MasterChef: cosa succede davvero dietro le quinte della sfida in cucina di Sky?

In tv vedete solo una parte di ciò che accade. Ma Sorrisi ha “ingaggiato” delle spie: Danny D'Annibale, Rubina Rovini, Federico F. Ferrero e Marika Elefante

Danny D'Annibale, Federico F. Ferrero, Rubina Rovini e Marika Elefante
7 Febbraio 2019 alle 16:59

Sono tanti i fan di MasterChef che si sono appassionati alla stagione in corso, l’ottava. Il meccanismo del programma dopo anni è ormai chiaro: di puntata in puntata vengono eliminati i meno bravi tra selezioni, prove complicatissime (“invention” e “pressure test”, “mystery box”) e trasferte a squadre. Eppure ancora si sa poco del dietro le quinte: che fanno i concorrenti quando non li vediamo ai fornelli in tv? Quali sono i segreti dello show? Sorrisi ha indagato: quattro partecipanti delle scorse edizioni si sono trasformati per noi in “agenti segreti”. Ecco cosa abbiamo scoperto.

Quanto durano le registrazioni?

 «Per le edizioni normali servono da tre a quattro mesi, per i “derivati” come Celebrity MasterChef o la versione All Stars basta un mese» rivela Danny D’Annibale, quinto classificato nella prima edizione.

Dove alloggiano i concorrenti?

«In un residence dove si mangia tutti insieme e a volte nascono amicizie. Persino coppie, come Lorenzo ed Erika nel mio anno» ricorda Rubina Rovini, settima nella quinta edizione. «Negli studi vengono sequestrati i cellulari e parenti e amici non sono ammessi. Ma nei pochi momenti liberi si possono ricevere visite».

Tornano mai a casa?

«I tempi di registrazione sono serratissimi e non ci si riesce quasi mai, specie se si vive lontano da Milano» dice Rubina. «C’è un giorno libero alla settimana e qualche serata dove si può cenare fuori. Io sarei potuto rientrare a Torino, ma ho preferito restare in zona e andare a cavallo nella tenuta di un amico» racconta Federico Ferrero, vincitore della terza edizione.

Seguono corsi di cucina?

C’è chi si presenta alle selezioni con una bistecca al sangue ma già alla seconda puntata realizza piatti gourmet. Viene il sospetto che abbia fatto lezioni extra... «No, non ci sarebbe il tempo: mattini e pomeriggi si passano registrando le puntate» dice Danny. «E non ci sarebbe neanche il posto. Le cucine del residence non sono attrezzate: hanno solo piastre, niente forno» precisa Marika Elefante, quinta classificata nella seconda edizione. «Nessuno aiuta i concorrenti prima delle prove e nessuno li accompagna a fare la spesa per prendere confidenza con gli ingredienti. Io mi sono allenata per conto mio per colmare le lacune. Prima di partire per le ultime selezioni ho comprato non so quanti chili di pesce per imparare a sfilettarlo». Ci sono solo poche eccezioni. «Una volta abbiamo fatto una piccola lezione sulla sicurezza prima di una prova che richiedeva l’uso di coltelli affilati» nota Ferrero. «“MasterChef” in sé è più intenso di una scuola di alta cucina: si lavora sei giorni alla settimana otto ore al giorno. Per forza impari in fretta» sottolinea Rubina.

I partecipanti possono usare le loro pentole per “studiare”?

«Volendo sì, il regolamento non lo vieta» nota Danny. «Io ho portato dei libri per approfondire alcune ricette» aggiunge Rubina. «Quanto all’impiattamento... o ce l’hai nel Dna o non ce l’hai». E chi cerca ispirazione per evitare l’effetto “mappazzone” «può sfogliare le riviste come facevo io» sottolinea Marika.

Quando vengono girati i commenti sulle emozioni provate in gara?

«Dopo la gara» confida Rubina. «Gli autori dicono di “conservare” le emozioni per il momento giusto. Quei filmati li chiamiamo “confessionali”, come quelli del Grande Fratello. Io una volta ero arrabbiatissima per una sconfitta, ma ho dovuto trattenermi a lungo per manifestare dopo il mio stato d’animo».

Se i giudici dicono: «Mancano 30 secondi» è proprio così?

«Certo che sì!» assicura Ferrero. «La gara è un concorso a tutti gli effetti e un notaio controlla che sia regolare. Le sfide si svolgono esattamente come si vede in tv e durano quanto stabilito». I giudici sorvegliano come i prof durante gli esami. «Si allontanano solo per andare alla toilette» puntualizza Danny.

In trasferta si “soffre” davvero?

«Io in Barbagia ho patito il freddo perché in valigia avevo solo abiti estivi e lì di sera faceva freddo» ricorda Rubina. «Alcune trasferte sono una sfacchinata di due o tre giorni. Come il viaggio in Marocco nella mia edizione» rammenta Ferrero. «Il regista gira anche all’alba o al tramonto, per avere la luce giusta, non è certo una vacanza» conclude Marika. «Ma sono riuscita a fare comunque un tuffo in mare nello splendido villaggio in Sardegna dove all’epoca mia ci portarono per girare una scena in esterna».

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