“Dinner Club” torna su Prime Video: entriamo nelle cucine di Carlo Cracco, Paola Cortellesi, Marco Giallini e Luca Zingaretti
Quattro nuovi “ospiti” dovranno dimostrare ai fornelli di aver fatto tesoro della sapienza che il grande chef ha elargito loro, dopo averli accompagnati in scorribande nelle tradizioni gastronomiche di quattro zone d’Italia
La grande tavola è apparecchiata, i posti sono assegnati, la cucina a vista è attrezzata: la sfida può ricominciare. Dopo il successo della prima edizione proposta nel 2021, da venerdì 17 febbraioCarlo Cracco riaprirà su Prime Video il suo "Dinner Club", prodotto da Banijay Italia. Quattro nuovi “ospiti” dovranno dimostrare ai fornelli di aver fatto tesoro della sapienza che il grande chef ha elargito loro, dopo averli accompagnati in scorribande nelle tradizioni gastronomiche di quattro zone d’Italia.
Vedremo, dunque, che cos’hanno imparato Antonio Albanese in Alto Adige, Paola Cortellesi sulla Sila, in Calabria, Luca Zingaretti in Romagna e Marco Giallini nella Sicilia orientale. A dare più sapore alle loro esibizioni (condite, in primo luogo, da un’abbondanza di risate!) ci penseranno due ospiti d’eccezione: Luciana Littizzetto e Sabrina Ferilli, che quest’anno fanno il salto dal ruolo di concorrenti (nel 2021 affiancavano Diego Abatantuono, Fabio De Luigi, Pierfrancesco Favino e Valerio Mastandrea) a quello di implacabili e irrefrenabili commentatrici.
Il meccanismo dello show è semplice e viene chiamato “food travelogue” (definizione inglese che possiamo tradurre con “diario di un viaggio sul cibo”): ognuno dei primi quattro episodi della stagione è dedicato a un ospite. Nei 50 minuti della puntata vedremo la ricostruzione del viaggio fatto insieme con Cracco e la preparazione di una cena per tutti i protagonisti della serie. Ogni viaggio sarà un’avventura vissuta a bordo dei mezzi di trasporto più vari (si va dal “romagnolissimo” pedalò alla classica Fiat 500, naturalmente assegnata a Marco Giallini, il più alto dei protagonisti...) scandita da incontri con specialità gastronomiche e personaggi stupefacenti. E all’insegna dello stupore saranno anche le cene, vere esibizioni di virtuosismo affidate ai quattro “aspiranti” chef.
Gli ultimi due episodi (in arrivo su Prime Video da giovedì 23) saranno invece dedicati ai “dopo cena”, ovvero ai momenti di relax fatti di chiacchiere, ricordi di viaggio, battute e ulteriori esperimenti in cucina, che seguono le quattro performance ufficiali.
I protagonisti di "Dinner Club"
Carlo Cracco: «La ricetta che mi ricorda casa? Il ragù della domenica»
Guida, maestro di sapori, spalla d’eccezione per la preparazione delle cene finali: Carlo Cracco è il motore di “Dinner Club”.
In queste “esplorazioni” ha scoperto qualche piatto o ingrediente che l’hanno colpita? «La creatività si alimenta costantemente, ma certe cose ti colpiscono di più proprio perché è difficile portarle fuori dal loro territorio, e dunque diventano un motivo per tornare in quello specifico posto e ritrovarle lì».
Il sapore che le è rimasto nel cuore? «Quello dell’elicriso che abbiamo trovato praticamente sotto l’Etna. Conoscevo già quel fiore, ma non l’avevo mai sentito così profumato e saporito».
Gli italiani si dividono tra quelli che “come si mangia a casa” e quelli che “nulla batte il ristorante”. La famiglia Cracco da che parte stava? «Guardi, io sono andato al ristorante per la prima volta quando ho cominciato a lavorare. Mia mamma era così brava a far da mangiare che tutti i miei amici volevano venire a pranzo da noi».
Un piatto che le fa ricordare la vostra cucina di casa? «Il ragù alla bolognese. Di solito mia madre lo faceva alla domenica. Quel profumo che arrivava in camera era così buono che ti alzavi e avevi già voglia di andare a mangiare».
Creare un piatto o eseguirlo perfettamente: che cosa le dà più piacere? «La creazione, perché il resto è mestiere. Ma i complimenti dei clienti sono fondamentali: ti aiutano ad andare avanti».
Paola Cortellesi: «Con una omelette ho stupito lo chef. Peccato che dopo…»
Sulla Sila, nel cuore della Calabria, Paola Cortellesi non ha fatto una piega di fronte all’antico e potente “sacchiattu” di maiale, e nemmeno con le delizie di un’originale cucina nippo-calabrese. Anzi, ha saputo stupire Carlo Cracco… «Mi ha insegnato a fare l’omelette sul fornelletto da campeggio: è venuta bellissima e buonissima. Quando vedi un Cracco “in presenza” non apprezzi solo la maestria, ma capisci quanto sia bravo a insegnare. Lo dico perché quando ho provato l’omelette a casa... è venuta una schifezza».
Cracco, dunque, è perfetto? «No, ha un problema: vuole fare le battute. Col tempo capirà che è una cosa da risolvere (ride)».
Lei come se la cava ai fornelli? «Ah, io cucino! A una cena in piedi ho avuto persino una trentina di commensali! La mia è una cucina casalinga, non da “esperta”, ma accontento famiglia e amici».
Chi è l’invitato da evitare? «Quello che parla sempre e si avvicina a te e al tuo piatto. Mangiare è una cosa intima e bisogna avere un adeguato distacco dalle pietanze altrui: quelle sono cose che ingerisci!».
Qual è, invece, il suo peggior difetto a tavola? «Mangio veloce, ed è una cosa orribile da vedere, oltre che dannosa. Se voglio andare “lenta”, devo proprio impegnarmi...».
Inviti Cracco a mangiare qualcosa che è nel suo cuore… «Le crespelle in brodo di mia nonna Pasqualina: io gliele chiedevo e lei me le faceva in quattro e quattr’otto. Penso che Carlo Cracco sarebbe entusiasta di assaggiarle».
Marco Giallini: «In casa conservo ancora la forchetta di mio padre»
A Pachino, in provincia di Siracusa, Marco Giallini e Carlo Cracco hanno passato la mattina in un campo d’angurie, sotto il sole, a raccogliere “vaccareddi”, delle lumachine che ora stanno degustando. Giallini è un fiume di battute, ma a tavola viene fuori qualcosa di diverso: un bellissimo ricordo di suo padre. Sembra davvero che parlare di cucina spazzi via tutto quanto c’è di burbero nell’attore…
Che cosa ha “ereditato” dalle tradizioni gastronomiche della sua famiglia? «Quasi tutto, direi. Per esempio, quando faccio la pasta penso a quella di mia madre... Oh, io tiro la sfoglia col matterello sulla spianatoia di legno! E penso a quando lei tagliava le fettuccine “sull’unghia”, come fanno gli chef: ta ta ta ta! Sbagliava di un millimetro a dir tanto!».
Come se la cava ai fornelli? «Me la cavo, perché ho avuto una mamma e una moglie molto brave. Se hai la passione, queste sono situazioni che ti influenzano parecchio. Il mio difetto è che mi lascio alle spalle molto sporco: per fare un uovo finisco per lavare sette pentole».
Immagino che a tavola, quindi, lei sia più abitudinario che sperimentatore… «No, a me piace sperimentare. Una volta all’anno, però!».
Una domanda strana: qual è la sua posata preferita? «La forchetta. Non le forchette in generale, perché in effetti sono più un appassionato di coltelli. Ma una in particolare, che conservo: la forchetta di mio padre. Pesantissima, con i denti allargati. Ecco, se posso scelgo quella».
Luca Zingaretti: «Se invito amici a cena mi occupo... della logistica»
Il viaggio di Luca Zingaretti e Carlo Cracco in Romagna comincia a bordo di un vecchio sidecar, che percorre strade e stradine del verdissimo entroterra. Luca è motivatissimo: con i suoi piatti, dice, vuole stupire gli avversari!
Peccato che un minuto dopo ammetta di non andare molto oltre la preparazione di un uovo sodo… «Più o meno è vero: diciamo che sono molto bravo con le insalate. Vedendo Cracco al lavoro, però, mi sono appassionato e sono migliorato: adesso alla pasta al pomodoro ci arrivo».
Quando si organizza una cena a casa Zingaretti, allora, qual è la sua specialità? «Scegliere gli ospiti giusti, far bere bene… E poi c’è la “logistica”: apparecchio e sparecchio!».
Una curiosità: quei manicaretti che fanno impazzire il commissario Montalbano sono veri? «Per forza! In generale, sul set il mangiare crea un problema: il cibo dev’essere buono, perché non sai quante volte dovrai ripetere la scena, e quindi quanto mangerai. Sul set di “Montalbano” non abbiamo mai avuto problemi, anche perché io divento pericoloso se mi danno qualcosa di cattivo!».
Qual è il suo piatto preferito? «Mi piacciono i piatti semplici. Che non sempre, però, sono semplici da fare. Se devo mangiare spesso in un ristorante o in un albergo, la mia “prova del fuoco” sono gli spaghetti con pomodoro fresco e basilico. O li fai bene, o difficilmente mi rivedrai seduto a un tuo tavolo».