Silvan è il “maestro dei maestri” in “Voglio essere un mago!”

Rai2 lancia il nuovo talent show il 21 settembre. Il segreto di “Sim sala bim”, l’illusione più amata, l’esordio a 7 anni… Una leggenda si racconta

Silvan
9 Settembre 2021 alle 08:52

Chiusi in un castello da favola, i 12 ragazzi di “Voglio essere un mago!” (lo show a cavallo tra reality e talent che Raidue lancerà il 21 settembre) studiano, si esercitano e si sfidano con ogni genere di magia per conquistare la “Bacchetta d’oro” e il diploma da mago.

Li guida attraverso i “trucchi del mestiere” un piccolo gruppo di insegnanti già famosi nel mondo dell’illusionismo, guidato da un “preside” d’eccezione come Raul Cremona. Ma al di sopra di questi maestri c’è un maestro più maestro di tutti che osserva, riflette ed è pronto a stupire allievi e docenti. È il Mago dei Maghi. È Silvan.

Maestro, quando è entrato nel castello e ha visto i ragazzi di “Voglio essere un mago!”, ha rivisto lei bambino, il piccolo Aldo Savoldello che faceva i primi trucchi in un oratorio a Venezia?
«Mi ha letto nel pensiero. Il primo incontro nel castello è stato elettrizzante: è un privilegio incontrare ragazzi colmi di entusiasmo per questa meravigliosa arte, portatori sani di una rappresentanza magica eccellente che produrrà certamente i suoi frutti. Sa quali sono state le loro prime parole? “Vogliamo vedere, capire e imparare!”: è un feeling perfetto, sono tutti bravissimi nelle loro specialità. Io ripeto sempre che tutto ciò che ho fatto nella mia carriera, che fortunatamente continua, avrebbe potuto essere fatto da qualsiasi mago: a questi ragazzi auguro la mia stessa fortuna».

Anche lei si rivelò al grande pubblico nel 1956 grazie a un talent: era “Primo applauso”, il primo show del genere nella nostra tv. E lì diventò Silvan…
«Di quella trasmissione rivedo Adriano Celentano e Peppino di Capri che si esibirono con me, il presentatore Enzo Tortora, e soprattutto la splendida Silvana Pampanini che, spogliandomi dal mio esoterico pseudonimo Mago Saghibù, mi battezzò Silvan».

Qual è il suo ruolo in questo programma?
«Da una stanza remota del castello vedrò e commenterò tutto ciò che accade, i passaggi più salienti del quotidiano di alunni e professori, e in ogni puntata ci saranno alcune mie spettacolari esibizioni. Insomma, visibilmente e invisibilmente sarò sempre presente».

Ha dato qualche consiglio didattico?
«Non mi permetterei mai. Un’occhiata è sufficiente per capire quello che si deve o non si deve fare: sono tutti eccellenti».

In cattedra ha trovato Raul Cremona, che da anni interpreta “Silvano, il mago di Milano”, una sua affettuosa parodia…
«Da vent’anni! E mi diverte moltissimo. Oltre ad avere una vis comica eccezionale e un talento multiforme, Raul è un amico e un eccellente “cardician” (un mago che fa magie con le carte, ndr)».

Mago: definizione soddisfacente per Silvan?
«Dire “mago” è più facile che dire “prestigiatore”. Personalmente mi ritengo a metà strada: un eterno dilettante sempre con la voglia di imparare».

Ed è meglio parlare di “illusione” o “magia”?
«Sono denominazioni generiche, astratte, con molti significati. La magia nasce come miracolo, fenomeno assurdo, paradosso. Esiste solo nella mente di chi desidera che esista. Su questo tema potrei argomentare per ore: ho pubblicato di recente “La nuova arte magica”, un libro di 450 pagine che racconta la magia da 3.000 anni avanti Cristo a oggi…».

Qual è l’illusione che le ha dato più soddisfazione?
«Delle 150 grandi illusioni che ho presentato in teatro e in televisione, le mie preferite sono la manipolazione di 140 carte e la levitazione di una splendida fanciulla che si libra a mezz’aria, al di fuori di ogni legge fisica e gravitazionale».

C’è un’illusione che l’ha delusa o stancata?
«Mai nessuna, perché invento e apporto varianti e modifiche al passo con i tempi e la tecnologia».

È vero che non si tira mai indietro di fronte all’occasione di fare un piccolo gioco?
«Sono sempre pronto. Non faccio il mago agli occhi di chi mi ferma per un autografo o un selfie: sono il mago».

La sua leggendaria formula «Sim sala bim»…
«È un mio tributo a Dante (all’anagrafe Harry August Jansen, 1883-1955, ndr), un grande mago danese del passato che la utilizzò nel 1928. L’espressione è stata estrapolata dal ritornello di una canzoncina del suo Paese, “Il corvo sul ramo”: “Sim sala dim bamba saladù sala dim”, sostituendo “dim” con “bim”. Da ragazzo, negli oratori veneziani in cui mi esibivo, la mia formula magica invece era “Tic tac sé rumba yama cler”».

Lei ha portato la magia nella quotidianità della televisione italiana. Che cosa cambiò del suo modo di esibirsi in palcoscenico per andare davanti alla telecamera?
«Nulla. Confronti i filmati di ieri e oggi: sono lo stesso manico di scopa ingessato, stessa innata postura, stessi gesti con dozzine di smoking sempre uguali… Non è il vestito che fa il mago, né l’età: in questa professione non contano gli anni, ma come ti senti nello spirito. Il mago non ha età!».

Ma in un mondo sommerso di “magie tecnologiche”, qual è il futuro della magia “classica”?
«Oggi a Las Vegas maghi famosi e bravissimi presentano in teatro effetti magici classici sorprendenti. Bisogna adeguarsi ai tempi, certo, ma il bambino che è dentro di noi non è mai cambiato e non cambia».

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