“La regina degli scacchi” è la serie oggi più vista su Netflix. Vi spieghiamo il perché

La splendida miniserie narra l’ascesa di Beth Harmon da misera ospite di un orfanotrofio a dominatrice delle 64 caselle della scacchiera

Anya Taylor-Joy interpreta la geniale Beth Harmon, protagonista della miniserie di Netflix in sette puntate
26 Novembre 2020 alle 08:53

È tutta la vita che aspettavo questo momento. Finalmente gli scacchi sono pop! Noi adoratori di Caissa (la dea protettrice di Cavalli e Alfieri) proviamo un piacere sublime ogni volta che il nostro gioco esce dall’ombra e diventa all’improvviso di moda. È quello che sta succedendo grazie a “La regina degli scacchi”, la splendida miniserie di Netflix che narra l’ascesa di Beth Harmon da misera ospite di un orfanotrofio a dominatrice delle 64 caselle della scacchiera.

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Gli ingredienti giusti
La serie è balzata al primo posto nelle classifiche dello streaming perché ha tutti gli ingredienti giusti: una protagonista dagli occhioni ipnotizzanti (la rivelazione Anya Taylor-Joy), il fascino rétro di una ricostruzione d’epoca raffinatissima, una storia di riscatto femminile in un mondo, negli anni a cavallo tra i ’50 e i ’60, vietato alle donne. Il dramma è assicurato, oltre che dalle partite, dalla lotta di Beth contro l’alcol e i farmaci, da cui ha sviluppato dipendenza all’orfanotrofio dove la imbottivano di tranquillanti. Ma non solo. C’è la storia di solidarietà femminile con la mamma adottiva Alma (Marielle Heller) e quella dell’amore deluso per il bel Townes (Jacob Fortune-Lloyd). Senza dimenticare il giro del mondo di torneo in torneo, partendo dalla misera provincia americana del Kentucky per arrivare agli sfarzi di Las Vegas e Parigi, fino al gran finale a Mosca.

Lo zampino di Kasparov
In più c’è una competenza assoluta sull’argomento: come consulente gli autori hanno assoldato il leggendario campione Garri Kasparov. E così, negli occhi di una bambina ammaliata dai misteriosi movimenti dei pezzi spinti dal bidello dell’orfanotrofio (che diventerà il suo primo maestro), gli amanti del gioco ritrovano il momento in cui è nata la loro passione. Non solo: un altro aspetto originale della serie è che si ribella al luogo comune “scacchi uguale pazzia” ripreso in tanti libri e film. Per Beth gli scacchi sono innanzitutto uno strumento di riscatto: un modo per trovare il suo posto del mondo e, forse, anche la felicità. A un certo punto infatti dice: «Non c’è solo competizione... gli scacchi possono essere meravigliosi!». E allora, che ne dite di scoprirli un po’ di più giocando con lei e con noi?

La mossa del cavallo
Con la scusa di spiegare cosa sta succedendo sulla scacchiera ai personaggi che non conoscono il gioco (per esempio, la mamma adottiva di Beth) la serie permette a tutti di seguire le partite, mostrando anche come si muovono i pezzi: dal prudentissimo Re che fa solo un passo alla volta, alla potentissima Regina, che spazia su tutta la scacchiera; dalla Torre che si sposta in verticale e orizzontale all’Alfiere che va solo in diagonale; fino ai bizzarri movimenti del pedone (che muove in avanti, ma “mangia” in diagonale) e al celebre “salto del Cavallo” (un passo diritto più uno in diagonale). Per non parlare della “promozione”, con cui ogni pedone può cambiare sesso e... trasformarsi in Regina.

Origini leggendarie
Gli scacchi sono nati in India attorno al VI secolo. Da qui, attraverso varie trasformazioni, raggiunsero la Persia, l’Arabia e poi l’Europa con l’espansione dei Mori in Spagna nel 711. Questo spiega, per esempio, perché si dice “Scacco matto” (in persiano “Shah Mat” significava “il Re è morto”). Allo stesso modo si spiega il fatto che l’Alfiere è un cavaliere... solo per sbaglio! Si tratta di una errata traduzione medievale del termine arabo “al-Fil”, ovvero “l’Elefante” (del resto in inglese il pezzo si chiama “Bishop”, “il Vescovo”, e in francese “Fou”, “il Folle”. Sarà perché non sa camminare diritto, ma solo in diagonale?).

Molte sono le leggende sull’origine del gioco. Si narra di un re indiano che chiese a un monaco, inventore degli scacchi, che premio volesse. Lui rispose: «Mi basta che tu metta un chicco di riso sul primo quadrato della scacchiera, due sul secondo, quattro sul terzo, e così via raddoppiando i chicchi per ogni casella». Il re rise per la modestia della richiesta, ma poi pianse quando scoprì che per accontentare il religioso non sarebbero bastati secoli di raccolti: i chicchi necessari erano ben 18.446.744.073.709.551.615!

Sfide indimenticabili
Nella serie Beth sfida il russo Borgov (Marcin Dorocinski): ogni vero scacchista ha un avversario supremo (nel caso di Achille Petrosi, che ho inventato per il libro “Pessima mossa, Maestro Petrosi” è suo figlio Nicola). E così la storia degli scacchi è piena di duelli indimenticabili. Dal “match del secolo” tra l’americano Bobby Fischer e il sovietico Boris Spassky nel 1972, alle interminabili sfide Karpov-Kasparov degli Anni 80, fino allo scontro del 2018 tra l’italoamericano Fabiano Caruana e il campione del mondo, il norvegese Magnus Carlsen: vinse il secondo agli spareggi dopo 12 pareggi. Senza dimenticare la campionessa che più assomiglia a Beth, la 44enne ungherese Judit Polgár, che ha battuto anche Kasparov.

Antidoto al lockdown
L’emozione di affrontare un avversario in carne e ossa è grande, ma ci sono tante alternative. Molti tornei dal vivo sono stati sospesi per l’emergenza sanitaria ma nei giorni del lockdown gli scacchi hanno vissuto uno straordinario sviluppo su Internet, dove in pochi mesi i giocatori sono raddoppiati. Il popolare sito Chess.com, per esempio, è passato da 20 a 48 milioni di iscritti. E ce ne sono tanti, spesso gratuiti (come lichess.org), dove in pochi secondi si può lanciare la sfida a chiunque, dal dilettante ai Grandi Maestri (il titolo più alto a cui possa ambire un campione). Perché non provarci?

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