Doppia intervista: la prima da prof di "Amici", la seconda come giudice di "Tú sí que vales"
Gli proponiamo di “sdoppiarsi” per rispondere a due interviste parallele: una sul suo ruolo di prof ad “Amici” e l’altra in quello di giudice a “Tú sí que vales”. «Volentieri, ci sono abituato: mi faccio in due, tra lavoro in radio e in tv, al sabato e alla domenica» risponde al telefono Rudy Zerbi. E intanto entra in un negozio di prodotti per animali a caccia di novità per il suo coniglio Snack e le tartarughe Musica e No. Ma Rudy ha anche un cane, Paco, e il gatto Kit Cat.
«Ai miei allievi insegno il valore del rispetto»
Iniziamo da “Amici”. Data la sua lunga esperienza, quando si forma la classe intuisce subito chi avrà più potenziale?
«Non sempre. Paragono la scuola di “Amici” a una maratona. E può succedere che chi parte fortissimo poi a un certo punto rallenti e viceversa. Qualche volta assisto a vere e proprie sorprese, dopo prime valutazioni affrettate».
Avete un posto segreto dietro le quinte in cui voi prof fate il “collegio docenti” come a scuola?
«Sì, nel backstage c’è un tavolo ovale in cui prima di entrare in scena facciamo due chiacchiere, beviamo un caffè. E ognuno ha le proprie abitudini. L’altro giorno Lorella Cuccarini ha portato un cestino di vimini pieno di caramelle per tutti».
E lei che cosa offre?
«Mi capita di offrire qualche souvenir dai miei viaggi. Per esempio, di ritorno da Palermo ho fatto assaggiare ai colleghi la frutta di marzapane».
Con Anna Pettinelli come va? Ogni tanto tra voi in onda la temperatura si surriscalda…
«Siamo proprio agli opposti, come visione e come metodo. Ciò che si vede in tv è la realtà, ma se la temperatura si scalda e si arriva a toni un po’ forti, succede perché supportiamo con tutte le forze i nostri allievi. Non c’è nulla di personale».
C’è un insegnante del suo passato a cui si ispira?
«Certo, sono felice di ricordare il mio prof di Fisica alle medie: si chiamava Borgogni ed era temutissimo perché molto severo. Io però l’ho apprezzato perché mi ha fatto capire le due cose che deve avere un docente: l’amore per la materia e la capacità di insegnare agli allievi come si sta al mondo. Un esempio per me: anch’io cerco di trasmettere agli studenti il valore dell’educazione e del rispetto degli altri».
Nel lavoro di coach cosa la rende più orgoglioso?
«Gli allievi. Non farei nessun altro talent musicale perché chi esce dalla scuola di “Amici” è mediamente più preparato, sa stare sul palco, conosce la disciplina. E prima o poi esplode e dura più a lungo, come dimostrano i casi di successo di Annalisa e The Kolors».
Secondo lei, in che cosa Maria De Filippi è stata e continua a essere una maestra di televisione?
«Di tv e anche di vita, aggiungo. Maria ha due insuperabili qualità: la dedizione al lavoro e, tipico solo di coloro che hanno una grande sicurezza, la capacità di mettere gli altri davanti a sé, per valorizzarli».
«Qualche volta la timidezza è un vantaggio»
Ora, pagata la spesa e montato in motorino, Rudy indossa il casco e la “toga” da giudice di “Tú sí que vales”.
Partiamo proprio dal cambio di look da un ruolo all’altro. Come si regola con gli abiti?
«Facile. La domenica pomeriggio posso essere un po’ più informale, con la maglietta sotto la giacca e le scarpe da tennis ai piedi. Il sabato sera richiede un look elegante, quindi metto l’abito scuro, nero o blu. A volte oso anche altri colori come il verde, ma sempre per un completo. Lo stile rispecchia il ruolo: ad “Amici” i protagonisti sono i ragazzi e i prof non devono spiccare. Invece a “Tú sí que vales” i giudici sono chiamati a mettersi in gioco nello spettacolo».
L’arrivo di Luciana Littizzetto, al posto di Teo Mammucari, ha redistribuito i pesi all’interno della giuria?
«Ha portato leggerezza e armonia. In giuria non devono esistere individualità. Siamo un gruppo, come una famiglia che davanti alla televisione si gode lo spettacolo da casa».
Incuriosito, sorpreso o addirittura scioccato: come preferisce sentirsi dopo aver assistito a un’esibizione?
«Mi piace di più restare a bocca aperta per qualcosa che non ho mai visto prima. E ce ne vuole! Non sono più un ragazzino e nei miei trascorsi da discografico ho lavorato con Renato Zero e Michael Jackson, maestri di teatralità e stupore. Quindi, se nello show arriva una sorpresa, è impagabile».
Situazioni quotidiane in cui dice: «Per me è no»?
«A tavola davanti al melone, quello arancione. Non mi piace affatto».
Gli psicologi sostengono che non bisogna giudicarsi troppo. Lei è auto-indulgente?
«Lo sono sulle cose piccole. Per esempio, quando prometto di iniziare la dieta da lunedì mattina e il lunedì pomeriggio ho già sgarrato. Sulle cose importanti tendo a essere troppo severo e critico con me stesso, e mi faccio del male. Sa, non sono sempre allegro. Quando rimugino, a volte cado nella malinconia».
Torniamo alle cose belle: il suo più grande successo professionale?
«Aver fatto della passione per la musica un mestiere».
E come papà?
«Avere quattro figli che vivono in tre città diverse e che ogni giorno si sentono, si supportano e si amano come se fossero parte di un unico nucleo familiare».
Una cosa che nel giudizio comune è considerata sbagliata, ma per lei è invece giusta?
«La timidezza. Per molti è un minus, qualcosa di cui vergognarsi. Per me invece è un plus, un vantaggio. C’è una bella canzone di Luca Carboni, “Persone silenziose”, che descrive bene questo mio punto di vista».
Una sfida professionale in cui vorrebbe cimentarsi?
«Scrivere un programma tv sulle famiglie. Mi piacerebbe aiutare quelle in difficoltà a superare i piccoli ostacoli che la vita ci presenta. Mi fa rabbia quando le famiglie si sfasciano per delle inezie».