Riparte “Il collegio” con una nuova voce narrante: Stefano De Martino

Sei puntate in onda la domenica sera su Rai2 a partire dal 24 settembre

23 Settembre 2023 alle 08:58

Questa ottava edizione di "Il collegio" è ambientata nel 2001. Sei puntate in onda la domenica sera su Rai2 a partire dal 24 settembre per raccontare le avventure di 23 (più o meno) volenterosi studenti. Novità: la voce narrante della storia è quella di Stefano De Martino.

Gli spettatori sono abituati a vederla in video, in questo caso ascolteranno solo la sua voce.
«È una cosa che mi lusinga e gratifica. Riconoscere qualcuno dalla voce vuol dire che le cose in qualche modo funzionano e che sei diventato parte della quotidianità delle persone».

Nel 2001, l’anno di questa nuova edizione, lei aveva 12 anni, era quasi in età da “collegio”.
«E infatti mi divertono molto l’ambientazione e tutti i riferimenti cronologici alla musica dell’epoca, che sono quelli della mia adolescenza».

Cosa ricorda di allora?
«In Italia c’erano i Lùnapop, Elisa vinceva Sanremo con “Luce”, all’estero c’erano le boy band come i Backstreet Boys, sulla scena anglosassone impazzavano le Spice Girls».

E lei cosa ascoltava?
«Ho sempre ascoltato molto pop italiano, anche se in quegli anni particolari c’era l’hip hop americano di Eminem e con gli amici delle scuole medie eravamo molto affascinati da certe sonorità, come ora i ragazzi lo sono dalla trap».

Il suo “Collegio” televisivo che racconto sarà?
«Essendo stato prima uno scolaro e cercando ora di fare il genitore nel migliore dei modi, sarà un racconto trasversale. A volte commento come se parlassi a mio figlio, altre volte come se rivedessi me stesso. Sarò un po’ padre, un po’ fratello maggiore».

Vedendo le presentazioni dei ragazzi selezionati (disponibili su RaiPlay) cosa le viene in mente?
«Alcuni mi fanno molto ridere, ma la cosa bella di questo programma è che c’è un’identificazione forte. Vedi certi atteggiamenti ed è come ritrovare alcuni tuoi compagni di classe o ricordarti di te come alunno».

Di sé cosa ha ricordato?
«Quell’indolenza dell’adolescenza e insieme la voglia di fare, è un periodo particolare della vita in cui si forma il carattere. Io sono stato un po’ secchione e un po’ scugnizzo. Mi rivedo in tutti loro».

Alla parola “scuola” il primo pensiero è…
«Il divertimento. A scuola mi sono sempre divertito tantissimo, mi piaceva stare con gli amici, condividere la giornata con loro».

Che tipo di studente è stato?
«Il primo della classe alle elementari, il decimo alle medie, l’ultimo alle superiori».

Un declino inarrestabile.
«I primi cinque anni di scuola ero tra i primi della classe, poi con le nuove passioni, soprattutto la danza, c’è stato lo slancio a uscire dalla timidezza e sono diventato più indisciplinato. È iniziata una seconda stagione scolastica turbolenta».

Dove si è svolta?
«Al Liceo artistico di Torre Annunziata (NA), indirizzo fotografia e grafica pubblicitaria. Se non avessi fatto la tv, mi sarebbe piaciuto lavorare nell’ambito della comunicazione visiva».

Una materia preferita su tutte?
«Fotografia, per l’appunto. Sviluppavamo le foto in camera oscura, il processo chimico era divertentissimo. Ora con la digitalizzazione non si fa più, ma ho ancora qualche ricordo che tiro fuori alle cene per fare bella figura».

Pollice verso?
«Per la matematica e tutte quelle materie che richiedevano uno sforzo diverso. Avevo una soglia di attenzione bassissima. Mi piaceva fare intrattenimento: imitavo i professori, alle interrogazioni improvvisavo e, a volte, alcuni insegnanti apprezzavano lo sforzo creativo».

I suoi genitori ci tenevano al famoso “pezzo di carta”?
«Loro mi hanno inseguito per farmi diplomare. In quarta superiore data la quantità di giorni di assenza (facevo piccoli lavoretti e mi dedicavo alla danza) dissero ai miei genitori che rischiavo la bocciatura».

Grosso rischio.
«Mi ritirai per evitare di essere bocciato e l’anno dopo mi presentai direttamente all’esame di maturità da privatista, condendo quel poco che sapevo con grandi tesine di Powerpoint e musiche di sottofondo. Presi un “60 politico”. Quando 60 era il minimo, non il massimo!».

Poi ha frequentato per un anno la scuola di “Amici” di Maria De Filippi. Una sorta di collegio.
«La convivenza con gli altri allievi è stata un po’ il mio “collegio”: un bel collegio e una bella esperienza. Erano tutte materie che ci piacevano e di cui ci nutrivamo volentieri: è stato bello e formativo condividere speranze, passioni, un bel nutrimento per l’anima».

Adesso che per lei la scuola è finita da anni, l’insegnamento fondamentale è stato…
«Quello di responsabilizzarmi. Impari a svolgere un compito, devi portarlo a termine, ti impegni e hai la gratificazione di aver fatto e appreso qualcosa. Noi avevamo un gran senso di colpa quando non andavamo a scuola o non facevamo i compiti, tutto questo ora si sta perdendo».

Il primo giorno sui banchi di suo figlio Santiago si è emozionato?
«Certo, tutti i primi giorni di scuola e ogni volta che lui fa la recita scolastica o il concerto di Natale sono appuntamenti emozionanti. Mi rendo conto di quanto essere genitori faccia diventare ipersensibili a certe cose, magari i bambini sul palco si annoiano e tu stai lì con le lacrime agli occhi».

Cosa pensa di avergli trasmesso delle sue esperienze scolastiche?
«Mia madre è un’insegnante di scuola materna, anche le sue sorelle sono tutte insegnanti, vengo da una famiglia di maestre. Sarà per questo che ho imparato quel senso di rispetto nei confronti della scuola. È questo che cerco di trasmettere a mio figlio come posso».

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