“Canonico”: fate largo a don Michele

Ecco a voi il protagonista della prima fiction di Tv2000

Michele La Ginestra
16 Dicembre 2021 alle 12:10

«Tra un Rosario e una coroncina arriviamo noi… Hai visto mai che riusciamo a strappare una risata a chi ci guarda?». È con l’allegria che lo contraddistingue che Michele La Ginestra annuncia l’arrivo di “Canonico”, la prima serie tv realizzata per Tv2000, in onda dal lunedì al venerdì alle 19.30, dal 14 dicembre. Lui ne è protagonista nei panni di don Michele: «Il parroco che tutti vorrebbero avere: sorridente, uno che ce la mette tutta e rimane positivo anche davanti ai dubbi e alle difficoltà con la sicurezza di chi sa di avere trovato la sua strada».

Tra i preti del nostro immaginario televisivo ci sono don Matteo e don Camillo: uno indaga e l’altro parla con il crocifisso.
«Don Michele non fa nessuna di queste cose. Come dicevo, è uno normale. Se proprio vogliamo cercare un riferimento, suggerirei il sacerdote che porto in scena da vent’anni nel mio one man show».

E che è sul palcoscenico anche in questi giorni…
«Sì, a Roma, al Teatro 7 di cui sono anche direttore artistico. Lo spettacolo si intitola: “È cosa buona e giusta”».

Come è nata l’idea di trasformare un sacerdote in un personaggio teatrale e televisivo?
«Vengo dall’oratorio, quello della parrocchia dei Sette Santi Fondatori che ora è diventato, per l’appunto, il Teatro 7. Mi piaceva l’idea di un prete che, sul palcoscenico, può dire quelle cose che non può dire dal pulpito».

Per esempio?
«Invitare due che vogliono sposarsi a non farlo. Lo so, sembra un controsenso, ma magari un sacerdote vorrebbe farlo per far capire ai due fidanzati l’importanza del matrimonio cristiano. È un sacramento in cui chiami il Signore a garanzia del tuo rapporto. Un po’ come quando un bambino ha una cosa a cui tiene tanto e chiede al papà di tenergliela perché ha paura che possa rovinarsi».

Torniamo al protagonista di “Canonico”: cosa possiamo raccontare del suo don Michele?
«È un ex pilota di aerei, è stato missionario ed è appena arrivato in parrocchia».

Ed è romano.
«Non lo diciamo esplicitamente ma si sente, io sono romano, parlo così. Però, siamo onesti, il nostro dialetto non è fastidioso. E, in certe occasioni, ci permette di essere particolarmente efficaci: “Ma che stai a di’?” è molto più incisivo di “Che cosa stai dicendo?” (ride)».

Come diceva prima, don Michele ha anche dei dubbi.
«Non riguardano la sua fede, che non è mai messa in discussione, sono i dubbi di qualsiasi essere umano. Quando si trova davanti a un uomo che ha ucciso i suoi figli e che, in punto di morte, chiede di essere perdonato, lui sa che, come sacerdote, quel perdono deve concederlo ma, come uomo, fa fatica ad accettarlo. Il mio auspicio è che don Michele sia illuminante per tanti detentori di certezze».

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