Serena Rossi: «Che forza mi dà la famiglia»

«Mio nonno scriveva i testi delle canzoni di Mario Merola e tutti i parenti facevano teatro, dipingevano o cantavano» dice l’attrice. «Ora mi fermo: mio figlio va in prima elementare e voglio stargli vicino»

Serena Rossi  Credit: © Iwan Palombi
21 Luglio 2022 alle 07:46

Percorro a piedi la via Venti Settembre di Roma in un sabato particolarmente afoso. Imbocco una traversa e mi trovo di fronte a Villa Spalletti Trivelli, una lussuosa dimora d’epoca. È lì che è stato allestito il set fotografico per l’intervista a Serena Rossi che rivedo, per la prima volta, dopo la pausa forzata legata alla pandemia.

Alle 14.30, sotto un sole cocente che non dà tregua, Serena si muove con disinvoltura davanti alla macchina fotografica seguendo solo pochi suggerimenti. È a suo agio con l’obiettivo. «Voglio essere quanto più naturale possibile. E vi raccomando: nessun ritocco sugli scatti. “I’ so’ chest’” (“Io sono questa” in napoletano, ndr)» scherza con il fotografo mentre, girandosi verso di me, spalanca i suoi profondi occhi neri intonando qualche ritornello delle canzoni classiche della sua città.

«Io e te parlamm a’ stessa lingua». Mi fa sentire a casa. E poi solo una come lei, cordiale, estroversa e simpatica, trova la forza di cantare con una temperatura africana. La osservo e nel suo sguardo colgo la fierezza di essere riuscita a coronare i sogni di bambina. Serena Rossi è una delle attrici italiane più richieste e apprezzate. Sa cantare, sa condurre. È il simbolo della versatilità di un artista.

Per le riprese della seconda stagione di “Mina Settembre” è tornata a Napoli, la sua città: che effetto le ha fatto?
«Vivo a Roma da molti anni ma a Napoli ci torno spesso. Tra l’altro è lì che mi sono fatta tutto il lockdown perché stavamo girando la prima stagione. A Napoli ci sono le mie radici, mi muovo con facilità».

In quale quartiere è cresciuta?
«Io sono di Miano, vicino a Capodimonte, anche se le scuole le ho fatte ai Colli Aminei. Sin da ragazzina ho imparato a conoscere la città con le amiche a bordo del mio scooter».

Al Sud si gioca molto per strada, i vicini di casa diventano persone di famiglia. Lei arriva da quella tradizione?
«I miei riferimenti a Miano sono le palazzine che ha costruito mio nonno nel pieno boom economico degli Anni 60. Lì ci vivevano i miei nonni, appunto, la mia famiglia, i miei zii, i cugini di secondo grado. Ho trascorso tutta l’infanzia a giocare nel giardino e nel cortile sotto casa a nascondino o con la palla e poi facevamo tutti insieme merenda con pane e pomodoro. Mio nonno paterno era costruttore ma in realtà aveva la passione per la musica. Lui era molisano di origini e alle feste di paese suonava l’organetto».

Quindi possiamo dire che l’arte è un marchio di famiglia.
«Eh già. Anche mio nonno materno era un artista. Scriveva i testi delle canzoni per Mario Merola e ha conosciuto mia nonna che cantava ai ricevimenti. Si sono sposati e hanno avuto otto figli tra cui mia madre, la più grande di tutti. In famiglia tutti fanno dei lavori cosiddetti normali ma ognuno coltiva l’interesse per l’arte: musica, teatro, pittura».

Stava bene in una famiglia così?
«Sin da piccola le maestre mi coinvolgevano nei canti. D’estate nei villaggi turistici partecipavo a tutti gli spettacoli. Sono sempre stata molto espansiva e ho sempre amato stare al centro della scena: cantavo e ballavo. A recitare non ci pensavo proprio. Un amico di mio zio che faceva pianobar consigliò a mio padre di spingermi a cantare nelle cerimonie. A 13 anni, il sabato sera, io e papà ci esibivamo nei locali, ci siamo fatti un sacco di matrimoni. La mia famiglia è stata la mia forza. I miei genitori li adoro».

Dal team che lavora con Serena si alza un coro: «Bravi e bellissimi tutti. Se mamma e figlia sono insieme, la coda si forma per la mamma».

Davvero?
«Mamma ha lo stile di un’attrice. Mio nonno era altissimo con capelli ricci. Sembrava un arabo. I miei parenti sono la sintesi di tutte le dominazioni che ha subito Napoli: scuri, con gli occhioni, bei sorrisi. Ma anche dalla parte di papà sono persone gradevoli nel temperamento e nell’aspetto fisico. Pensi che quando io e papà ci esibivamo, mi prendevano per la sua fidanzata».

Immagino l’imbarazzo...
«A un matrimonio papà, stanco delle occhiate di disappunto della gente, dopo il brano “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, prese il microfono e disse: “Serena è il mio primo amore. Pensate che l’ho presa in braccio quando pesava solo quattro chili”».

È stata l’unica a trasformare in lavoro quella che è una passione di famiglia?
«Anche mia sorella Ilaria. Ma lei lavora dietro le quinte dei set cinematografici. Solo una volta ha fatto la mia controfigura (ci somigliamo molto) nel film “Ammore e malavita” dei Manetti Bros perché io ero incinta di Diego».

Cosa ci racconta di “Mina Settembre 2”?
«Che quest’anno ci sono due new entry: Marisa Laurito e Antonia Liskova. Ho ritrovato invece Marina Confalone che sin dall’inizio è stata il mio punto di riferimento. Una professionista come poche: è instancabile fino all’ultimo ciak. Nelle nuove puntate Mina terrà un corso di educazione sessuale ai ragazzini di una scuola media e si imbatterà in storie dalle problematiche attuali. Su Domenico (Giuseppe Zeno) finalmente prenderà una decisione. Cosa dire di più? Che ci sono stati giorni in cui siamo schiattati dalle risate. Poi con Marina e Marisa insieme...».

Quando è impegnata nelle riprese, chi si prende cura del suo bambino?
«I genitori sono due e la famiglia è grande e amorevole. Il mio compagno (l’attore Davide Devenuto, ndr) è presente. A settembre Diego andrà in prima elementare e starò ferma per un mese perché voglio seguirlo nell’inserimento che per i bambini è una fase delicata».

Quando la vede in televisione, che dice Diego?
«Quando guardiamo “L’eredità” e il Tg1 e va in onda lo spot, lui mi chiede: “Mamma, ma chi è Mina Settembre?”. Gli rispondo: “Sono io, che come papà faccio il mestiere di attrice. Come quando tu giochi e fai il dinosauro o il poliziotto, io per lavoro indosso i panni di un’altra persona”».

Diego le somiglia nei comportamenti?
«Pochissimo, perché è un bambino timido e non ama stare al centro dell’attenzione. Un giorno, mentre lo accompagnavo a scuola, alcune persone mi hanno fermato per chiedermi una foto. Lui mi guarda e mi chiede: “Mamma, a te piace essere ammirata?”. Io gli rispondo: “Sì, mi piace l’affetto della gente. E a te?”. Immediata la sua risposta: “No” (sorride). Diego è la mia vita. Sono una mamma felicissima».

Il personaggio di Carmen Catalano di “Un posto al sole” le ha portato fortuna...
«Avevo 16 anni. Era un sogno per me perché era la serie che seguivamo tutti a casa. “Un posto al sole” è stata la mia palestra. Mi ha regalato la prima indipendenza, la popolarità».

Dal suo team parte un altro coro: «Con lei a Napoli non si può camminare. La fermano ogni secondo».

È con il film “Io sono Mia” sulla vita di Mia Martini che lei ha raggiunto la consacrazione di attrice e cantante.
«Quel film e quella grande donna mi hanno portato fortuna. Mi hanno cambiato la carriera. Le spiego come è nato. Partecipavo a “Tale e quale show” e tra i concorrenti c’era Luca Barbareschi. Una sera, mentre attendevamo di esibirci, mi bussa con la mano sulla spalla e mi dice: “Sto pensando di produrre un film su Mia Martini. Se lo faccio, voglio che sia tu”. Gli ho detto: “Sei pazzo. Parliamo di un colosso”. Dopo qualche anno vengo chiamata per i provini e porto “Almeno tu nell’universo”. E lo supero».

Il set di “Un posto al sole” è stato galeotto. Lì ha conosciuto il suo compagno Davide. A un certo punto lei è diventata più famosa di lui: è cambiato qualcosa nel rapporto?
«Noi siamo due attori atipici. La cosa che ci unisce non è il lavoro. Sono i principi, i valori, la famiglia, la casa, gli amici e i viaggi. Davide è il mio fan numero uno ed è il più sincero di tutti. Se una cosa non lo convince me lo dice subito. Si commuove se prendo un premio. “L’amore è volere la felicità dell’altra persona”: queste sono le sue parole. È un uomo intelligente e ha molto coraggio nel prendere decisioni».

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