Durante l’estate, in America tutti parlavano di un’unica serie tv: “Euphoria”, un teen drama rivolto (paradossalmente) a un pubblico maturo che arriva su Sky Atlantic in tre serate dal 26 al 29 settembre. Tutte le otto puntate della prima stagione sono da subito disponibili su Now Tv e su Sky On Demand per un comodo binge watching.
La serie - che segue la vita di alcuni adolescenti tramite la voce narrante della protagonista, la diciassettenne tossicodipendente Rue (interpretata dalla star di Disney Channel Zendaya) - ha fatto molto parlare di sé per la rappresentazione diretta, senza filtri e a tratti disturbante dei problemi della Generazione Z.
Un racconto autentico che ha convinto tutti, ma proprio tutti: nel giro di un’estate “Euphoria” è diventata un vero e proprio fenomeno di culto, al punto che il make-up vivace, multicolor e psichedelico che caratterizza gli occhi delle protagoniste femminili è finito anche sulle passerelle delle ultime sfilate, fino alla consacrazione del filtro di Instagram.
Rue (Zendaya) ha diciassette anni, soffre di ansia e depressione da quando era bambina e si è rifugiata nell'abuso di sostanze. Dopo un’estate passata in rehab in seguito a un’overdose, torna a casa e ha subito una ricaduta. Le cose iniziano a cambiare quando a una festa conosce Jules (Hunter Schafer), una ragazza transgender con cui stringe un’intensa amicizia che presto si trasforma in qualcosa di più. Tramite gli occhi e la voce di Rue seguiamo anche la vita di alcuni compagni di scuola, tutti alle prese con i disagi e le insicurezze tipici dell’adolescenza.
"Euphoria", ispirata a una miniserie israeliana omonima del 2012, si basa in parte sulle esperienze giovanili di Sam Levinson, creatore nonché autore della sceneggiatura. «Ho trascorso la maggior parte dell’adolescenza tra ospedali e centri di rehab», ha raccontato all’Hollywood Reporter. «Ero un tossicodipendente e mi facevo di qualunque cosa, fino ad arrivare a non riuscire più a sentire, respirare o provare nulla».
«In rehab ho capito di essere un bugiardo, un ladro, un drogato e di aver trattato male quasi tutti i miei cari. C'è stato un momento in cui ho pensato: “Dentro di me non mi sento così, penso di essere una persona migliore”». Il percorso di Levinson, che non fa uso di droghe da quattordici anni, si rispecchia in qualche modo in quello di Rue. Assume sostanze per “spegnere” il cervello, un'automedicazione per quietare i sintomi di ansia e depressione. Finché non decide di provare a disintossicarsi sul serio.
Essere adolescenti oggi
Intendiamoci: “Euphoria” non vuole essere un ritratto realistico della quotidianità degli adolescenti di oggi. Le vicende dei protagonisti sono esasperate: c’è il ragazzo che quasi ammazza di botte un ragazzo più grande; la ragazza che viene ricattata affinché dia una falsa testimonianza alla polizia; quella che diventa camgirl facendo una valanga di soldi. Del resto stiamo comunque parlando di un teen drama, dove la componente drama è evidente e sopra le righe.
Ma la pura narrazione e le vicende estreme si intrecciano con un linguaggio che vuole essere diretto, autentico, senza filtri e che riesce ad affrontare anche problemi reali e tematiche delicate. Non è un approccio di per sé rivoluzionario: “Skins” ci aveva già pensato nel 2007, con quel suo ritratto estremo ed esagerato dell’adolescenza che però riusciva a toccare temi e disagi profondamente vissuti dai millennial.
E quindi ecco che anche le storyline più spiccatamente fittizie riescono a parlare di problemi reali, dal disagio per il proprio corpo allo slut shaming al bullismo. Il tutto senza mai usare un tono condiscendente o paternalistico, mostrando i fatti nudi e crudi senza alleggerirli a suon di retorica e, soprattutto, senza giudizi.
Dipendenza, pornografia e salute mentale
“Euphoria” mette lo spettatore di fronte ad alcuni aspetti della vita degli adolescenti di oggi - i nativi digitali, nati e cresciuti nell’era di internet e dei social media - senza girarci attorno, mostrando la realtà per quella che è. Ad esempio, la voce fuori campo di Rue ci comunica che per lei e i suoi coetanei i nudes (gli scatti di nudo fatti col cellulare) fanno semplicemente parte della normale comunicazione. La voce del regista non si insinua a forza nella narrazione offrendoci un giudizio sulla questione e Rue non fa altri commenti in merito: si limita a esporre i fatti, mettendoci di fronte alla realtà.
Alcune tematiche vengono affrontate molto bene nella loro crudezza: il ritratto della dipendenza di Rue è preciso, non viene edulcorato né tantomeno reso platealmente drammatico. Vediamo lo “sballo” delle droghe e poi come la dipendenza la divori dall’interno, logorando i suoi rapporti personali e familiari. Anche i disturbi mentali vengono trattati con onestà: non solo ansia e depressione, ma anche il disturbo bipolare viene tratteggiato realisticamente, mostrandone sia un episodio depressivo che uno maniacale in maniera così autentica che diverse persone bipolari sui social hanno dichiarato di essersi sentite adeguatamente rappresentate.
Non si può parlare di adolescenti senza parlare di sesso. “Euphoria” lo fa senza censure, non solo a livello visivo, ma anche accennando alle conseguenze della fruizione incontrollata di pornografia da parte degli adolescenti. Non serve Rue a dirci che anche i teenager, come gli adulti, guardano i porno. Ciò che Rue ci fa notare però è che per i suoi coetanei il primo approccio al sesso avviene proprio tramite la pornografia, che oltre a essere poco realistica tende spesso anche a essere estrema e a mostrare la donna come mero oggetto sessuale. Con tutto ciò che ne consegue a livello relazionale: finiscono per sovrapporre finzione e realtà. Nessuno di loro viene giudicato per essere semplicemente figlio del suo tempo, né si cerca di sconvolgere lo spettatore a tutti i costi. Anzi, la voce fuori campo di Rue - per quanto dai modi schietti e spicci - riesce sempre a garantire un certo grado di empatia.
"Euphoria"
Immagini e musica
“Euphoria” non colpisce solo per come racconta gli adolescenti e i loro problemi, ma anche per l’impianto tecnico. La fotografia e i costumi non sono solo ben confezionati, ma in alcuni casi sono un vero omaggio al cinema. Durante la festa di Halloween, ad esempio, il vestito da angelo di Jules richiama quello di Claire Danes in “Romeo + Juliet”, e la scena del bacio in piscina è quasi un calco del film.
E poi c’è la musica. La colonna sonora che accompagna la serie - con nomi come Lizzo, Billie Eilish, Drake (che è anche produttore della serie) - in alcune scene fa quasi da coprotagonista. E non è un caso che la prima stagione si chiuda proprio su un numero musicale, una coreografia improvvisa, inaspettata e travolgente che riesce a trascinare lo spettatore nella mente di Rue, nella sua depressione e nel suo rapporto con la dipendenza meglio di una qualunque scena dialogata.
Intitolato “F*ck anyone who’s not a sea blob” e dedicato a Jules, il secondo episodio speciale di "Euphoria" arriva su Sky Atlantic nella notte tra il 24 e il 25 gennaio