Qualsiasi classifica voi leggiate sulle migliori serie tv del 2017, è difficile non trovare sul podio «The Handmaid’s Tale», la serie vincitrice di 8 Emmy Award e 3 Golden Globe tratta dal romanzo cult di Margaret Atwood.
Il motivo non è solo da ricercare nella sua perfetta confezione artistica - con regia, interpretazione e messa in scena in grado di unire cinema d’autore e tempi televisivi - ma anche nella grande attualità della storia raccontata.
Per chi non lo avesse mai visto: «The Handmaid’s Tale» è un thriller distopico ambientato in un futuro ipotetico in cui alle donne è stato tolto qualsiasi diritto - libertà, indipendenza economica, eguaglianza - trasformandole in semplici oggetti alla mercé di uomini sempre più potenti. Senza contare che in questa società, conservatrice e divisa in ranghi gerarchici, sono sempre più diffusi i casi d’infecondità. Le poche donne che ancora riescono ad avere figli sono chiamate ancelle e il loro utero è al servizio dello Stato. Vestito rosso e cuffia di lino bianco per proteggere lo sguardo, le ancelle vengono ‘date in affido’ alle famiglie più ricche, nel tentativo miracoloso di dar loro un figlio.
In bulimia da serie tv, non sono tante quelle di cui attendiamo le stagioni a venire con trepidante attesa: lasciare il segno è sempre più difficile, ma «The Handmaid’s Tale» è riuscita in questo intento. Prima d’iniziare la seconda stagione, che sarà disponibile in streaming dal 26 aprile su TIMVISION - a meno di 24 ore della messa in onda negli USA - ripassiamo a che punto eravamo arrivati e proviamo a capire cosa possiamo aspettarci.
Margaret Atwood
«The Handmaid’s Tale» è tratto da uno dei romanzi più importanti della celebre autrice canadese Margaret Atwood (edito in Italia da Ponte alle Grazie col titolo «Il racconto dell'ancella»). Nel corso della sua carriera come scrittrice, docente e giornalista, la Atwood si è dedicata ad affrontare la questione femminile sotto diversi punti di vista offrendo, attraverso le proprie opere, originali spunti di riflessione e dialogo. In quasi tutti i suoi romanzi le protagoniste sono donne che devono affrontare problemi causati dallo strapotere maschile.
Il mondo di Gilead
Gilead è un mondo inventato da Margaret Atwood: un luogo-non luogo per raccontare che quello che vediamo accadere in «The Handmaid’s Tale» potrebbe succedere ovunque e in qualsiasi momento.
Gilead è situato dove un tempo sorgeva Boston, ma a parte l’involucro cittadino ormai svuotato dalla vita libera che conosciamo oggi e che ripercorriamo attraverso i ricordi di June (la protagonista interpretata da Elisabeth Moss), tutto è cambiato. La società è divisa in gerarchie, si vive in modo molto più semplice (ognuno indossa una divisa, la spesa è limitata al fabbisogno giornaliero del nucleo famigliare e non tutti i generi alimentari sono sempre disponibili) e conservatore (il "sia lodato il signore" ripetuto incessantemente, ma anche il rigore monastico con cui vivono le ancelle).
L’uso della parola è limitato: gli abitanti si scambiano perlopiù ritornelli celebrativi confezionati dal governo. Come un vero regime totalitario, Gilead è piena di simboli, ma non ha un unico leader: è lo strapotere maschile a regnare, mascherato da perbenismo religioso.
Le ancelle e le altre
A Gilead il rango e la funzione delle donne è riconoscibile attraverso i colori dei loro abiti. Quelle in blu sono le mogli degli uomini potenti. Quelle verdi vengono chiamate "Marte" e fanno lavori di servitù, come la cuoca o la domestica. Quelle in grigio sono le "Zie", ovvero le istitutrici: hanno il ruolo di educare e far rispettare l’ordine imposto. Le ancelle, invece, vestono il colore rosso, che in questo caso assume il valore simbolico del sangue, visto che sono le uniche donne ancora fertili.
Nelle puntate precedenti
[Allarme spoiler: se non avete visto la prima stagione e volete recuperarla, non leggete oltre]
June Osborne, ribattezzata Difred (Elisabeth Moss), è un’ancella - ovvero una donna con capacità riproduttive - assegnata alla casa del comandante Fred Waterford (Joseph Fiennes) e di sua moglie Serena Joy (Yvonne Strahovski).
La sua vita fuori dall’abitazione consiste in lunghe passeggiate e commissioni domestiche accompagnata da una sua simile assegnatale dal governo. Nel caso di June è Diglen (Alexis Bledel): tra le due donne s’instaura da subito una proibitissima amicizia, che porta June a scoprire l’esistenza di un movimento di resistenza e a decidere di farne parte, mentre l’amica viene catturata dal Governo ed esiliata nei campi di lavoro.
Nel frattempo, non essendo rimasta incinta dal suo "comandante", June viene spinta tra le braccia del tuttofare domestico Nick (Max Minghella), con cui intreccia una relazione amorosa. Alla fine della prima stagione, finalmente in attesa, June inizia il suo "canto della rivolta" rifiutandosi, e provocando le altre ancelle a fare lo stesso, di lapidare una compagna Janine (Madeline Brewer) rea di aver tentato di rapire il figlio avuto con il suo padrone. Per questo anche June viene catturata dal Governo, diretta non sappiamo ancora se in prigione, nei campi di lavoro o altrove.
Difred, tra passato e presente
«The Handmaid’s Tale» è tutto giocato tra il presente di June nella sua nuova veste di Difred l’ancella e il suo passato di madre, moglie, amica e professionista. Attraverso i ricordi della donna, nella prima stagione scopriamo come l’insensata violenza con cui il regime si è insidiato bandisca qualsiasi forma di sentimento al di là dell’odio e della paura, promuovendo una società rigorosa, ma insensata, in cui solo gli uomini - intesi come maschi - possono godere di un potere smisurato, ridotto però spesso dalla propria natura sterile.
[Spoiler alert prima stagione] Alla fine della prima stagione capiamo che la figlia di June è viva, ma in affido a una famiglia benestante, così come suo marito Luke (O.T. Fagbenle), raggiunto nel libero Canada da Moira (Samira Wiley), amica storica della moglie, riuscita a fuggire da Gilead dove era costretta a prostituirsi.
Cosa aspettarci dalla seconda stagione
«The Handmaid’s Tale 2» sembra rispettare le aspettative che la circondano. Quello che vi possiamo confermare tra tutte le ipotesi avanzate in questi mesi è che la serie esce dai confini di Gilead per raccontare le colonie, di cui fino a oggi abbiamo solo percepito la minacciosa presenza.
Le colonie sono i "campi di lavoro" in cui vengono portate le donne accusate di aver fatto opposizione al governo, quelle sterili o quelle da emarginare (come le omosessuali). Qui si trova Diglen, interpretata dalla irriconoscibile Alexis Bledel di «Una mamma per amica», che prende molto più spazio nel corso delle nuove puntate.
Altro luogo in cui si muove «The Handmaid’s Tale 2» è il Canada, da dove immaginiamo che Luke e Moira si metteranno alla ricerca di June, la quale nel frattempo non sappiamo se riuscirà o meno a salvarsi dalle grinfie del Governo. Solo se questo dovesse accadere, la rivolta potrebbe avere inizio.
In qualsiasi caso, preparatevi a un’ulteriore escalation di violenza.