Su Prime Video il 17 maggio arriva la seconda stagione di "Fleabag", la serie scritta, diretta e interpretata dalla creatrice di "Killing Eve"

Il 17 maggio su Amazon Prime Video arriva la seconda (e ultima) stagione di “Fleabag”, la serie scritta, diretta e interpretata da Phoebe Waller-Bridge incentrata sulla vita di una londinese senza nome tra i venticinque e i trent’anni.
Messa così, non si direbbe niente di che, e invece è una delle serie migliori degli ultimi anni (la prima stagione è andata in onda in Gran Bretagna nel 2016), con uno dei personaggi femminili più veri e meglio scritti di sempre. Vi spieghiamo perché.

Che cos'è "Fleabag"
“Fleabag” è una serie tratta dall’omonimo monologo teatrale scritto da Phoebe Waller-Bridge (e nominato a un premio Olivier). Un po’ dramma e un po’ commedia (o, semplicemente, dramedy), segue le vicende di una londinese vicina ai trent’anni alle prese con la vita adulta, le relazioni con gli uomini e la famiglia, l’accettazione del lutto e un lavoro - la gestione di una caffetteria - che sembra bloccato come lei. La protagonista non ha un nome, ma è a lei che si riferisce quel Fleabag del titolo, un epiteto traducibile come “sacco di pulci” (e in parte autobiografico: i genitori di Waller-Bridge la chiamavano affettuosamente Flea, pulce).
Non un bel soprannome né un adorabile nomignolo, eppure dà subito la misura del personaggio: Fleabag non è esattamente una bella persona, anzi tratta male il fidanzato, ha un rapporto difficile con la sorella, il padre e la matrigna (interpretata da Olivia Colman, premio Oscar per “The Favourite”), è sessualmente molto emancipata, ma sembra usare il sesso più che altro per riempire il vuoto lasciato dalla morte della sua migliore amica, è volgare e sarcastica.
Fleabag è, insomma, una donna problematica ma non per questo detestabile. Anzi, nel suo rompere la quarta parete rivolgendosi direttamente alla telecamera, crea un rapporto intimo e privilegiato col pubblico, che non può che amarla e sentirla in qualche modo vicina a sé. Perché, nonostante il suo essere a tratti sui generis, nei suoi errori, nel suo linguaggio sboccato e nelle sue colpe Fleabag è genuinamente umana, un personaggio femminile tra i più “veri” del piccolo schermo.

Chi è Phoebe Waller-Bridge
Ideatrice, autrice e interprete di “Fleabag” è Phoebe Waller-Bridge, un nome che potrebbe non dire molto al pubblico italiano nonostante si tratti di una delle autrici televisive britanniche di maggiore successo degli ultimi anni.
Ha esordito come attrice teatrale prima di approdare in tv e al cinema (ha preso parte alla seconda stagione di “Broadchurch” e l’anno scorso ha prestato la voce al droide L3-37 in “Solo: A Star Wars Story”), ma ha veramente raggiunto il successo come autrice. Nel 2016 ha creato, scritto e interpretato la miniserie “Crashing” (disponibile su Netflix) e poi “Fleabag”, che le ha fatto vincere un BAFTA alla migliore attrice protagonista di una serie comedy.
È stato solo l’inizio. Nel 2018 ha raggiunto la fama e il riconoscimento internazionali con “Killing Eve”, serie da lei creata ispirata ai libri di Luke Jennings (la trovate su TimVision, la seconda stagione è attualmente in corso). Waller-Bridge ne ha anche firmato la prima stagione, che ha ottenuto tre BAFTA tra cui quello alla miglior serie drammatica.
Con “Fleabag” ha dimostrato di saper mescolare abilmente dramma e commedia con un personaggio visceralmente genuino; con “Killing Eve” ha alzato ulteriormente il livello mescolando thriller e momenti comici per un risultato che sta facendo impazzire il pubblico americano ed europeo. E non solo il pubblico, perché è di poche settimane fa la notizia che Phoebe Waller-Bridge rivedrà, correggerà a sistemerà la sceneggiatura del nuovo film di James Bond. Di chi è stata l’idea? Dell’agente 007 in persona, o meglio del suo interprete Daniel Craig.

Perché non dovete perdervela
“Fleabag” è una serie imperdibile (e, tra l’altro, è molto breve: ogni stagione è composta da sei episodi di circa trenta minuti l’uno, e Phoebe Waller-Bridge ha dichiarato che l’ultimo episodio della seconda stagione è anche quello conclusivo dell’intera serie).
È imperdibile per diversi motivi. Innanzitutto, fa davvero ridere: Waller-Bridge ha un umorismo tagliente e spesso dissacrante, sempre arguto e mai banale, piatto o che sa di già visto. Basta già il monologo d’apertura a dare la misura della sua comicità e del personaggio.
E a proposito del personaggio, Fleabag è un’antieroina moderna, una donna che si muove in cerchio, bloccata nel suo comportamento autodistuttivo e nell’incapacità di capire come funzioni la vita adulta. È ben lontana dall’immagine della donna perfetta ed educata, e in questo è molto più reale: non ha peli sulla lingua, fa battute volgari e politicamente scorrette, è sessualmente emancipata e non si fa problemi a parlare di ciclo mestruale. È anche crudele, vendicativa ed egoista, ma va bene così: «Le donne vengono costantemente sessualizzate in tv», ha detto Waller-Bridge alcuni mesi fa nel corso di un’intervista al Guardian. «Vengono oggettivizzate. Eppure un’esplorazione del desiderio femminile è molto eccitante: può essere una brava persona, ma gli angoli più oscuri della sua mente sono insoliti e incasinati, perché è così che sono quelli di tutti».
«Scrivo pensando a ciò che vorrei guardare, cerco sempre di soddisfare il mio stesso appetito», ha spiegato. «Il che credo significhi donne trasgressive, amicizie e dolore». Perché dietro la comicità e le battute, in “Fleabag” c’è anche molto dolore, spesso implicito e ben nascosto e altre volte più esplosivo e disarmante (e, di nuovo, un dolore con cui ci si può identificare: gli anglofoni lo definirebbero relatable).
Umorismo brillante, un personaggio femminile che non è piacevole ma che non si può non amare, una rappresentazione schietta e onesta del dolore e dell’incertezza millennial: già questo dovrebbe bastare per convincere a recuperare la serie, ma “Fleabag” convince anche per come tratteggia i rapporti umani, e in particolare la relazione tra sorelle e quella tra migliori amiche. Rapporti fatti di complicità e intimità, ma anche conflitto e competizione: Waller-Bridge offre un ritratto vero e onesto anche di questo, e alla fine sono proprio il legame tra Fleabag e Boo e quello tra Fleabag e la sorella Claire il cuore emotivo della serie, più di qualunque altra relazione.

La seconda stagione
Avevamo lasciato Fleabag da sola (e in lacrime) dopo aver scoperto tramite un breve flashback che è stata lei la causa indiretta del suicidio di Boo, la sua migliore amica. La ritroviamo, a un anno di distanza, a una cena di famiglia dove il piatto forte sembrano essere il disagio e l’imbarazzo: sua sorella Claire non le ha più rivolto la parola dopo aver troncato qualunque rapporto con lei, suo padre e la matrigna stanno per convolare a nozze e a tavola c’è anche il prete che officerà la cerimonia, interpretato da Andrew Scott (il Moriarty di “Sherlock”, per intenderci).
E sarà proprio la figura dell’affascinante, sboccatissimo prete (cattolico, tra l’altro) ad avvicinare in qualche modo Fleabag alla religione, a dio e all’amore. Il tutto mentre ancora lotta con il mondo che la circonda e con le difficoltà di essere adulti senza il libretto di istruzioni per affrontare il mondo.