La prima puntata di “Distretto di Polizia” andò in onda il 26 settembre 2000. Era un martedì. C’erano le Olimpiadi a Sydney, le radio trasmettevano “Music” di Madonna, si erano appena tenute le elezioni in quella che era ancora la Jugoslavia e Canale 5 trasmetteva in prima serata una serie ambientata in un piccolo e all’apparenza tranquillo commissariato di zona: il X Tuscolano a Roma.
Sulle note dell’inconfondibile sigla scritta da Pivio & Aldo De Scalzi passavano le immagini delle volanti della Polizia e quelle del commissario Giovanna Scalise, interpretata da Isabella Ferrari. Si annunciavano inseguimenti, sparatorie e storie che da lì ai successivi 12 anni per 11 stagioni e 282 episodi avrebbero tenuto compagnia al pubblico televisivo. Fu il produttore Pietro Valsecchi a volere ostinatamente e con lungimiranza “Distretto di Polizia”. La serie fece subito 7 milioni di ascolto, alcune serate superarono i 10 milioni di spettatori.
Gli autori sono poi finiti a scrivere serie come “Gomorra” (Stefano Bises) o a dirigere la divisione Fiction di Mediaset (Daniele Cesarano). Da “Distretto” sono passati tantissimi di volti noti del cinema e della tv: da Isabella Ferrari a Claudia Pandolfi e Giulia Bevilacqua, da Giorgio Tirabassi a Giorgio Pasotti, Simone Corrente, Giulia Michelini, Giampaolo Morelli, Francesca Inaudi, Carlotta Natoli, Enrico Silvestrin, Max Giusti, Flavio Parenti, Roberto Nobile, Lorenzo Flaherty... Tutti raccontano di essere ancora oggi fermati per strada e riconosciuti come gli attori di “Distretto”. Tutti portano nel cuore un ricordo felice di quella serie televisiva, tuttora trasmessa senza sosta e adesso disponibile gratuitamente sul sito on demand Mediaset Play.
Giorgio Tirabassi - Ispettore capo - commissario Roberto Ardenzi - dalla 1a alla 6a stagione
Io, Ricky Memphis e Simone Corrente arrivammo sul set dopo aver girato per Pietro Valsecchi “Ultimo” e “Ultimo - La sfida”. Fu lui ad avere l’intuizione di portare in tv un cast cinematografico, venivamo da film come “La scorta” e “Il branco”. Per me è stata un’esperienza piena: nello stesso giorno giravi cinque scene, una drammatica, una tragica, una comica e così via. Sono uscito dopo sei stagioni, avevo esaurito tutto quello che potevo dare, appagato, ma anche sfibrato. La serie ebbe talmente successo che, a volte, a Roma non potevamo girare, se si spargeva la voce c’era la folla ad aspettarci. Un giorno a San Basilio si fermò il quartiere. In strada scese una signora, si avvicinò a Ricky con un foglietto e gli disse: «Famme ‘n autografo, sbrigate, che sto ai domiciliari!».
Ricky Memphis - Ispettore Mauro Belli - dalla 1a alla 6a stagione
Per la prima volta facevo una lunga serialità, avevo molta curiosità ed entusiasmo. Inizialmente il progetto comprendeva anche Giuseppe Fiorello, ma poi non si concretizzò. C’era un ambiente talmente familiare e divertente che son riuscito a tirare avanti per sei anni, finché non ce l’ho più fatta. Dieci mesi all’anno per dieci scene al giorno... Se avessi avuto la possibilità di fare un anno di pausa magari sarebbe stato diverso. Mauro Belli l’ho interpretato talmente per tanto tempo, l’ho fatto talmente tanto mio che è come se fossi io. La sua fine è rimasta in sospeso, ambigua, ma a me non piaceva l’idea del rientro, mi sembrava una trovata da soap opera e il pubblico era attento e intelligente. È stato il set fondamentale anche per la mia vita privata: lì ho conosciuto la mia compagna, era l’aiuto regista.
Claudia Pandolfi - Commissario Giulia Corsi - dalla 3a alla 5a e poi 10a stagione
Quando ancora oggi mi dicono che sono Giulia Corsi io godo. Mi piace che mi scambino con i miei personaggi. Questo è stato il mio primo vero ruolo da protagonista in una serie importante. Avevo interpretato una giovane poliziotta nella miniserie “Il sequestro Soffiantini” e Valsecchi mi propose “Distretto”. Approdai sul set che ero già innamorata della coppia Memphis-Tirabassi. Fui accolta e benvoluta da tutti. Ereditai il personaggio del commissario capo da Isabella Ferrari. La sera in cui andò in onda la mia prima puntata, Isabella mi telefonò e mi fece i complimenti, una testimonianza d’amore e d’affetto che non scorderò. Eravamo tutti parte dello stesso progetto. Un’isola felice, una famigliona che si muoveva insieme, non solo gli attori, ma i registi, gli autori, la troupe. Giulia Bevilacqua è diventata la mia migliore amica. “Distretto” fu un fenomeno importante, ricordo gruppi di professionisti, avvocati, commercialisti, che la sera facevano visioni collettive delle puntate.
Roberto Nobile - Sovrintendente capo Antonio Parmesan - dalla 1a all’8a stagione
A Cinecittà il commissariato era fatto da due locali: uno dove c’era il commissario e un altro dove c’erano il centralinista, l’archivista, l’ufficio denunce e io. Funzionava questo incrocio fra scene in esterna con le avventure di tipo americano e scene all’interno con una eco alla commedia all’italiana. È stata un’esperienza strana come attore, andavo a lavorare quasi tutti i giorni come un impiegato. Marco Marzocca, che recitava il ruolo dell’agente Lombardi, era inesauribile: durante le pause faceva numeri, smorfie... e io mi sganasciavo dalle risate. Degli incontri sul set ricordo quello con il grande pugile Nino Benvenuti e con Pietro Taricone, che girò un episodio. Due belle persone.
Giulia Bevilacqua - Ispettore Anna Gori - dalla 5a alla 9a stagione
Sono arrivata sul set a 23 anni, avevo appena finito il Centro sperimentale di cinematografia. Ero emozionatissima. Fare “Distretto” era come fare un film con un premio Oscar. Qualche anno prima mi avevano chiamato per un ruolo in una puntata e non mi avevano preso. Stavolta andò bene e piansi di gioia. In cinque anni “Distretto” mi ha insegnato tutto. Giravamo nove mesi l’anno. Noi attori trascorrevamo le pause in una roulotte, dove mangiavamo, scherzavamo, suonavamo la chitarra. Con Claudia Pandolfi è nata una grande amicizia, con Simone Corrente, per un po’, anche l’amore.
Lorenzo Flaherty - Ispettore Walter Manrico - dalla 1a alla 2a stagione
La prima volta che vidi la sigla pensai: è pazzesca! Anche il modo di recitare era diverso, era come se non ci fosse neanche la sensazione di recitare. Il mio personaggio era un po’ il Serpico della situazione. L’ho molto amato e pure il pubblico, ci sono ancora ragazzi che mi fermano o persone che sanno cose del mio Manrico che persino io non ricordo. Sono andato via dopo il secondo anno per fare altre esperienze. Ma tutte le volte che passo da via Tuscolana, rido pensando ai primissimi tempi a un episodio. Stavamo girando una scena in strada, si ferma una vecchietta e chiede cosa stesse succedendo. «È una nuova serie, ci sono Memphis, Flaherty...». E lei di rimando: «Sì, ma di italiano chi c’è?».
Pietro Valsecchi: «Così ho creato una fiction innovativa e moderna»
La serie “Distretto di Polizia” ha portato la fiction italiana nella contemporaneità, sia a livello di contenuti che di modello produttivo. Mediaset, nella persona di Roberto Pace, un manager visionario e coraggioso, alla fine degli Anni 90 mi aveva chiesto di realizzare una lunga serialità poliziesca. Ho iniziato a lavorarci, ho chiamato due ottime penne come Gabriele Romagnoli e Marcello Fois, e attori che, con Raoul Bova, avevano appena portato al successo la miniserie “Ultimo”. E ho creato un concept davvero innovativo: un poliziesco corale, come si facevano negli Usa, diverso dalle classiche fiction italiane incentrate su un protagonista unico (come il maresciallo Rocca o il commissario Montalbano).
Ma soprattutto una novità di struttura, l’introduzione della cosiddetta “linea orizzontale”, cioè un filone di racconto poliziesco che inizia nella prima puntata e termina con l’ultima. Infatti, oltre ai casi che si risolvevano nel corso della puntata, nella prima stagione di “Distretto” si seguiva la storia della commissaria Scalise (all’epoca un commissario donna era una grande novità), interpretata da Isabella Ferrari. La Scalise aveva abbandonato la Sicilia e si era rifatta una vita a Roma, ma continuava a essere minacciata dalla mafia. Il successo incredibile di “Distretto” è stato merito però soprattutto di chi ci ha lavorato: una generazione di giovani sceneggiatori che, usciti dalla Taodue, si sono fatti strada in Italia e nel mondo. Ricordo tra i tanti Leonardo Fasoli, Stefano Bises, Daniele Cesarano, Barbara Petronio; dei registi come Renato De Maria, che hanno saputo dare un’impronta moderna; e infine, fondamentali sono stati gli attori che hanno incarnato alla perfezione i personaggi che avevo creato, in primis Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis.
Fu un’esperienza incredibile per me che seguivo ogni passaggio della produzione: dalla scrittura fino alla fase fondamentale del montaggio. E concludo con un aneddoto: per risparmiare sui costi di produzione mi consigliarono di girare con le telecamere e non in pellicola, ma io rifiutai. Anche se rischiavo di rimetterci non avrei mai girato in elettronica, che all’epoca aveva una qualità molto bassa, perché ero convinto che al pubblico bisognasse dare una serie di qualità. Il boom di ascolti mi ha permesso di girare ben 11 stagioni: da qui ho imparato che il pubblico va sempre rispettato e alla fine, se sarà contento e ti seguirà, arriveranno anche le soddisfazioni economiche.
Parla l’attrice interprete di tante fiction: «Ho iniziato al cinema, ma è stata la tv a darmi la notorietà. E dopo 17 anni ancora mi fermano per Angela di Distretto di polizia!»