L'attore interpreta Vincenzo Florio, un mercante senza scrupoli
Otto puntate per raccontare quasi un secolo di storia della famiglia Florio e della Sicilia del 1800. Dopo il successo letterario di “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci (seguito da una fortunata saga), la serie disponibile su Disney+ dallo scorso autunno e diretta da Paolo Genovese, arriva in prima serata su Rai1 dal 10 settembre. Michele Riondino è Vincenzo Florio, figlio e nipote di due fratelli calabresi (interpretati da Vinicio Marchioni e Paolo Briguglia) scappati dalla loro terra dopo un terremoto. A Palermo apriranno una bottega di spezie da cui il giovane Florio farà nascere un impero economico.
Michele, è anche lei un fan del romanzo?
«Conoscevo il successo letterario del libro ma non lo avevo letto. Ho cominciato a farlo subito dopo che si era capito che avrei lavorato con Paolo Genovese. Così ho letto il romanzo e la sceneggiatura contemporaneamente».
La storia è ispirata a quella della famiglia Florio. Si è confrontato con i suoi eredi?
«No, non ho avuto questa fortuna e possibilità, anche perché sono entrato nel progetto quando era già avanzato. Mi sono preparato attraverso i miei riferimenti letterari e l’amore che nutro per quel periodo storico. Ho letto articoli, studi e trattati».
Da che cosa è partito per costruire il personaggio?
«Nella serialità si tende a depotenziare l’antipatia dei protagonisti per renderli più accattivanti. Invece Vincenzo è un ruvido, scorbutico e questo mi ha fatto innamorare di lui. Per crearlo ho pensato ai nostri nonni, al patriarcato che ha rappresentato il nostro passato. Uomini che erano tutti d’un pezzo all’esterno, mentre in casa erano degli agnellini guidati dalle loro donne, in apparenza fragili ma in realtà molto forti. Nella serie vedremo vacillare Vincenzo ogni volta che perderà il rapporto con la sua Giulia (Miriam Leone): quando lei tornerà, lui ricomincerà a essere un leone».
Dopo “Il giovane Montalbano” lei, che è un tarantino doc, recita ancora una volta in siciliano.
«Abitando a Roma da oltre 20 anni anche il mio pugliese non è più quello di una volta. Mi ritrovo a non essere né carne né pesce (ride). Ammiro e ascolto attentamente la lingua, osservo l’atteggiamento dei siciliani perché la lingua non è solo espressione vocale. Ho imparato molto passeggiando per le strade di Palermo. Non ripeto il suono, ma cerco di muovermi come loro».
Vincenzo Florio è sempre elegantissimo. I completi che indossa nella serie sono originali?
«Tutto è stato fedelmente riprodotto. Non solo i costumi (di Alessandro Lai, ndr), ma anche arredi e ambientazioni. L’eleganza è un altro aspetto che rende antipatico Vincenzo. Come molti poveri che si sono arricchiti veste bene, ma sotto quei panni resta un mercante di spezie».
Non era scomodo recitare con tuba e giacca?
«È stato terribile! Mi piace quel periodo storico ma vestirsi così in pieno agosto, sotto la canicola, non è stato una passeggiata. Però è stato divertente anche perché sia io sia i miei colleghi Vinicio Marchioni, Miriam Leone, Eduardo Scarpetta, Donatella Finocchiaro e Paolo Briguglia abbiamo molto amato questa esperienza. Siamo davvero orgogliosi del risultato».
Quando avete girato?
«Abbiamo iniziato i primi di luglio del 2022 e finito a gennaio del 2023».
Si è portato via qualcosa dal guardaroba del suo personaggio?
«Sì, una giacca che mi vestiva perfettamente. C’è stato uno studio pazzesco su costumi e acconciature. Ho passato molte più ore al trucco che in sartoria, soprattutto quando dovevano invecchiarmi».
Quanto durava ogni seduta?
«Il trucco era faticoso e lungo. Quando metti per tutto il giorno protesi e altre cose in faccia, con il caldo rischi di perdere pezzi: guance, denti e collo (ride). Mi sono divertito nei panni di Vincenzo da vecchio perché avevo la possibilità di esagerare e aumentare la sua antipatia. Trattava male tutti!».
Nella serie si vedono dei posti fantastici: ville, chiese, piazze. Erano veri o ricostruiti in studio?
«Alcuni esterni sono stati ricostruiti, altri sono originali come piazza Pretoria. Invece gli interni sono tutti originali, come le chiese, i palazzi e il teatro Politeama di Palermo».
In quali altri luoghi della Sicilia avete girato, oltre che a Palermo?
«A Licata (AG), a Cefalù (PA) e a Favignana (TP) dove si trova la famosa tonnara dei Florio e il loro castello».
Com’è dare vita a un personaggio che cresce fino alla vecchiaia?
«Vederlo arrivare fino agli ultimi anni devo dire che è stato particolarmente emozionante e coinvolgente».
Con gli altri colleghi la sera trovavate la forza di andare a divertirvi?
«A Palermo è sempre Capodanno, non si dorme mai. Noi dovevamo essere lucidi sul set, ma questo non ci ha impedito di godercela e stare insieme. Siamo fatti tutti della stessa pasta, ci siamo divertiti».