Il duo debutta su Netflix con una serie tv: un giallo comico che inizia da uno strano delitto di mafia

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Noi di Sorrisi abbiamo visto in anteprima per voi la serie tv “Incastrati”, scritta, diretta e interpretata da Ficarra e Picone. Ci è piaciuta così tanto che abbiamo divorato d’un fiato i sei episodi disponibili su Netflix dal 1° gennaio e lo diciamo subito ai due attori e registi, per iniziare l’intervista di buonumore.
Ragazzi, abbiamo fatto, come si dice ora, “binge watching” della vostra prima serie tv!
Picone: «Mi dispiace molto, è grave?».
Ficarra: «Ma che è, una cosa di famiglia?».
In effetti sì, “Incastrati” va bene per tutta la famiglia: anche voi i primi giorni del 2022 starete davanti alla tv per riguardarvi?
Ficarra: «E certo».
Picone: «A famiglie unificate».
Ma raccontateci un po’: com’è che vi siete fatti “incastrare” in una serie tv?
Picone: «Siamo sempre stati affascinati dal mondo delle serie, già prima della pandemia le guardavamo e poi ancora di più. E ci piacciono le nuove sfide».
Ficarra: «Dopo il cinema e il teatro era un gioco nuovo e quindi ci siamo messi a giocare».
Ed è stato diverso, più faticoso, complesso o divertente, rispetto alle esperienze precedenti?
Picone: «Scrivendo “Incastrati” ci siamo resi conto che in una serie tv puoi approfondire di più la psicologia dei personaggi».
Ficarra: «Come ogni cosa nuova, all’inizio è stato più complesso entrare nel meccanismo, ma quanto a divertimento e fatica si equivalgono ad altre esperienze sul set».
Stavolta interpretate due tecnici dei televisori, Salvo e Valentino, che loro malgrado restano invischiati in un omicidio, un caso classico da giallo televisivo. È una sottile critica alla proliferazione dei “crime” in tv?
Picone: «Sicuramente è una serie che racconta le serie, c‘è un racconto nel racconto».
Ficarra: «Nella storia io sono fan di una serie tv (inventata, ndr) che si intitola “The touch of the killer” e del suo protagonista: l’ispettore Jackson. E metto in pratica quello che ho imparato dalla tv su indizi e prove da cancellare. Lo facciamo un po’ tutti, siamo un popolo di investigatori».
Tornate anche a parlare, a modo vostro, di evasione fiscale e mafia. Perché questa scelta?
Picone: «L’evasione fiscale è un “sempreverde”. Se ne parla da secoli, già dai tempi degli antichi romani. E di mafia bisognava parlare perché c’è ancora, anche se sembra non colpire come negli anni più bui della nostra Repubblica».
Ficarra: «Ne abbiamo fatto un ritratto “aggiornato”, pescando dall’attualità».
La serie è girata tutta in Sicilia. Che località possiamo riconoscere guardandola?
Ficarra: «Il paese di Castelmonte è immaginario, ma ci sono tanti scorci di Palermo, Carini (PA), Scopello (TP), Castellammare del Golfo (TP), San Vito Lo Capo (TP), Sciacca (AG)…».
Il convento dove Salvo e Valentino vanno a comprare dei dolci buonissimi, nella realtà cos’è?
Picone: «Un posto splendido: l’Abbazia di Santa Maria del Bosco, a Contessa Entellina (PA)».
A proposito di dolci, le Feste in Sicilia sono ad alto tasso glicemico. Quali squisitezze portate in tavola in questo periodo?
Ficarra: «I dolci tipici siciliani: il panettone, lo strudel, la Sachertorte, famosi in tutto il mondo (qui Picone non resiste e scoppia a ridere, ndr)».
Nella serie scappa un sorriso quando la moglie di Salvo, Ester (l’attrice Anna Favella), fissata con i cibi sani, inventa piatti con l’orzo decorticato. Le pietanze salutari non vi aggradano?
Ficarra: «Sono drammi della modernità...».
A un certo punto c’è pure una battuta sullo yoga, definito “gargarismi di gruppo”. Voi non praticate?
Ficarra: «Ora l’associazione “yogatori” si lamenterà».
Picone: «E pensare che ci ho pure provato, una volta».
Ha abbracciato un albero?
Ficarra: «Ci ha sbattuto contro, l’ha preso di petto».
Nel cast ci sono tanti attori siciliani come Sergio Friscia, Sasà Salvaggio, Marianna Di Martino, Mary Cipolla e Tony Sperandeo. Volevate circondarvi di amici?
Picone: «Cerchiamo di farlo sempre, per creare un bel clima sul set. Abbiamo costruito personaggi su misura per gli attori. Di Tony Sperandeo siamo particolarmente orgogliosi, perché solo lui poteva unire una faccia da boss cattivo con la sua venatura comica. Così è nato il personaggio di “Cosa inutile”. È vero Salvo?».
Che vuol dire “cosa inutile”?
Ficarra: «Dunque, il palermitano distingue tra “cose inutili” e “cos’iccari” (cose da gettare, in dialetto siciliano, ndr). Le persone dette “cose inutili” sono prive di funzione, decorative, ma tutto sommato possono stare lì ferme e non fare danni, tipo soprammobili. Le “cos’iccari“, invece, sono senza speranza».
In definitiva, in “Incastrati” si capisce perché vi “incastrate” perfettamente l’uno con l’altro?
Ficarra: «Si capisce benissimo che Picone è il “pizzo” che io sono costretto a pagare alla vita».
E per rendere la vita meno amara, che genere di serie tv guardate?
Ficarra: «A me piacciono molto quelle ispirate a storie vere, come “The spy” o “The crown”».
Picone: «Io non riesco a guardarle perché Ficarra me le “spoilera” tutte nei minimi dettagli. Ieri mi ha raccontato “I Soprano”, sei stagioni, minuto per minuto».
Per carità, niente spoiler: non anticipiamo nulla di “Incastrati”, soprattutto il finale. Una cosa però dobbiamo assolutamente saperla: ci sarà la seconda stagione?
Picone: «Speriamo di sì!».
Ficarra: «Anzi, noi volevamo iniziare proprio con la seconda stagione, per vedere se andava bene e poi, al limite, fare la prima».
E prima di scrivere “Incastrati 2” avete in mente dell’altro?
Picone: «Qualcosina ci sarebbe».
Ficarra: «Ma non ve la diciamo, perché voi giornalisti avete questo brutto vizio di scrivere le notizie. Quando ve lo togliete, ci risentiamo».