Peppe Vessicchio: «Amici, per aiutarvi ho portato la moviola!»

Il musicista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra nel talent di Canale 5 ha un ruolo inedito: «Ho stretto un patto con Maria De Filippi: darò solo pareri tecnici»

Pizzetto e papillon sono i due segni distintivi del look televisivo del Maestro Peppe Vessicchio, musicista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra. È tornato nel cast di “Amici” dopo una pausa di sette anni
12 Aprile 2019 alle 10:35

È un piacere ritrovare il Maestro Peppe Vessicchio ad “Amici”. A Sanremo se ne sono perse le tracce, ultimamente lo si incrociava di rado e si parlava della sua passione per il giardinaggio, raccontata nel libro “La musica fa crescere i pomodori. Il suono, le piante e Mozart: la mia vita in ascolto dell’armonia naturale” (Rizzoli). Ma ora rieccolo qui.

Maestro, come stanno le amate piantine del suo orto?
«Gli impegni mi hanno costretto ad affidarle a un amico. Lui mi riferisce che loro stanno bene. È a me che mancano».

Ha fatto qualche interessante scoperta musical-botanica di recente?
«Pare che la musica armonico naturale ritardi l’imbrunimento delle mele sbucciate o tagliate che vengono a contatto con l’aria e si ossidano. Bisogna approfondire: sarebbe un sogno scoprire una musica che ritarda l’invecchiamento».

Anche “Amici” è a suo modo un vivaio di giovani virgulti, non crede?
«Assolutamente sì. I ragazzi, come le giovani piante, sono in una fase formativa. “Amici” offre riparo e assistenza come una serricoltura, ma allo stesso tempo espone al confronto competitivo che stimola un’auspicabile evoluzione».

Quale fra i talenti delle due squadre le piacerebbe coltivare in prima persona? Su chi scommetterebbe?
«Il ruolo di esperto tecnico, seppur non decisionale, un po’ come l’addetto al Var nel calcio, mi impone un certo riserbo...».

Perché è tornato ad “Amici” dopo alcuni anni di assenza?
«Perché la produzione mi ha chiesto di ricoprire un ruolo strettamente collegato alle mie modeste competenze. Nessun parere “emotivo” dipendente dal gusto o dalla emotività. Solo il rilievo di una eventuale “fallosità” tecnica da segnalare alla giuria».

Come l’ha convinta Maria?
«Dicendomi che crede molto nei ragazzi ammessi al Serale. Ha mostrato un enorme entusiasmo che, come tutti sanno, viaggia sempre di pari passo con l’impegno che profonde nei suoi progetti. Quindi mi sono detto: “Perché no?”. È un ambiente che già conosco, un gruppo da cui ho avuto molto».

Lei e il coreografo Luciano Cannito avete un compito specifico.
«Sì, siamo tenuti a segnalare qualcosa che abbiamo visto o sentito in conflitto col giudizio emesso dalla giuria o da Loredana Bertè. Mi piace questo ruolo, anche quando non sortisce ripensamenti da parte dei giudici. Di sicuro aggiunge qualche elemento all’analisi che il telespettatore fa dalla poltrona di casa».

Anche la sua postazione sopraelevata non è male, vero?
«Davvero privilegiata, meglio di un posto in prima fila».

Di cosa parlate con Cannito quando la regia non vi inquadra?
«Ci scambiamo pareri, ciascuno sui concorrenti della disciplina dell’altro».

A che cosa servono i monitor che avete di fianco a voi?
«Se dovessimo riscontrare un’irregolarità, possiamo segnalarla al tecnico video di fianco a noi, che estrapola il frammento da far riesaminare dalla commissione lì per lì in studio. Sempre che il verdetto sia in contraddizione con ciò che abbiamo rilevato. Altrimenti non interveniamo».

Il direttore artistico dei Bianchi, la popstar Ricky Martin, guarda i piedi di un artista. Lei da cosa è attratto?
«Dal suono della voce, dal modo di articolare i fonemi. Una sindrome come quella del professor Henry Higgins, il glottologo del musical “My fair lady”».

Ha mai lavorato assieme al direttore artistico dei Blu, il tenore Vittorio Grigolo?
«Nel 2017, per l’orchestra e il coro dell’Arena di Verona, ho arrangiato “Bohemian Rhapsody” che Vittorio ha cantato, accompagnato dagli attuali Queen. Avevo preparato anche gli altri brani della band e mi alternavo alla direzione con Andrea Battistoni. Purtroppo il pezzo con Vittorio toccò a lui, ma sentire suonare ciò che avevo scritto è stato comunque molto appagante».

Al serale di “Amici” dirige l’orchestra di 30 giovani musicisti il 28enne Marco Vito. Non le manca sentire la frase: «Dirige l’orchestra il Maestro Peppe Vessicchio»?
«Ad “Amici” ho diretto per tanti anni. Poi abbiamo di comune accordo cambiato pagina. Maria sa bene che anch’io non ricalcherei gli stessi passi. Ho nuovi progetti e nuove mete legate alla musicoterapia, un ambito che mi fa sentire molto realizzato. Poi c’è il lavoro sulle canzoni dello “Zecchino d’oro” dove ho deciso di investire molta attenzione».

Perché non fa Sanremo da un po’?
«Quest’anno sono mancato perché non ho collaborato ad alcun progetto fra quelli che si sono proposti in gara. Perché io avessi una chance avrebbero dovuto concorrere i miei pomodori!».

Nel 1982 guidò un carro funebre nel film “Giggi il bullo”. Ha altre “originalità” nel suo curriculum?
«All’inizio, oltre che nel cabaret (ha esordito come musicista nel gruppo I Trettré, ndr), ho lavorato come cuoco su una nave merci che collegava Livorno con il nord Africa e ho venduto in strada presepi realizzati e dipinti da me».

Nel tempo libero cosa fa?
«Sogno, compongo, cucino, innaffio qualche piantina, provo a pensare qualcosa che mi stupisca».

Sua moglie Enrica, sua figlia Alessia e sua nipote Teresa la guardano in televisione?  
«Le donne di casa si lamentano che io non avviso quando compaio in tv».

Lei si rivede?
«No, mi imbarazza. Se casualmente capita, cambio canale. Sono diventato bisnonno un mese fa, quindi in questo periodo ho soprattutto voglia di ammirare la piccola Alice il più possibile. Correrei, per andare da lei».

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