Ficarra & Picone: «Rimanere “Incastrati” non è mai stato così divertente»

La serie in cui i due comici si districano fra delitti, mafiosi, frati, mogli, suocere e giornalisti

19 Marzo 2024 alle 12:34

Ficarra & Picone tornano su Canale 5 come autori, registi e protagonisti di “Incastrati”, serie tv prodotta e distribuita nel 2022 da Netflix in sei episodi che ora vengono “riuniti” in una prima serata in replica, in attesa della seconda stagione in prima tv in chiaro, prevista in due puntate, il 26 e il 28 marzo.

Dopo tanta televisione, teatro e cinema, questa è la vostra prima serie tv.
Ficarra: «Ci piaceva l’idea di misurarci con una nuova forma espressiva. Siamo curiosi, ci piacciono le “stranezze”, citando il titolo del film di Roberto Andò (“La stranezza”, dove recitano entrambi, ndr): amiamo presentarci in una veste nuova, andare a sconvolgere le abitudini».
Picone: «Se si vedono i nostri film non c’è uno che sia uguale all’altro, abbiamo cambiato ambientazione, argomenti, epoche. Abbiamo deciso di affrontare la serie tv perché è molto stimolante, ha un linguaggio diverso da quello del film».

Senza “svelare” troppo, è la storia di Salvo e Valentino, due ingenui amici...
Ficarra: «Sono tecnici specializzati in televisori che fanno riparazioni a domicilio. Un giorno si ritrovano nella casa di un uomo che è stato appena ucciso da un misterioso killer e fanno la scelta sbagliata: invece di chiamare la polizia decidono di pulire tutto e scappare».
Picone: «Erano entrati per aggiustare il televisore e da quel momento iniziano le loro disavventure. Si trovano “incastrati” dentro una storia più grande di loro».

Rivedendovi in tv cos’è che vi ha fatto più ridere di questa storia?
Ficarra: «Il mix tra atmosfere “crime” e commedia. Abbiamo cercato di non fare un giallo troppo spaventoso e allo stesso tempo di inserire la comicità all’interno del racconto di un delitto. Tanti personaggi sono divertenti come i frati o i “Testimoni di Dio” (un movimento religioso, ndr). Amiamo molto il personaggio di Tony Sperandeo: lo avevamo ideato anni fa, ma non trovavamo mai la collocazione giusta».
Picone: «È un mafioso che quando dice le bugie balbetta. È il capolinea della satira che si può fare nei confronti di un mafioso. Lui è il capo degli improbabili: è l’unico che si veste da mafioso, tipo il Padrino, e quello che ci crede di più. Ma è pure il meno credibile».

Ma i giornalisti ve li immaginate tutti come il personaggio di Sergio Friscia, sempre affamati di delitti e notizie cruente?
Ficarra: «È una rappresentazione ironica che rievoca un periodo in cui in Sicilia c’erano tanti omicidi. Oggi che la mafia è silente, ma non perché non ci sia più, questo giornalista ha “nostalgia” della sua stagione d’oro».
Picone: «Una volta facevamo “i siciliani stanchi” che si lamentavano sempre dicendo: “Ahia ahia ahiaiai!”. È ovvio che non tutti i siciliani sono così. E questo vale anche per i giornalisti. Sergione è un eccesso che ci divertiva: il comico gioca su esagerazioni e capovolgimenti».

La serie è stata realizzata da Netflix: in quanti Paesi è stata vista?
Ficarra: «La prima stagione in circa 180 Paesi. La cosa divertente è stata vedere i ragazzi di tutto il mondo, dall’Africa all’India e all’America, fare dei video in cui guardavano la serie e mostravano le loro reazioni mentre ridevano alle nostre battute».
Picone: «È stato divertente vedersi doppiato in tante lingue. Nella versione inglese hanno scelto per me una voce un po’ troppo nasale, diversissima. Invece, pensi che mentre stavamo girando “Incastrati 2”, ci ha fermati una famiglia americana per fare una foto con noi».

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