Guardando un episodio in tv le canzoni vi colpiscono più della trama? Due esperti ci spiegano i motivi

Ci sarà capitato mille volte: finisce la puntata di una serie tv e ci resta in testa una canzone. A volte è la sigla, a volte un brano inserito in una scena. E non importa se abbiamo appena visto una puntata di “Mina Settembre”, un episodio di “Grey’s Anatomy”, la serie del momento su Netflix o magari abbiamo rivisto “Friends” o “C.S.I.”: una canzone ce la portiamo a casa sempre.
Dai telefilm storici degli Anni 70 alle serie raffinate di oggi, la fiction è cambiata tantissimo nei contenuti, nello stile, nei formati, ma le canzoni restano un elemento fondamentale. È un matrimonio speciale, quello tra le canzoni e le serie tv: dura da decenni, ha attraversato fasi alterne e oggi, come accade alle coppie affiatate e collaudate, è più in forma che mai. Ognuno di noi può citare almeno un esempio che gli sta a cuore: che sia “Bella ciao” in “La casa di carta”, o “Senza un perché” di Nada in “The young Pope” e i Clash in “Stranger things”.
Comunque le chiamiamo, telefilm, sceneggiati, fiction o serie, le storie televisive a puntate hanno il potere di farci (ri)scoprire la grande musica e di rispolverare i ricordi. Tutto è cominciato con le sigle. Alzi la mano chi non ha mai canticchiato almeno una volta “Sunday, monday, happy days…”, o la canzone di “Friends”. In Italia, impossibile dimenticare “Sandokan”, “Furia cavallo del West” o “Profumo di mare” interpretata da Little Tony e utilizzata come sigla italiana di “Love boat”. Spesso si trattava di canzoni scritte appositamente per il telefilm, altre volte si traducevano le sigle americane.
Poi, dopo la fine degli Anni 90 le cose hanno cominciato a cambiare. Le serie tv (da allora si chiamano così) sono diventate programmi pregiati. Nelle sigle e nelle puntate hanno iniziato a comparire canzoni famose. “C.S.I.”, per esempio, nelle sue tre versioni (Las Vegas, Miami, New York) cominciava con l’inconfondibile suono rock degli Who. Nello stesso periodo Hbo, il canale americano via cavo che anni dopo avrebbe lanciato “Il trono di spade”, ha trasformato le sigle delle sue serie-capolavoro (“I Soprano”, “Boardwalk empire”, “True detective” e molte altre) in piccoli videoclip lunghi quasi due minuti.
L’esplosione della serialità “di qualità” sulle tv a pagamento e sulle piattaforme ci ha abituati a sigle indimenticabili, come la splendida “Tuyo” di Rodrigo Amarante che apre Narcos, o “You’ve got time” di Regina Spektor sui titoli di “Orange is the new black”. E i prodotti di valore non sono solo americani: la televisione italiana, negli ultimi anni, ha prodotto molte serie di successo dove le canzoni sono protagoniste, dalla struggente “Io non ho finito” di Niccolò Agliardi in “Braccialetti rossi” alla più recente sigla di “Mina Settembre”, che ha valorizzato una bella canzone americana cantata in Italiano, “Una notte a Napoli” dei Pink Martini, perfetta per raccontare la città dove si svolge la serie.
Se le sigle sono il biglietto da visita di una serie e una canzone le rende memorabili, nelle scene le parole in musica hanno il potere di dar voce alle emozioni e ai pensieri dei protagonisti. Quanti di noi hanno scoperto “Hallelujah” grazie a “The O.C.”? Nella serie che raccontava le storia d’amore tra Marissa e Ryan, la canzone di Leonard Cohen rivisitata da Jeff Buckley era un tema ricorrente. E le sequenze più emozionanti di “Grey’s Anatomy”? Tutte legate a canzoni, come la morte di Danny e il dolore di Izzy nella seconda stagione, sottolineate dalla struggente “Chasing cars” degli Snow Patrol.
Le canzoni delle serie tv
A partire dall’ultimo decennio, con l’arrivo delle piattaforme streaming l’offerta di serie è enormemente aumentata e la canzone è diventata un ingrediente fondamentale del successo. Il ruolo del “music supervisor” (un esperto che identifica i brani giusti e contratta le licenze per poterli utilizzare) è importante quasi quanto quello del produttore e del regista. Non solo in America, ma anche in Italia: da Sky (“Gomorra”, “1992” e “Romanzo criminale” sono ottimi esempi) a Rai e Mediaset (da “Tutti pazzi per amore” a “Made in Italy” e a “Rocco Schiavone”), le serie di successo vengono ricordate anche per le canzoni, che rendono più forti e memorabili le sigle, le scene e i personaggi. Oggi produrre una serie senza arricchirla con belle canzoni è impensabile: siamo ormai spettatori seriali esperti, e ci accorgiamo se una serie ha una brutta colonna sonora o utilizza canzoni banali. Insomma: quando iniziamo a vedere una serie non ci auguriamo solo “buona visione”, ma anche “buon ascolto”.
* Daniela Cardini insegna Linguaggi della tv e Format e serie tv all’Università Iulm di Milano, Gianni Sibilla dirige il Master in Comunicazione musicale dell’Università Cattolica di Milano.