troppo ansioso».
Cosa ti ha insegnato questa esperienza? «Che nulla è scontato: stavamo per ucciderci per un biscotto».
Quale abitudine hai preso in collegio? «Ho imparato a rispondere agli insulti con risposte semplici e penetranti che non lasciano possibilità di replica!».
Claudia Dorelfi
Come hai fatto senza cellulare? «All’inizio pensavo di non farcela ma poi non ne ho sentito minimamente la mancanza. Invece di scrivere sul telefono, le cose ce le dicevamo a voce senza problemi».
Cosa ti è pesato di più? «È stato brutto dover rinunciare ai vestiti e al cibo. Sognavo quello dei fast food».
Cosa hai scoperto del 1982 e vorresti avere anche oggi? «Là dentro ho scoperto dei rapporti fantastici che fuori da lì pochi hanno, nemmeno i fratelli hanno un’amicizia così unica».
Cosa dicono i tuoi veri professori e compagni di scuola? «Alcuni compagni hanno cercato di farsi pubblicità, mentre altri sono stati molto felici per me. I prof, invece, non erano contenti e hanno “minacciato” di bocciarmi».
Lo rifaresti? «Lo rifarei altre 10 volte se fosse possibile: è stata l’esperienza più bella della mia vita».
Cosa riconosci di te stessa in tv? «La mia forza, quella che non tutti sono riusciti a trovare, perché ci vuole tempo e sofferenza. E in più la simpatia, non credevo di riuscire a far ridere così tanta gente».
Cosa hai imparato? «A riconoscere le persone vere. Ora preferisco avere rapporti più stretti e selettivi».