Sara Simeoni: «A Mosca ero tesa, ma poi ho vinto l’oro»

L'olimpionica commenta le Olimpiadi in tv e a noi racconta quel salto in alto che sconfisse la paura

Sara Simeoni
1 Agosto 2021 alle 08:49

Giorno dopo giorno le Olimpiadi di Tokyo entrano sempre più nel vivo. E sera dopo sera noi ci prepariamo alle dirette delle gare “notturne” col salotto sportivo di "Il circolo degli anelli". Un salotto davvero da podio, visto che la giornalista Alessandra De Stefano è in compagnia di cinque medaglie olimpiche: due sono quelle del ginnasta Jury Chechi e tre sono di Sara Simeoni, saltatrice in alto e mito dell’atletica femminile italiana.

Sara, lei ha vissuto quattro Olimpiadi: Monaco 1972, Montreal 1976 (medaglia d’argento), Mosca 1980 (oro) e Los Angeles 1984 (argento). Come le ricorda?
«A Monaco arrivai sesta, ma lì fu eccezionale il solo fatto di partecipare. A Montreal il podio fu una sorpresa, perché c’erano atlete più forti. A Mosca arrivai dopo il record mondiale e la vittoria agli Europei, quindi volevo proprio la medaglia d’oro. Los Angeles, invece, è stata l’esperienza incredibile di un’atleta acciaccata che voleva solo partecipare e invece…».

Che cosa la divertiva di più alle Olimpiadi?
«La gara! Ero contenta di fare il salto in alto, anche perché così stavo di più “in campo”. Per dire, guardavo i centometristi e mi dicevo: “Peccato, però: entrano da questa parte, corrono, escono dall’altra parte, e non si godono nulla”. Noi almeno stiamo qui per ore».

Quella di Mosca è stata la gara più bella della sua carriera?
«No. Direi che sia stata la più sofferta, l’unica in cui ho avuto paura. Ho passato mezz’ora in cui non ho capito più nulla, pensavo solo che i miei sogni di gloria stavano andando a farsi benedire. Poi me la sono fatta passare ed è andata. Mi ricordo che prima della gara mi dicevo che se avessi vinto avrei fatto il giro dello stadio, i salti mortali… E invece ero così svuotata che non stavo più in piedi: della premiazione non ricordo nulla!».

E la gara più bella?
«La vittoria ai Campionati Europei di Praga, nel 1978. Avevo fatto il record del mondo (2,01 metri, ndr) pochi giorni prima a Brescia e c’era chi metteva in dubbio quel risultato, così a Praga sapevo che avrei vinto, nonostante ci fosse la mia più grande avversaria, la tedesca Rosemarie Ackermann. E saltai ancora due metri e uno!».

Tornò da Mosca che era una leggenda…
«Mamma mia, che feste! Non ho potuto neppure soddisfare tutte le richieste… Io poi credevo che vincere le Olimpiadi ti facesse diventare immortale, ti facesse entrare in qualche “Olimpo” … E invece ti accorgi che è bello, ma finisce lì, e tutto è come prima».

Le sue medaglie olimpiche come stanno?
«Eh, ormai sono consumate! Negli ultimi anni avrò incontrato più di 20 mila ragazzi delle scuole italiane e gliele faccio sempre vedere: vogliono toccarle, metterle al collo, farsi una foto… Insomma, me le tengono ben lucidate!».

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